Come fu che un mancato professionista dell’IT divenne cronista e imparò molte più cose alla scuola di una grande rivista di informatica. Per una di quelle strane coincidenze che somigliano tanto a un preciso disegno del destino, anche il sottoscritto si appresta a festeggiare i 40 anni di familiarità con i temi dell’Information Technology. Inizialmente, la mia frequentazione avrebbe dovuto essere un rapporto assai più professionale. Altrimenti che avrebbe dovuto farci, il sottoscritto, nei caotici ambienti di via Colombo o nelle aule del settore didattico di Città Studi, alle prese con i terminali “teletype”, le grandi macchine per scrivere elettriche che accettavano i tuoi comandi e in cambio stampavano, un lento carattere dopo l’altro, le risposte di un “minicomputer” alloggiato in una decina di grossi armadi? O peggio ancora, in fila insieme agli altri con i pacchi di schede perforate legate con l’elastico, ogni scheda una istruzione Fortran da sopporre, previo apposito lettore, a un oracolo chiamato UNIVAC V fino a lanciare programmi che avevano dentro più bachi di un gelso? E tutto questo, guarda caso, proprio mentre a breve distanza una rivista intitolata Data Manager muoveva i suoi primi passi nelle “sale macchine” delle imprese o tra le prime scrivanie votate ai rivoluzionari principi della “microinformatica”.
Alla fine, quello stesso destino ha voluto che i nostri percorsi si incrociassero. Arruolato nel piccolo esercito di giornalisti “specializzati” ho avuto il raro privilegio di poter contribuire, in minima parte, ad avvicinare masse di hobbysti, piccoli professionisti, microaziende e organizzazioni medio-grandi alle meraviglie del client/server. Ben prima dell’avvento del web, le nostre armi di divulgazione erano le riviste periodiche, blasonate e gloriose. Tutte con un “PC” nel nome. E tutte, o quasi, oggi scomparse. Solo su una di queste testate campeggiava un coraggioso e un po’ esoterico “Data”, frutto più di lungimiranza che di necessità (dopo tutto, il personal computer di IBM sarebbe arrivato quando Data Manager aveva già compiuto la bell’età di cinque anni). Un piccolo editore di nicchia, innamorato dell’economia e del business, aveva miracolosamente intuito che la vera questione verteva sull’informazione, più ancora che sugli strumenti usati per elaborarla. E che la componente di gestione di queste informazioni, fosse un fattore discriminante di innovazione. Quando i responsabili di redazione di Data Manager si dimostrarono tanto aperti e indulgenti da invitarmi a fare quattro chiacchiere per una eventuale collaborazione, la mia conoscenza della complessa relazione tra informatica e impresa era alquanto superficiale.
I miei lettori non so, ma negli anni successivi a quel primo incontro, ho imparato molte cose su questa relazione. E tante ne ho ancora da imparare. Insieme alla grande community di Data Manager, agli sviluppatori di tecnologia e soprattutto grazie alle aziende che danno vita e senso alle applicazioni dell’informatica, ho vissuto, nel passaggio dal client/server a Internet, una fase di trasformazione che oggi, nell’era della cosiddetta Terza Piattaforma, ha assunto ritmi frenetici e direzioni imprevedibili. Il sintomo più conclamato è la pervasività: nata negli ambienti isolati, quasi sacrali della sala macchine, l’informatica oggi è la linfa vitale di un digital business che parte dal basso, subisce l’influenza di un’intera società ormai abituata a pensare in digitale. Me ne sono reso veramente conto due anni fa, quando per una delle storie di copertina che ancora oggi rappresentano il marchio di fabbrica di Data Manager, mi sono ritrovato, insieme al fotografo, non tra le file di server di un data center ma tra i filari di vite di Brunello a Montalcino, per raccontare come un mestiere millenario oggi ha bisogno di informatica per puntare al successo in un mercato così globalizzato. In quest’epoca di stravolgimenti, è bene non nutrire troppe certezze. Ma su una cosa sappiate di poter contare. Finché ci sarà bisogno di queste storie e cioè per i prossimi 40 anni (almeno), Data Manager le racconterà, con la stessa passione del primo giorno, sulle pagine della rivista e del sito, sui canali social e alle tavole rotonde dei suoi seguitissimi incontri.