Massimo Rosso (RAI), dal telecomando allo smartphone

Dal piccolo schermo della televisione a quello ancora più piccolo del pc e dello smartphone: un viaggio di andata e ritorno verso la convergenza dei linguaggi e dei mezzi, in un mix di broadband e broadcast, con gli OTT come competitor sui target più giovani. Quale sarà la televisione del futuro? Device mobili e banda larga abilitano il modello di televisione ibrida alla ricerca di sinergie tra gli operatori del settore e le telco. Del resto, «i “nuovi” media o media digitali non annullano i “vecchi” media ma li trasformano» – come osserva Massimo Rosso, direttore ICT di RAI Radiotelevisione Italiana. L’IT è un abilitatore del cambiamento ma è trascinato da fenomeni macro. Sono ancora più di un terzo gli italiani che non hanno mai usato Internet (dati Eurostat) e questo non può non avere un effetto anche sulla digitalizzazione del mezzo televisivo.

Accesso e convergenza

Ma la convergenza richiede un equilibrio di forze all’interno del sistema come sa bene Massimo Rosso, fisico teorico prestato all’ICT. «Fenomeni come la business intelligence – spiega Rosso – non sono nuovi e i broadcaster come la RAI hanno cominciato a capirlo con l’avvento delle televisioni commerciali, la cui nascita negli anni 80 va vista e analizzata principalmente sotto la lente dell’innovazione tecnologica: «La diffusione del videoregistratore e del telecomando hanno contribuito alla mutazione del telespettatore da soggetto passivo a soggetto attivo dei propri palinsesti. Oggi, questa evoluzione prosegue con applicazioni che trasformano smartphone e tablet in telecomandi cross-mediali. Una trasformazione tecnologica che innesta quella antropologica del telespettatore e che porta all’affermazione del paradigma della personal tv, completata dall’avvento dei social network».

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Rovesciamento di prospettiva

Dall’inizio delle trasmissioni televisive regolari, avvenuto il 3 gennaio 1954, la RAI è anche un’azienda “tecnologica”. E oggi, lo è ancora di più. La tecnologia e in particolare il paradigma IT è una delle cinque aree in cui è strutturata l’azienda. «L’evoluzione in digital broadcaster prevista dal piano industriale 2013-2015 è sostanzialmente compiuta e non solo perché trasmettiamo i programmi in digitale ma perché produciamo e pensiamo in digitale» – spiega Rosso. «La digitalizzazione ha messo in discussione il tradizionale modello editoriale. «Con il nuovo piano 2016-2018, il tema è quello della trasformazione in media company in un’ottica multipiattaforma e omnicanale. I pilastri di questa trasformazione sono l’architettura full IP e gli analytics che hanno cambiato il modo di produrre e distribuire i contenuti. La trasformazione digitale in RAI è stata una rivoluzione copernicana che ha avuto un impatto su tre livelli diversi: produzione, distribuzione e processi interni».

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Nuovo “sistema nervoso”

«Connessione full IP di tutti i contenuti – continua Rosso – vuol dire ripensare il modello produttivo. Il contenuto rimane “king” e il tema impattante è l’alta definizione e la qualità. La distribuzione coinvolge la funzione delle reti che saranno sempre più convergenti. La digitalizzazione dei processi interni prevede l’integrazione di gestionali evoluti in grado di supportare la creazione di palinsesti multipiattaforma. Questo nuovo “sistema nervoso” interno va a sostituire i singoli sistemi che nel corso degli anni si sono sedimentati e ci permette di automatizzare le attività e di disegnare processi end-to-end. Anche la realizzazione del data center e del private cloud fanno parte di questa rivoluzione. Stiamo progettando un’infrastruttura di business continuity su Roma dove è concentrato il core business dell’azienda con un disaster recovery remotizzato a Torino dove ha sede anche la Direzione ICT della RAI. Ma il problema non è dove sposto i miei server, ma è cogliere i benefici del cloud anche per la gestione dei media asset e l’evoluzione dei modelli di sourcing. Stiamo lavorando anche a un progetto all’avanguardia di social CRM per integrare in un’unica visione il patrimonio informativo prodotto dall’analisi dei dati interni con quello proveniente dall’esterno, e trasformare completamente la logica delle strategie decisionali. Anche il tema dell’accesso agli open data sta diventando attuale come già sperimentato in altri Paesi, ad esempio quelli di cultura anglosassone».