Bill Gates – L’altra innovazione

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Immigrazione e povertà. Se vogliamo cambiare la vita delle persone, dobbiamo lavorare per ridurre le diseguaglianze. Nessuno squilibrio può resistere per sempre

«Non si possono alzare muri contro l’immigrazione, l’innovazione e la globalizzazione». Parola di Bill Gates, intervenuto al convegno sul Global Fund, organizzato a Roma all’Istituto Superiore di Sanità. «Come paese in prima linea sul fronte dell’immigrazione, l’Italia comprende che stiamo vivendo in un mondo interconnesso e che ognuno ha la responsabilità di aiutare le persone più svantaggiate ad accedere a un sistema sanitario migliore, a superare la povertà e a vivere in condizioni di sicurezza. Ci sono molti segni incoraggianti del rinnovato impegno dell’Italia nelle relazioni internazionali, non ultimo quello nello sviluppo dei piani di accoglienza e nella salute globale». La tutela della salute globale e l’equità dell’accesso alle cure sono un imperativo etico imprescindibile per il futuro del Pianeta, ha detto il fondatore di Microsoft e presidente della Fondazione Bill e Melinda Gates, principale benefattore del Fondo, che ha ringraziato gli italiani per la generosità nell’aiutare a ridurre l’ineguaglianza a livello globale. La tecnologia è empowerment. Serve a ridurre le differenze che creano squilibrio. Serve a creare un futuro per chi vuole restare e una nave per chi vuole andare via. La tecnologia permette a un malato di SLA di comunicare e a un bambino che ha perso le gambe di tornare a correre. La tecnologia serve a imparare, a non sentirsi soli, a compiere imprese che sembravano impossibili, dalla ricerca alla medicina. E forse, in un futuro non troppo lontano, servirà anche a dare una speranza a chi scappa dalla guerra o dalle malattie e trova la morte su una carretta del mare.

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La questione dell’immigrazione

L’Europa meticcia spaventa e la paura divide. Ma siamo tutti “stranieri” o “diversi” agli occhi degli altri. L’accoglienza è l’unica arma per disarmare gli integralismi e riconoscerci uguali. I genitori di Pierre Omidyar sono iraniani, quelli di Leonard Bosack erano polacchi. Sergey Brin ha origini russe. Lo stesso Bill Gates è un po’ inglese, scozzese, irlandese e tedesco. Mark Zuckerberg è di origine bulgara. Larry Ellison, un po’ ebreo un po’ italiano. E Steve Jobs era figlio di madre svizzera e padre siriano. L’innovazione nasce dall’incontro e anche dallo scontro con l’altro. Per Bill Gates, l’immigrazione è un tema controverso che richiede un’attenta riflessione sul passato. «Grazie all’immigrazione gli Stati Uniti sono diventati un grande paese. Respingere chi chiede di essere accolto, forse significa rinunciare anche a un pezzo del nostro futuro».

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L’uomo che voleva un computer su ogni scrivania e in ogni casa ha compreso che nel futuro le nostre case saranno i computer e che l’integrazione tra l’intelligenza artificiale e intelligenza biologica segnerà i prossimi traguardi dell’industria informatica. Bill Gates dopo aver accumulato uno dei patrimoni più ingenti del mondo, dopo anni in cima alle classifiche, forse condivide con Sandy Weil, l’ex magnate di Citigroup, l’amara verità sulla gloria terrena: «Il lenzuolo che ti avvolge da morto non ha tasche». Bill Gates è un simbolo della nostra età contemporanea, che ha compreso che la ricchezza, come la tecnologia, non può essere fine a se stessa.

In Europa, l’immigrazione rappresenta uno dei temi più caldi. Il racconto “mainstream” amplifica l’immagine di una vera e propria invasione, i numeri però raccontano un’altra storia. In Italia, la ricerca “Migranti, la guerra del Mediterraneo” restituisce ai numeri la verità di una tragedia umana, spesso nascosta dalla contabilità discontinua della cronaca. Ogni anno, migliaia di persone attraversano il Mediterraneo, dirette verso le coste meridionali dell’Europa. Sappiamo molto, anche se non tutto, di coloro che, tra mille difficoltà, sbarcano con il loro carico di speranza, alla ricerca di una vita migliore. Tuttavia, non sappiamo nulla di tutti coloro che partono da qualche parte e in qualche momento, ma non arrivano da nessuna parte. Nulla delle migliaia di storie spezzate, di corpi inghiottiti per sempre dal mare, e che sfuggono a ogni statistica.

Lotta alla povertà

Fin dall’inizio, l’Italia è stata una grande sostenitrice del Global Fund, fondato nell’ambito del G8 di Genova del 2001. Il contributo italiano al Global Fund per il prossimo triennio 2017-2019 è di 130 milioni di euro, 30 milioni in più rispetto al triennio 2014-2016. Ogni anno, Aids, tubercolosi e malaria uccidono tre milioni di persone. L’incremento annunciato da parte del Governo italiano contro queste tre malattie è un altro grande segno del fatto che l’Italia sta intensificando il suo impegno per i più poveri e i più vulnerabili. «Fra dieci anni, forse anche prima, potremo contare su un vaccino per l’Aids» – ha dichiarato Bill Gates nel suo intervento. «Questa battaglia è molto importante, perché nel frattempo siamo chiamati ad aiutare milioni di persone ad avere una vita e condizioni di salute migliori». Intanto però anche in Italia nel 2015, secondo i dati Istat, la povertà assoluta è in aumento e cresce il numero anche di quelli che rinunciano a farsi curare.

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Si tratta di una tendenza che coinvolge tutto il Vecchio Continente e che riguarda in modo particolare i bambini. In Italia, il 25% dei minori è a rischio povertà, soprattutto nelle regioni del Sud, dove vivono in condizioni di deprivazione materiale e spesso anche culturale, sociale e relazionale. E la povertà educativa è generalmente correlata a quella economica. Il benessere economico dipende da tutti, nessuno escluso. I potenti algoritmi di ricerca confermano una verità, antica come il mondo: sapere è potere. E non si può continuare a far finta di niente. La conoscenza è il nuovo campo di battaglia. L’ICT libera le forze, espande lo spazio, comprime il tempo, ma logora le gerarchie, accorcia la catena della produzione e rende obsoleta l’intermediazione. La trasformazione è in atto e può diventare distruzione o cambiamento. L’innovazione ci porta a capire cose importanti di noi stessi e del mondo. L’economia digitale per funzionare ed essere sostenibile ci chiede in cambio rispetto delle regole, equità e trasparenza. Sapere e non agire significa accettare la responsabilità delle conseguenze. Perché nessuno squilibrio può resistere per sempre.

I programmi del Fondo

Il Fondo globale ha un ruolo di catalizzatore della crescita degli investimenti necessari per raccogliere sfide difficili ma realizzabili nella lotta contro l’Aids, la tubercolosi e la malaria nei paesi più poveri del mondo. Sfruttando i passi avanti compiuti dalla ricerca scientifica e applicando soluzioni innovative, il Fondo fino ad oggi ha erogato, secondo i cicli annuali, finanziamenti per un totale di 29,4 miliardi di dollari. Secondo i dati pubblicati dall’OCSE, il Fondo si è confermato il principale finanziatore multilaterale nel settore della salute. I programmi sostenuti dal Fondo hanno salvato 17 milioni di vite dal 2002, anno in cui sono stati erogati i primi fondi. In Etiopia, sono stati fatti grandi passi avanti nella lotta contro le tre malattie. I decessi per AIDS sono diminuiti del 70% fra il 2005 e il 2014. Mentre le morti dovute alla TBC e alla malaria sono scese rispettivamente del 49% e 80%. In collaborazione con il Fondo globale, l’Etiopia ha formato oltre 38mila operatori sanitari, che forniscono assistenza e cure nelle comunità rurali.

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Questi progetti hanno permesso a migliaia di donne di entrare nel mondo del lavoro e hanno contribuito a trasformare i ruoli di genere nelle comunità. In Afghanistan, il partenariato del Fondo globale sta sostenendo gli sforzi compiuti dal governo per assumere e formare infermiere di comunità. Le infermiere di comunità assicurano servizi essenziali per la lotta contro HIV, TBC e malaria, attraverso la prevenzione e l’educazione sanitaria, l’individuazione di casi sospetti, la segnalazione di soggetti da sottoporre a diagnosi e il sostegno alle cure, e svolgendo anche un ruolo chiave nella lotta contro la malnutrizione e la mortalità infantile sotto i cinque anni. Nel triennio che inizierà dal 2017, la comunità mondiale avrà l’opportunità di accelerare il cambiamento e migliorare ulteriormente i notevoli risultati già raggiunti. L’Obiettivo di Sviluppo del Millennio numero sei relativo alla lotta contro l’Aids, la tubercolosi e la malaria è già stato conseguito e addirittura superato in molti paesi dove il Fondo globale investe. I decessi dovuti alle malattie sono in calo, come anche i nuovi contagi, a dimostrazione del fatto che il modello del partenariato rappresenta il modo più efficace per garantire la salute globale. Dall’innovazione scaturisce la capacità di valorizzare i progressi più recenti, molti dei quali compiuti durante l’attuale ciclo di finanziamento 2014-2016. I paesi hanno adesso la possibilità di realizzare uno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: porre fine alle epidemie entro il 2030.