L’Italia ha bisogno di un vero e proprio Industrial Compact, basato su innovazione e digitalizzazione per sostenere la reindustrializzazione del Paese e rafforzare le imprese in tutti i settori chiave
Nel mondo vivono circa sette miliardi di persone. Di queste, tra i cinque e i sei miliardi, hanno accesso a servizi fondamentali come la rete idrica ed elettrica, un miliardo ha una linea telefonica fissa, meno di due miliardi un pc, ma ben cinque miliardi possiedono un telefono cellulare. I servizi di telefonia mobile hanno insomma dei modelli di consumo del tutto simili a quello dei cosiddetti “beni necessari”.
Come ci spiega Bernardo Centrone, amministratore delegato e head of Southern & Central Europe di Orange Business Services, il ramo di Orange dedicato ai servizi B2B, «le compagnie di telecomunicazione hanno quindi un rilevante impatto sullo sviluppo economico del Paese, generano investimenti e occupazione e sono motore di innovazione, dato che larga parte dello sviluppo tecnologico degli ultimi anni proviene proprio da questo mondo». Per Orange che fattura più di 40 miliardi all’anno e investe tantissimo in ricerca e sviluppo, l’innovazione è «una raison d’être».
Un paese per crescere ha bisogno di infrastrutture
«Spesso si punta il dito contro la mancanza di investimenti pubblici, ma non si parla ancora abbastanza della mancanza di investimenti privati. Il fatto vero è che non mancano i capitali, ma una visione chiara del futuro» – denuncia Bernardo Centrone. Il sistema produttivo industriale però dovrà confrontarsi nei prossimi anni con due sfide che ne decideranno il futuro per i prossimi decenni. Orange Business Services ha un punto di vista globale sulle sorti dell’industria italiana, che ha dimostrato in questi anni di dura crisi di resistere, non senza criticità, alla competizione sui mercati internazionali. L’Italia rimane il secondo paese manifatturiero d’Europa e fra i primi al mondo, per livello di integrazione di soluzioni anche in ambiti molto avanzati come la robotica. «In particolare – mette in evidenza Centrone – l’Italia mantiene una posizione di leadership in moltissimi segmenti di mercato e filiere di medio-alto contenuto tecnologico e resta uno dei soli cinque paesi al mondo con un surplus commerciale positivo, superiore ai 100 miliardi di dollari, dietro solo a Cina, Germania, Giappone e Corea».
La sfida dello sviluppo
L’Europa è ancora l’area economica più rilevante al mondo, ma ha il grande limite di non riuscire a sviluppare politiche comuni in grado di difendere e rafforzare la competitività e la capacità di investimento. Per Centrone, la sfida si combatte su due fronti. Da un lato la competizione con i poli geopolitici americano e asiatico e dall’altro la capacità di essere protagonisti di primo piano della quarta rivoluzione industriale, con la completa automazione e interconnessione del ciclo produttivo di prodotto, la cosiddetta “Industry 4.0”. «L’Italia come l’Europa – continua Centrone – ha bisogno di un vero e proprio Industrial Compact, basato su innovazione e digitalizzazione, in grado di sostenere una rapida ed efficiente reindustrializzazione del Paese, rafforzando le imprese in tutti i settori chiave, soprattutto in quelli ad alta intensità tecnologica». La posta in gioco è altissima. «Il rischio è di perdere la leadership nei settori più tradizionali ancora presidiati e di vedere l’Europa relegata a un ruolo secondario, più concentrata a discutere dei diversi interessi nazionali piuttosto che far fronte alla competizione globale e a ridurre il ritardo nello sviluppo di nuove imprese globali nell’high-tech».
Un nuovo modo di fare innovazione
«Orchestrate, operate and optimize» – sono le parole che definiscono alla base la filosofia aziendale di Orange. Il mercato italiano è un mercato molto interessante per potenziale, base di clienti e complessità. Orange Business Services è focalizzata su tre aree: customer experience, big data e analytics, machine-to-machine. Le soluzioni utilizzano tecnologie cloud e UC&C, la mobility e l’Internet of Things. Nella visione di Orange, l’innovazione è fondamentale per la crescita. Citando il libro “Jugaad Innovation” – per Centrone – l’innovazione deve essere appunto «jugaad», che in hindi indica un modo di pensare frugale e flessibile. «C’è tanta innovazione nel mondo, ma se ne spreca tantissima» – spiega Centrone. «Bisogna essere in grado di vedere le opportunità anche dove ci sono solo avversità, passando da una innovazione di tipo tradizionale a una iterativa e collaborativa».
Lo scenario delle telco
Secondo le previsioni degli analisti di IDC, nei prossimi anni, la rete sarà la chiave di volta, non solo per gli obiettivi fissati per il 2020 (il 100% degli italiani raggiunto dalla rete a 30 Mbps e l’85% da quella a 100 Mbps). Proprio a fine 2014, il Governo si è impegnato a mobilitare oltre sei miliardi di euro tra fondi europei, regionali e per lo sviluppo e coesione nell’arco del periodo 2014-2020 e ha presentato il piano di Crescita Digitale per banda larga, smart city, fascicolo sanitario elettronico e trasporto pubblico intelligente, contenente anche iniziative per la razionalizzazione dell’informatica delle pubbliche amministrazioni, connettività per scuole, ospedali e altri edifici pubblici. È quindi evidente come lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche non sia solo una questione “privata” fra grandi operatori, ma abbia una rilevanza nazionale ed europea. In questo scenario, «nonostante le grandi aggregazioni – avverte Centrone – le telco continueranno a fare le telco. E potranno trovare forti sinergie con chi offre contenuti. Stiamo assistendo all’ITizzazione delle telecomunicazioni, espressione brutta per dire che la parte software sta tornando a essere predominante. Sapere cosa c’è sopra e sotto la rete è il vantaggio delle telco tradizionali, che però devono sapere capitalizzare questa conoscenza, come hanno dimostrato di saper fare gli OTT, che sfruttano le autostrade digitali senza pagare pedaggio».
Connettività sempre più dinamica
La rete è il fattore determinante per qualsiasi paradigma tecnologico. «La rete – commenta Centrone – deve essere aperta a più modelli: occorre una connettività sempre più dinamica». L’Hybrid Network corre in aiuto dei CIO, ma per Centrone il futuro della rete è software defined. «In pratica, l’SDN è l’IT che prende il controllo delle telecomunicazioni, è il software che prende il controllo dell’hardware, è il cloud come architettura di base. È il modello finale a cui tendere proprio perché se le applicazioni già vanno in cloud, le telecomunicazioni non possono rimanere indietro». Ma è soprattutto legato alle applicazioni. «Se le applicazioni stanno in cloud anche la rete deve essere application-aware. Con l’ibrido non è possibile ottimizzare le risorse in modo completamente dinamico, con l’SDN invece si può utilizzare qualsiasi tipo di accesso, avendo una visione migliore della rete, costi di investimento e gestione inferiori perché si ha una maggiore concentrazione delle piattaforme grazie alla virtualizzazione, tutti i vantaggi del cloud in termini di efficienza, scalabilità e anche la sicurezza è più facile da gestire. L’SDN diventa il paradigma di scelta di tutto». Anche per Gianluca Salvaneschi, head of Strategic Business Development & IoT Southern & Central Europe di Orange Business Services – «infrastrutture IT e grandi reti TLC stanno registrando la stessa spinta verso la piena separazione tra lo strato fisico dell’hardware e lo strato logico delle funzionalità. Secondo le nostre previsioni, una metà del fatturato generato da Orange si sposterà verso la cosiddetta Software Defined Network».