L’evoluzione del mondo del lavoro nell’era della trasformazione digitale

trasformazione digitale

Condotto su un campione di oltre 1300 professionisti HR e business manager di 16 Paesi europei, Italia compresa, lo studio Cornerstone OnDemand e IDC ha analizzato gli sviluppi del lavoro flessibile, leadership, gestione delle performance e ruolo delle HR

La trasformazione digitale sta cambiando il modo in cui le organizzazioni operano e la forza lavoro produce valore in Europa. Questi cambiamenti pongono enormi sfide per la gestione delle risorse umane, poiché i dipendenti richiedono spazi di lavoro flessibili e tecnologie di collaborazione all’altezza delle soluzioni consumer, mentre i processi delle Risorse Umane diventano sempre più digitali e self-service. Di conseguenza, le Risorse Umane e le line of business devono concordare su quali siano le nuove funzioni da attribuire alla funzione del Personale.

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Lo studio Future People: Le postazioni di lavoro nell’era della trasformazione digitale, IDC 2016, promosso da Cornerstone OnDemand e condotto da IDC su un campione di 1352 professionisti HR e business manager in 16 paesi europei, ha analizzato le tendenze e gli sviluppi del lavoro flessibile, della leadership, della gestione delle performance e dello stato delle HR nelle organizzazioni. Si tratta di uno degli studi più ampi mai condotto in Europa su un campione specifico di responsabili delle Risorse Umane.

Di seguito, una sintesi degli elementi principali emersi dallo studio:

  • Il lavoro flessibile ha un impatto diretto sul coinvolgimento dei dipendenti. Alcuni aspetti specifici del lavoro flessibile sono collegati a tecnologie abilitanti e la libertà di lavorare da remoto ha un impatto importante sul senso di appartenenza dei lavoratori e sulla loro disponibilità a raccomandare l’impresa a terzi. Ciò significa che i sistemi e le tecnologie per il lavoro flessibile dovrebbero essere una priorità dei CEO e non dovrebbero essere trattati come un comune progetto IT.
  • L’Europa ha fatto molta strada nell’ambito degli orari di lavoro flessibili, ma persistono notevoli differenze a livello regionale. Ad esempio, in merito all’accettabilità del lavoro da casa/da remoto, è stata riscontrata una sostanziale differenza tra nord e sud, dove i paesi del nord Europa mostrano la maggiore accettazione, mentre quelli del centro-sud quella inferiore. Ciò dipende da differenze culturali e manageriali, oltre che da un diverso grado di maturità nell’adozione di determinate tecnologie. Per progredire nelle politiche del lavoro flessibile, le multinazionali europee devono pianificare paese per paese.
  • L’adozione di prassi collaborative ha un impatto importante sulle performance finanziarie. Lo studio ha rilevato che le organizzazioni che adottano un approccio collaborativo, una forte mobilità interna dei dipendenti e un sistema di apprendimento aperto e collaborativo registrano un maggiore tasso di crescita.
  • La tanto dibattuta performance review non è morta, anzi, è sempre più importante e rappresenta un valore fondamentale secondo la maggior parte dei rispondenti. Tuttavia, si sta trasformando da una prassi formalmente annuale/semestrale in un processo più frequente o perfino continuo per il 28% dei rispondenti.
  • Tra le nuove aree di sviluppo delle Risorse Umane si evidenziano le analytics dei dipendenti, la pianificazione dei bonus e la modellizzazione dei percorsi di formazione. Dallo studio emerge con chiarezza il desiderio che le Risorse Umane coprano nuove aree, come le statistiche relative alle performance dei dipendenti, l’educazione alla leadership e la semplificazione delle procedure burocratiche.
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La situazione in Italia

Guardando nel dettaglio i risultati dell’Italia, è importante evidenziare che la percentuale di rispondenti orgogliosi del loro posto di lavoro e disponibili a raccomandarlo è circa il 59%. Sono 12 punti percentuali sotto la media europea del 71% e il più basso risultato misurato su dieci paesi. Considerato che i manager e le Risorse Umane sono i portatori e i sostenitori fondamentali dei valori aziendali, il fatto che soltanto il 59% sia disposto a raccomandare la propria azienda è un dato in qualche modo allarmante.

Altri studi sull’employee engagement vedono l’Italia posizionata piuttosto in basso rispetto agli altri paesi europei. Una possibile spiegazione è la competizione relativamente limitata per la selezione del talento in un mercato del lavoro abbastanza rigido, tradizionale e altamente regolamentato. Un’altra ragione importante è che le organizzazioni italiane intercettate dallo studio attribuiscono una valutazione relativamente bassa al lavoro flessibile, che rappresenta un fattore importante per il benessere dei dipendenti.

Molti rispondenti in Italia hanno segnalato la possibilità di attività ricreative sul posto di lavoro (67%), sistemi IT accessibili attraverso nuovi dispositivi (69%) e postazioni di lavoro flessibili (58%). Però, su diversi parametri del lavoro flessibile, come la disponibilità di formazione sui servizi IT (73%), gli open-space (66%), la possibilità di mobilità interna (86%) e gli orari flessibili (76%) le organizzazioni italiane esprimono valutazioni in qualche modo inferiori rispetto agli altri paesi in Europa. I risultati mostrano che mentre le aziende italiane hanno lavorato bene nell’adozione delle nuove tecnologie, come ad esempio i dispositivi touch, ancora molta strada deve essere fatta per progredire oltre le barriere organizzative e culturali che si oppongono al lavoro flessibile. Questo riguarda in modo particolare la formazione IT, gli open-space e la mobilità interna.

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In merito alla valutazione dei dipendenti, i rispondenti delle organizzazioni italiane sono più o meno allineati alla media europea e sono relativamente soddisfatti rispetto ai processi in corso. Però, soltanto un parte limitata delle organizzazioni in Italia (23%) procede con regolarità o continuità alle performance review (28% in Europa). Questo evidenzia un approccio relativamente tradizionale alla valutazione dei dipendenti e la necessità di rinnovare il processo di valutazione in modo tale che diventi più significativo per manager e dipendenti.

Per quanto riguarda la collaborazione, lo studio rileva che i manager di linea in Italia sono generalmente più negativi rispetto ai colleghi europei. Le percentuali dei manager che concordano con l’affermazione che i dipendenti sono incentivati a condividere la conoscenza (51%), che i dipendenti sono incoraggiati ad assumersi nuove responsabilità (53%), che ai dipendenti sono affidate importanti decisioni in autonomia (43%), che i dipendenti sono coinvolti nei processi decisionali (51%) sono notevolmente inferiori rispetto agli altri paesi europei. Considerato che la ricerca ha rivelato una connessione importante tra la collaborazione e i risultati economici di un’azienda, le valutazioni negative dei manager in Italia appaiono problematiche.

Nello studio, i manager in Italia evidenziano molto più spesso della media europea la selezione (51%), la formazione (40%) e la gestione dei dipendenti (36%) come i compiti più attribuiti alle Risorse Umane, rispetto a nuove responsabilità. Questo riflette una nozione piuttosto tradizionale da parte dei manager in Italia. Tuttavia, la ricerca evidenzia alcuni segnali di cambiamento in corso. Le più importanti opportunità di crescita per le Risorse Umane in Italia sono indicate nell’analisi delle performance dei dipendenti (43%), nella disponibilità di migliori strumenti di self-service (34%), nella modellizzazione dei percorsi di crescita (34%).

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