Nell’interazione con i clienti dell’operatore di telecomunicazioni, il mondo fisico e quello digitale si fondono grazie ai big data e agli analytics, che permettono una conoscenza sempre più approfondita dei consumatori
Tra gli imperativi di oggi, accanto alla digital transformation, si parla sempre più di migliorare l’esperienza complessiva dei clienti, cioè la Customer Experience, che spesso viene abbreviata in CX (Customer eXperience). Per gli operatori delle telecomunicazioni, questo comporta interventi a vari livelli, come per esempio quelli per andare oltre alla pura connettività e diventare sempre più full service provider, oppure quelli volti ad ampliare l’esperienza dei clienti con un utilizzo sempre maggiore dell’IT. Ne abbiamo discusso con Barbara Cominelli, Direttore Commercial Operation & Digital di Vodafone Italia, che ha tenuto un intervento sul tema “Smart Customer Experience” a fine aprile durante l’evento Sas Forum a Milano.
Qual è oggi l’incidenza di big data e analytics nella Customer Experience?
La digitalizzazione aumenta a dismisura l’importanza della Customer Experience per diversi motivi. In primo luogo i clienti hanno aspettative “liquide” e si attendono da tutti i brand gli stessi standard di esperienza che vivono con i migliori player. In secondo luogo si diffondono modelli di consumo, basati sull’utilizzo, sull’as-a-service, sullo sharing: oggi il prodotto connesso digitalmente è solo un elemento di un più ampio continuum di esperienza, che diventa essa stessa il driver principale di differenziazione. Infine i clienti sono sempre più informati e influenti, chiedono trasparenza e ingaggio bilaterale e sono sempre più propensi a premiare i brand con cui instaurano un vero rapporto di fiducia.
Proprio per questi motivi, Vodafone ha lanciato, a ottobre 2015, un programma di Customer Experience Excellence denominato “We CARE” che intende consolidare e valorizzare il rapporto di fiducia con i clienti negli ambiti della connettività garantita, della trasparenza, del riconoscimento della fedeltà del cliente e della accessibilità ed efficacia del servizio: proprio partendo da queste promesse, abbiamo lanciato anche iniziative concrete, come “Soddisfatti o Rimborsati sulla Rete 4G”, attorno alle quali abbiamo ridisegnato le esperienze e i customer journey.
Big data e analytics rappresentano il pilastro su cui si basa questo programma proprio perché ci danno l’opportunità di fare un salto quantico nella conoscenza dei clienti, per offrire servizi ed esperienze sempre più personalizzate, rilevanti e contestuali. E il digitale in questo senso rappresenta una straordinaria opportunità: in media un nostro cliente interagisce con i touchpoint tradizionali come il call center o il negozio solamente un paio di volte all’anno; se si considera invece che oltre la metà dei clienti visita la nostra app ogni quattro giorni, risulta immediatamente chiaro il potenziale in termini di personalizzazione delle esperienze.
Quindi si va verso una personalizzazione sempre più spinta dell’esperienza?
Certamente: oggi il cliente ultraconnesso si aspetta infatti esperienze omnicanale, iperpersonalizzate, contestualizzate sul microbisogno e sul micromomento che sta vivendo e sempre più “fi-gitali”, ovvero aumentate, dove fisico e digitale si fondono per creare un’esperienza più ricca. Oggi non basta più ri-conoscere i clienti, bisogna capirli a fondo e ingaggiarli in una conversazione continuativa, intima e iper-personalizzata, in due sensi: esperienze diverse per diversi clienti, idealmente arrivando fino al “segment of one”, ma anche esperienze diverse per lo stesso cliente in momenti differenti, in real time. Nel concreto, stiamo utilizzando i big data proprio per implementare diversi use case: dal dynamic pricing, al real time marketing per l’up-selling e il cross-selling, all’identificazione dei trigger di insoddisfazione per prevenire il churn, all’ottimizzazione dell’esperienza via app e crosscanale fino all’ottimizzazione delle performance di rete.
Il tema dell’omnicanalità ricorre spesso oggi, quando si parla di Customer Experience. Ma come agisce in concreto Vodafone a questo riguardo?
Da ormai due anni il pilastro della nostra strategia omnicanale è il digitale e in particolare la nostra app My Vodafone. Il motivo è semplice: non solo i journey del cliente iniziano sempre più spesso dal digitale, ma ormai il digitale è il filo rosso che integra, collega e arricchisce l’intera esperienza omnicanale. E infatti oggi delle circa 70 milioni di interazioni mensili con i nostri clienti sui diversi canali (negozi, call center, social, sito e app) il 90% passa dal digitale, con i contatti via mobile app arrivati ormai a 40 milioni al mese. Stiamo assistendo a una straordinaria convergenza delle fasi del classico funnel: i journey si frammentano e si ricompongono in centinaia di micromomenti perché il cliente è online non solo prima di andare in negozio, ma anche dentro il negozio, e anche quando fa showrooming appena uscito.
E più in dettaglio?
Con la nostra app il cliente può avere tutta l’esperienza Vodafone in tasca, in un continuum di esperienza: controlla la spesa e i consumi, riceve offerte personalizzate in real time, ha gli strumenti per vivere al massimo l’esperienza di rete e ha accesso immediato e integrato anche agli altri canali “fisici”. In Italia siamo stati i primi a inserire una chat live all’interno dell’app: il cliente inizia il suo journey sulla app in selfcare e nel momento in cui ha bisogno di assistenza apre una chat istantanea con un nostro consulente, senza bisogno di cambiare touchpoint. Riteniamo che questa integrazione tra digitale e fisico, tra selfcare e assistenza umana, crei valore per i clienti e per il brand. Forzare il cliente solo sul digitale per ogni esigenza è un errore: una recente ricerca di Accenture sui consumatori americani mostra che oltre il 70% dei clienti preferisce un’interazione umana per consigli e suggerimenti e quasi la metà ritiene il negozio il canale migliore per un’esperienza personalizzata. E questa è una grande opportunità di creare valore e risulta vincente nell’up-selling e nel cross-selling, tanto da far dire a qualcuno che “il servizio è la nuova vendita”.
Quali sviluppi futuri intravedete in questo ambito?
Già oggi si inizia a parlare di era post-app, di nuove interfacce, di un utilizzo sempre più pervasivo di virtual assistant e di esperienze che abbracciano l’intero ecosistema. Nei prossimi cinque 5 anni ci aspettiamo che alcuni trend, oggi ancora di nicchia, diventino mass market. Parlo in primo luogo dell’affermarsi di smart agent e di assistenti personali virtuali basati sull’utilizzo di Intelligenze Artificiali: stando agli analisti, nel 2020 addirittura il 40% delle interazioni mobili sarà gestito via assistenti virtuali. Ma c’è di più: i clienti non interagiranno solo con smartphone e tablet ma anche con l’Internet delle cose, con interfacce diverse. Amazon Echo, Microsoft Kinect e Google Nest sono solo primi esempi di nuove modalità di interazione con i clienti. Infine, l’esperienza non si limiterà solo ai servizi e ai touchpoint del singolo brand, ma si allargherà all’ecosistema: si passa quindi dal concetto di omnicanalità a quello di omnipresenza. Parliamo dei Bot e dell’integrazione di vari servizi, come per esempio già succede con Spotify o con WeChat, che incorporano servizi di terzi al loro interno.