Internet può continuare a crescere solo con IPv6: governi, fornitori di servizi e di contenuti internet dovrebbero adottarlo al più presto.
Il Cloud Provider Seeweb utilizza connettività IPv6 dal 2005 fornendolo ai propri clienti con oltre 150000 siti con connettività IPv6 sulla propria rete. Tuttavia, secondo una ricerca realizzata da Antonio Prado, esperto di reti, l’adozione dell’IPv6 da parte delle PA continua ad essere di nicchia. Solo l’1,1% del totale dei nomi a dominio ha un indirizzo IPv6, di questi il 69,74% viene fornito dal cloud provider Seeweb.
La Commissione Europea è stata tra i primi enti a indicare la via da seguire rendendo l’Europa accessibile agli utenti IPv6. Più volte è stato ribadito il concetto secondo il quale se le Pubbliche Amministrazioni non passano al più presto al nuovo protocollo l’Europa si troverà ad affrontare una situazione insostenibile tra cui: Internet più lenta, ripercussioni sull’innovazione del settore dei servizi e delle applicazioni Internet e distorsioni del mercato. Oggi il passaggio a IPv6 risulta indispensabile e fin quando il nuovo protocollo continuerà a rimanere una soluzione di nicchia, i vantaggi derivanti dalla sua adozione non potranno essere evidenti.
Marco d’Itri, System & Network Manager Seeweb, afferma che «Seeweb ha oltre 10 anni di esperienza nell’uso di IPv6, da quando era ancora un protocollo sperimentale e “pionieristico”: adesso lo abbiamo attivato su oltre 150000 domini e tutti i nostri prodotti moderni possono usarlo. Abbiamo quindi l’esperienza necessaria per supportare i nostri clienti nella transizione.»
In Italia c’è stata una bassissima diffusione di IPv6: meno dell’1% contro il 30% e oltre di paesi come USA, Svizzera o Belgio. «Tutti i grandi operatori finora hanno preferito procrastinare l’adozione, arrangiandosi acquistando IP sul mercato oppure facendo NAT, quindi non c’è pressione ad adottare IPv6 per chi fornisce servizi a un pubblico solamente italiano. La situazione però sta cambiando velocemente, con alcuni dei grandi fornitori di accesso nazionali che lentamente stanno iniziando a fornire anche connettività IPv6 ai propri clienti, quindi è possibile che nel prossimo futuro l’Italia possa recuperare terreno», conclude Marco d’Itri.