Promosso dal MIX di Milano e da altri sette operatori, Open Hub Med esporta il modello di snodo neutrale di interscambio in Sicilia, per rilanciare al Sud i servizi di Internet
Per una buona metà dei trent’anni di Internet in Italia, operatori e service provider hanno potuto avvalersi dei servizi promossi da Milano Internet Exchange, in arte MIX, l’hub di interconnessione che continua a offrire alle telco un ambiente tecnologico neutro e indipendente dove far confluire il traffico in arrivo e in uscita sulle dorsali nazionali e internazionali. Secondo Valeria Rossi – informatica entrata in MIX praticamente il giorno dell’inaugurazione nel 2000 e oggi general manager dell’organizzazione, che è presieduta da Joy Marino, uno dei padri della connettività IP italiana – i nodi di interscambio «nascono proprio per migliorare la tipologia dei servizi internet sul territorio di appartenenza e aumentarne la performance, perché accorciando le distanze che i dati devono percorrere diminuiscono anche i ritardi». Un ruolo che ha una ricaduta immediata in termini di sviluppo delle reti, livelli di qualità del servizio e riduzione dei costi per gli utenti. Insomma, non una centrale telefonica ma l’equivalente IP di un grande hub aeroportuale: un facilitatore di traffico, servizi e contenuti di rete. In sedici anni, dalla banda originaria di 100 megabit/secondo il MIX è stato potenziato fino a offrire capacità di “peering” da 450 gigabit, che diventerà di un terabit/secondo in prospettiva.
Open Hub Med
Questi stessi obiettivi di crescita e sviluppo animano l’ambizioso progetto di Open Hub Med: iniziativa promossa dal MIX e da altri otto soci fondatori per replicare l’esperienza globale degli Internet Exchange anche in Sicilia, un’isola – spiega ancora Valeria Rossi, questa volta nella carica di presidente di OHM – dove si attestano numerosi cavi sottomarini internazionali che tra Mazara del Vallo, Palermo e Catania hanno le loro “landing station”. Un bel volume di banda internazionale di qualità che lambisce la Sicilia per la sua centralità in un bacino che fa da cerniera tra sud e nord e, attraverso Suez, verso l’Asia, l’Estremo Oriente e il Pacifico. Ma che fino a oggi, dice la responsabile del MIX, non ha avuto grandi ripercussioni infrastrutturali terrestri né in Sicilia né tantomeno in Italia.
Che cosa ha fatto sì che la Sicilia, con tutta la nostra Penisola, fosse di fatto aggirata? È successo, racconta la Rossi, che nel corso del tempo i cavi sottomarini che arrivavano sull’isola, piuttosto di convertirsi in infrastrutture terrestri per l’interconnessione con le reti degli operatori, sono stati prolungati verso il porto di Marsiglia, dove era stato costituito un data center “carrier independent” che le telco hanno favorito nelle loro strategie di connessione tra le dorsali globali e le capitali europee di Internet (e dell’economia): Londra, Amsterdam, Francoforte. Questione, spiega Valeria Rossi, di costo delle infrastrutture di terra, ancora condizionate dagli anni del monopolio delle TLC. «Ma anche di mancanza, al sud, di realtà indipendenti come quella di Marsiglia e Milano. Nonostante la posizione strategica dell’Italia, le dorsali vengono instradate più a ovest o addirittura più a est, privilegiando per esempio l’area dei Balcani».
Nuove prospettive
Questo scenario potrebbe cambiare radicalmente quando Open Hub Med metterà in funzione il punto di interconnessione e “peering” del suo data center di Carini, la località di Palermo quasi adiacente all’aeroporto Falcone Borsellino. Qui, la società Italtel, uno dei fondatori di Open Hub Med, controlla ancora le facilities del polo tecnologico voluto alla fine degli anni Ottanta da Marisa Bellisario, allora a capo del grande costruttore di centrali telefoniche. Insieme a MIX e Italtel (che dopo la cessione da parte di Telecom Italia nel 2000 a un fondo di investimenti globale vede Cisco come principale azionista industriale) partecipano a Open Hub Med, in stretto ordine alfabetico, Eolo (NGI), Equinix Italia (Telecity Group), Fastweb, Interoute, Supernap Italia, VueTel Italia e il consorzio XMED che a sua volta riunisce tre aziende siciliane (Demetrix, Mandarin e WishNet). A Vision, Valeria Rossi conferma che Open Hub Med sta già lavorando a un secondo step di espansione che prevede il collegamento tra Carini e Bari, landing station del cavo AAE-1, altro grande progetto di dorsale transcontinentale che interessa la penisola.
«Stiamo parlando di un bacino geografico dove secondo Telegeography il traffico dati cresce del 60% ogni anno» – sottolinea Valeria Rossi. Open Hub Med intende intercettare parte di questo traffico rendendo possibile una via terrestre che passa per l’Italia, creando così un triangolo ideale che unisce i tre vertici di Marsiglia, Milano e Carini». Di fatto tra la Sicilia e Milano, si sta realizzando un “bipolo” di interscambio che creerà un mercato più aperto, avvicinando il Mezzogiorno d’Italia al Nord anche in termini di prezzi. «Oggi, paradossalmente trasportare dati da Milano in Sicilia costa più che collegare Milano ad Amsterdam». L’hub di Carini aprirà entro la fine di luglio e metterà inizialmente a disposizione uno spazio attrezzato di mille metri quadrati, ospitando apparati e server di tutti gli operatori voce o dati. La sua presenza, confidano i soci del consorzio, stimolerà lo sviluppo di nuove infrastrutture, che serviranno a loro volta ad abbattere i costi sostenuti dagli operatori connessi a Internet e dai loro clienti, imprese, pubblica amministrazione locale, utenza residenziale. Un potenziale toccasana per il Sud che soffre in misura ancora più marcata per il digital divide che penalizza l’Italia e la sua economia.
Modello neutrale
Joy Marino ribadisce la validità del modello dell’Internet exchange neutrale, a Milano come nelle città europee che lo hanno adottato. «MIX non si è mai fermato, le cose da fare sono ancora tantissime e tanti sono gli snodi critici. Tra questi la questione della banda ultralarga e il recupero dell’Italia rispetto agli altri Paesi occidentali. In questa fondamentale scommessa, rientra anche Open Hub Med». MIX, prosegue Marino, è una piccola società (a Milano, in via Caldera, tradizionale distretto delle telco, lavorano nove persone), che ha sempre perseguito logiche di servizio e non di profitto, e investe in innovazione i due terzi del suo giro d’affari per venire incontro alla richiesta degli operatori in previsione del forte aumento di traffico previsto da qui a tre, cinque anni. Fin dai suoi esordi, afferma Marino, MIX ha un assetto societario e finanziario solido e assicura il costante aggiornamento di apparati, tecnologie e strumenti di interconnessione che oggi servono più di 170 soggetti diversi. «Inoltre, attraverso l’associazione EURO-IX, siamo ben integrati nel sistema degli Internet Exchange europei, da cui abbiamo imparato molto, divulgando tante buone pratiche e modalità di servizio». Adesso, tutta questa esperienza positiva servirà per creare le condizioni giuste per il rilancio di un’area di proverbiale “esclusione”, il simbolo dell’Italia a due velocità dove il rischio è quello dell’adeguamento verso il basso. L’hub di Carini rilancia il sogno di eccellenza e di opportunità che fu della grande manager di scuola olivettiana.