FitBit e altri dispositivi indossabili per il fitness sono stati accusati di misurare in modo errato i parametri fisici di chi li indossa
I dispositivi wearable avrebbero dovuto rivoluzionare l’approccio all’attività fisica, permettendo di migliorare non solo le proprie prestazioni ma anche la salute in generale. In realtà pare che non sia proprio così. Molti dispositivi per il fitness come FitBit sono stati accusati di non rivelare correttamente i parametri fisici degli utenti come il battito cardiaco o le calorie bruciate. Il New York Times ha inoltre rivelato che è stata indetta una class action contro l’azienda californiana proprio per questo motivo. In particolare, la funzione PurePulse potrebbe portare addirittura a potenziali conseguenze mediche.
Gli avvocati dell’accusa hanno portato a testimonianza della loro tesi uno studio effettuato dalla California State Polytechnic University. La ricerca ha coinvolto 43 sportivi che hanno indossato FitBit durante i loro allenamenti. Gli esperti hanno rilevato scostamenti fino a 20 battiti al minuto fra le rilevazioni effettuare dal traker per il fitness e i propri strumenti professionali. Il dispositivo wearable funziona al meglio quando lo sforzo è minimo mentre le discrepanze aumentano quando l’utente prova maggiore fatica. “Ci difendiamo strenuamente contro queste affermazioni. – ha dichiarato FitBit – Resisteremo ad ogni tentativo di far leva su tattiche che confondono i consumatori o false affermazioni di evidenze scientifiche”.
Il settore delle app per il wellness è uno dei più fiorenti. I centinaia di migliaia di contenuti dedicati a questo settore (ecco quali sono le migliori) si stima genereranno un giro d’affari di 6.9 miliardi di dollari entro il 2018. Alla luce delle accuse mosse a FitBit è però necessario rivedere alcuni parametri che ne regolano il funzionamento. Queste app sono infatti passabili di sanzioni solo nel caso possano provocare danni fisici al paziente in caso di funzionamento.