La scena della Silicon Valley conquista l’attenzione degli hedge fund, attirati dai numeri reali dei grandi deal su cui hanno deciso di scommettere i VC in questo periodo
Nella Silicon Valley una trasformazione è in atto. Il ruolo consolidato dei VC non sembra più essere così consolidato. Che cosa sta accadendo? Si sta aprendo la possibilità di un nuovo panorama in cui le startup emergenti si ritrovano a poter scegliere tra un ampio ventaglio di possibilità. Nel momento in cui una startup è pronta per ottenere un finanziamento, i venture capital non rappresentano più l’unico canale di accesso ai finanziamenti. Naturalmente, non lo erano nemmeno prima. Basti pensare al crowdfunding che da sempre si è posto come valido concorrente dei venture capital, sia pur intervenendo, solitamente, in seconda battuta piuttosto che nella fase di early stage. Di recente invece, sono gli hedge fund, ovvero i fondi di investimento, privati o pubblici che siano, che stanno iniziando ad assumere un ruolo da protagonista indiscusso nell’ecosistema delle startup. E ciò continuando a mantenere, pur sempre, una significativa autonomia nella propria strategia operativa. Così come le società di venture capital sono diventate sempre più pignole ed esigenti nella scelta delle startup da finanziare, anche gli hedge fund hanno iniziato ad aumentare la lista dei requisiti necessari perché una startup possa ottenere un seed.
Niente più hitech?
A differenza dei VC, gli hedge fund sono più cauti e moderati perché non tutte le startup riescono a vivere fino alla loro fatturazione. Inoltre, sulla scia di diverse IPO deludenti, molte delle aziende più promettenti hanno scelto di rimanere private il più a lungo possibile, il che significa che servirà anche più tempo per ottenere gli incassi.
«Abbiamo completamente smesso di investire nella tecnologia» – ha detto Jeremy Abelson, gestore del portafoglio di Irving Investors, un piccolo hedge fund con sede a New York. «Ho chiuso con le valutazioni immateriali, le exit solo probabili e voglio qualcosa in cui qualora decida di investire, abbia un rendimento quasi immediato».
In realtà, il vero problema degli anni passati risiedeva nella mancanza di pazienza da parte degli hedge fund per aspettare il rendimento delle startup tecnologiche, queste ultime considerate da sempre scommesse rischiose, data l’impossibilità di vedere subito il risultato del proprio investimento. Ma l’ultima generazione di startup dilaganti nell’ambito della Silicon Valley si presenta con l’offerta di attività reali (a differenza di molti delle omologhe dot-com) e gli hedge fund hanno deciso di rientrare in competizione con i VC con riferimento ai loro grandi deal.
La partita continua
Tra gli hedge fund che hanno deciso di mettersi in gioco non si può non menzionare Tiger Global. Si tratta di una società di investimenti di 20 miliardi di dollari avviata come hedge fund da Chase Coleman. Quest’ultimo è uno dei tre investitori che ha contribuito a far sì che Nubank, una società fintech con sede in Brasile, riuscisse nell’obiettivo di raccogliere decine di milioni di dollari. Si può ricordare poi il fondo di Lee Ainslie di circa 10,5 miliardi di dollari, Maverick Capital, che si è distinto come uno dei tre investitori in Vserv, una piattaforma digitale per il mobile marketing e il commercio in India e nel Sud-Est asiatico, raccogliendo più di 10 milioni di dollari.
Lending Club, un mercato online che consente l’incontro di persone che vogliono prendere in prestito denaro con persone disposte a prestarlo, annovera Coatue Management, un hedge fund e fondo di private equity, come uno dei suoi investitori nel periodo antecedente alla sua prima offerta pubblica avvenuta a fine del 2014.
Tutti e tre gli hedge fund citati hanno una caratteristica in comune: sono tutti “cuccioli” della grande “mamma Tiger”, imprenditori che hanno preso avvio dal milionario Julian Robertson e che ora cercano di conquistare il terreno della Silicon Valley.
Anche altre imprese di investimento stanno riversando le loro risorse nella Silicon Valley. La maggior parte delle risorse sembra continuare a rimanere focalizzata sul settore fintech. Solo l’anno scorso, il finanziamento per questo settore è più che raddoppiato, raggiungendo i 12,2 miliardi di dollari, rispetto ai 5,6 miliardi delle startup del 2014, secondo le cifre del rapporto di PwC.
“]
Il Fintech convince
«Nel 2013, si è verificata una grande ondata di hedge fund e altre fonti di investimento alternative che progressivamente si sono spostati nello spazio Fintech» – ha detto Fiona Grandi, dirigente dei servizi finanziari in KPMG. Dopo la crisi finanziaria del 2008, le banche di tutto il mondo hanno iniziato a ridurre i prestiti e le agevolazioni ai consumatori, lasciando gradualmente il posto alle nuove tecnologie che hanno permesso di intervenire nel settore e fornire quei servizi direttamente al consumatore senza l’utilizzo delle piattaforme bancarie tradizionali. L’entusiasmo per gli investimenti nel settore fintech ha contribuito a spingere in alto le valutazioni delle startup, contribuendo a far sì che queste potessero raggiungere lo status di “unicorno”, con valutazioni di oltre un miliardo di dollari.
Se si dovesse fare un passo indietro e volgere lo sguardo a quanto accaduto e ai cambiamenti verificatisi in questi pochi anni, all’interno del settore bancario, sarebbe impossibile non notare come orde di venture capitalist abbiano riversato risorse all’interno di startup che, nella fase successiva al primo seed, hanno deciso di prendere la direzione dei finanziamenti pubblici o comunque di canali di finanziamento alternativi. Non sorprende pertanto il fatto che gli hedge fund abbiano intenzione di capitalizzare su questo fenomeno.
Sistemi e servizi
Third Point Ventures, il braccio destro dell’hedge fund di Daniel S. Loeb, da 16 miliardi di dollari, ha compiuto 38 investimenti negli USA nelle startup tecnologiche tra cui, nell’ambito fintech, si annovera l’investimento in SoFi – abbreviazione di Social Finance – un provider peer-to-peer di prestiti, mutui e prestiti agli studenti. Passport Capital, l’hedge fund che vale 4,4 miliardi di dollari, gestito da John Burbank, ha compiuto una dozzina di investimenti negli Stati Uniti in startup tecnologiche, secondo la società di ricerche di CB Insights. Tra gli investimenti fintech si annoverano CashStar, il creatore di carte prepagate per i rivenditori e ristoranti, e Prosper, una sorta di mercato del prestito online. «Il ritmo degli investimenti nel fintech da parte degli hedge fund è andato aumentando a partire dal 2014» – ha detto Matthew Wong, analista e ricercatore di CB Insights.
L’alluvione iniziale di denaro nell’ambito delle start-up fintech, da parte degli hedge fund, era già iniziata due anni prima e si è concentrata sul mercato dei prestiti. Ora, questo denaro sta cominciando a spostarsi in altre aree come i sistemi di assicurazione e di gestione per le piccole imprese.
Finale a sorpresa
Tiger Global, uno dei principali investitori nella Silicon Valley, si è anche avventurato all’estero, fiducioso dell’esito positivo delle scommesse sulle aziende Fintech. In Australia, ha sostenuto Tyro Payments, una società che fornisce soluzioni bancarie per le piccole imprese. In India, ha investimenti in Razorpay Software, che offre sicuri sistemi di pagamento online per le imprese, così come Policybazaar, un sito web che mette a confronto le opzioni di assicurazione. Oltre a Nubank, in Brasile, ha sostenuto ContaAzul, un sistema di gestione per le piccole imprese per controllare le loro finanze e le vendite. Sono i profitti, i numeri reali e non più i fantomatici unicorni degli anni a venire a conquistare l’attenzione dei venture capital e degli hedge fund in questo momento.
è anche vero che l’ultima volta che gli hedge fund hanno deciso di mettersi in gioco nell’ambito del private equity risale al 2007 proprio prima del collasso del 2008, così come ha sottolineato David Snow, manager di Privcap. Che cosa succederà questa volta? Si ripeterà il medesimo corso o avremo un finale a sorpresa?