Apple, Google e Microsoft indagate per le patch di sicurezza

La FTC e la FCC hanno avviato indagini per capire quanto sicuri siano gli aggiornamenti inviati ai dispositivi prodotti dalle big

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Il 2016 è un anno cruciale nell’ambito della sicurezza informatica. Oltre alla vicenda che ha messo una contro l’altra Apple e FBI, il rischio che il clamore suscitato dal Datagate finisse in un niente di fatto era troppo grande. L’interesse intorno al tema è invece sempre molto alto e lo dimostra una recente indagine avviata in concerto dalla Federal Trade Commission e dalla Federal Communications Commission. Le due organizzazioni americane, atte a tutelare il consumatore, hanno messo sotto la loro lente aziende come Apple, Google, Microsoft, BlackBerry, HTC, LG, Motorola e Samsung, per studiare in che modo, e con quale frequenza, inviano patch di sicurezza ai terminali da loro prodotti.

Mobile security

La FTC e la FCC hanno spiegato che il fine ultimo dell’indagine è quello di capire, e quindi migliorare, la sicurezza sui dispositivi mobili utilizzati da milioni di persone. Per farlo, gli organi federali hanno inviato alle aziende citate una lettera in cui si chiede di rispondere a diverse questioni riguardante i programmi di protezione, che comprendono progetti a breve e lungo termine e i motivi dei ritardi nell’applicazione di aggiornamenti che chiudano eventuali falle scoperte. “Visto che i clienti finali e le aziende sfruttano sempre più i dispositivi mobili per condurre le loro attività in rete, la privacy delle comunicazioni è direttamente correlata ai livelli di sicurezza del dispositivo in uso – ha spiegato la FCC – le persone potrebbero essere esposte a potenziali minacce per lungo periodo, come è successo per Stagefright che ha colpito un miliardo di device Android a livello globale”.

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Il punto è cruciale. Spesso ci si dimentica, soprattutto nel mondo Android, che gli update rilasciati da Google possono essere inviati dai singoli produttori ai telefoni dopo settimane o mesi dalla prima disponibilità. Un lasso di tempo che può risultate fatale per chi crede di essere protetto e invece non lo è. Avere una chiara e trasparente evidenza su quali device non riceveranno più patch di sicurezza, risulta dunque fondamentale perché il consumatore possa decidere, da solo, se continuare ad usare il vecchio cellulare a suo rischio e pericolo, oppure passare ad un modello protetto. In questo contesto la politica di Apple su iOS è molto più chiara mentre Microsoft vaga ancora in una certa penombra quando si tratta degli update sui Lumia. Certo, potrebbe sembrare tutto una grossa strategia di marketing, e in parte lo è, ma non c’è modo, almeno per ora, di combattere quell’obsolescenza programmata che ci spinge a cambiare terminale dopo un lasso di tempo predeterminato.