La mobilità richiede un radicale ripensamento della cultura applicativa aziendale, che può cogliere i vantaggi della Terza Piattaforma, trasformando i suoi processi intorno alle specificità degli smart device
L’esplosione di mobilità di Internet e dei dispositivi intelligenti determina una trasformazione epocale della user experience sia nel mondo professionale sia in quello consumer. La tradizionale metafora dell’informatica distribuita si apre alla “ultraportabilità” degli smartphone e dei tablet, mentre il tradizionale fattore di forma del pc, desktop o notebook, passa quasi in secondo piano rispetto alla nuova ondata di applicazioni mobili, pensate per schermi e modalità di relazione radicalmente diversi. Che cosa stanno facendo i protagonisti dell’industria del software applicativo? Le app stanno portando davvero a un punto di svolta nel mondo del lavoro? L’impatto della mobilità e dei suoi dispositivi ha già avuto molti effetti, ma che cosa ha significato quest’ultima – concretamente – per un ambiente produttivo assuefatto da decenni di automazione legata al personal computer? L’alleanza annunciata lo scorso anno tra Apple e IBM, a favore dello sviluppo congiunto di soluzioni software professionali in ambito aziendale, è solo uno dei tanti sintomi della pervasività di nuove metafore che incidono sulle modalità e le tempistiche del lavoro, e hanno profonde conseguenze sulle grandi famiglie di piattaforme applicative, l’ERP, il CRM, l’HR, il software analitico che ci permette di affrontare un fenomeno come Big Data, anch’esso strettamente legato all’avvento della mobilità e dei social media. In parallelo, aumentano anche le app che coinvolgono i clienti esterni e che – sempre più spesso, anche quando non provengono da questo o quel brand commerciale – si basano su informazioni che risiedono sui server di queste aziende. È la cosiddetta “app economy” che si sposa con la “api economy” e, sotto la spinta della consumerizzazione, obbliga le aziende a studiare nuove forme di adattamento alla digital transformation, nuovi modi di pensare in chiave federativa e di “coopetition” il loro business e le loro strategie di outsourcing.
Eppur si muove
Con questo speciale, Data Manager vuole coinvolgere le aziende in una discussione virtuale sulle opportunità, gli ostacoli e le strategie di implementazione di questa delicata fase di passaggio dalla antica metafora del desktop/notebook con le sue tradizionali interfacce allo smart device e alla ingannevole semplicità del touch screen. Abbiamo chiesto a una serie di esponenti del mondo delle soluzioni e dell’integrazione in che misura smartphone e tablet possono davvero prendere il posto di un modello consolidato come quello delle applicazioni pc-based per l’office automation, comunicazione e supporto alla produzione e in che modo, con quali strategie e con quali forme di sponsorizzazione e governance, le aziende possono affrontare la conseguente trasformazione. Ma si è voluto anche sollecitare i pareri sugli strumenti, le metodologie e i servizi che possono abilitare una strategia efficace di “mobilizzazione” delle applicazioni aziendali, affrontando aspetti come l’integrità e la qualità dei dati, la loro eventuale esposizione all’esterno, la continuità dei workflow, la messa in sicurezza delle informazioni e la privacy.
Come sempre, abbiamo chiesto agli analisti di IDC Italia di aiutarci a inquadrare il contesto di riferimento, anche su un piano quantitativo. In base alle ricerche che IDC ha svolto per l’ultima edizione del suo European Mobile Enterprise Software Survey, Daniela Rao, TLC research & consulting senior director conferma che la maggior parte delle aziende europee ha perfettamente compreso il valore delle applicazioni mobili e su questa base indirizza i propri investimenti. «In generale però – spiega Daniela Rao – le imprese non riescono a creare una leadership e una architettura confacente per un ambiente di business “mobile-first”, cioè pensato in prima istanza, sul piano applicativo, per i dispositivi mobili». L’assenza di una piattaforma standard, le necessità a livello di integrazione di sistema e le sfide sul piano organizzativo impediscono di raggiungere livelli di maturazione superiori.
Più mobili, più competitivi
Questo, secondo Daniela Rao, spiega perché sono relativamente poche le imprese che hanno raggiunto le fasi più avanzate del ciclo di maturazione definito da IDC. «La prima fase, quella delle strategie “ad hoc” è stata superata, ma quasi tutti sono ancora fermi alla seconda fase, quella opportunistica, e alla terza, quella della semplice ripetibilità. Le aziende devono adottare un approccio più proattivo, individuare i modi per trasformare la mobilità in vantaggio competitivo». Tutto questo comporta un complesso lavoro a livello di strategie di sviluppo. In un mondo “mobile first”, infatti, la “qualità” applicativa non coincide semplicemente con l’assenza di bachi e vulnerabilità. «Diventa critico erogare un’esperienza utente consistente», sottolinea Daniela Rao, e questo non solo ai fini della qualità delle soluzioni, ma anche per la reputazione e la visibilità del brand che le adotta. Sotto la crescente pressione di linee di business sempre più consapevoli della necessità di rendere mobili i processi interni e le relazioni con il mercato, le aziende si stanno scontrando però con i limiti del mercato delle competenze di sviluppo. Ripensare la mobilità applicativa non semplicemente adattando alla nuova realtà le applicazioni precedenti richiede skill e team di sviluppo multidisciplinari. «Ma non è facile – avverte Daniela Rao – mettere insieme queste nuove squadre di lavoro». Tra l’altro, aggiunge l’analista di IDC, progettare e implementare applicazioni professionali per l’impresa mobile è un altro lavoro rispetto allo sviluppo di applicazioni consumer, in quanto bisogna mettere a punto e integrare i necessari servizi di back-end, puntare su analisti in grado di conoscere a fondo i processi che le applicazioni devono supportare o abilitare.
DevOps e competenze multidisciplinari
La domanda di competenze e talenti relativi allo sviluppo di applicazioni mobili è molto elevata e aumenterà per tutto il 2016, dice lo studio di IDC. «In linea con questa voglia di competenze, prevediamo un aumento dei livelli di attenzione nei confronti di specifiche competenze in ambito di pratiche di DevOps» – sostiene Daniela Rao. Le aziende che adottano queste pratiche registrerebbero infatti notevoli vantaggi, in termini di velocità e qualità di sviluppo. Ma il DevOps è solo un primo passo. I Cio europei sono per esempio consci che la transizione dal modello di sviluppo applicativo “a cascata” tipico dell’era client/server al modello di sviluppo “agile” più adatto all’era della Terza Piattaforma, comporterà un notevole sforzo e sarà una priorità dei prossimi 12-24 mesi. Il cambiamento non riguarda solo le capacità interne delle aziende. Per la fine del 2016, rileva IDC, una azienda su due si aspetta che anche i service provider siano in grado di rilasciare un’applicazione mobile in meno di dieci giorni lavorativi, un’aspettativa che denuncia una diversa percezione delle app mobili come fattore primario della competitività. Rispetto alla precedente edizione della ricerca sulla mobilità applicativa, le tempistiche ritenute ottimali per rispondere alle pressioni del mercato si sono ridotte. Per essere all’altezza di tali richieste, i service provider devono potenziare la riusabilità dei loro servizi di sviluppo mobile, standardizzando le architetture e i framework di sicurezza e integrando strumenti, metodiche e nuova proprietà intellettuale nei loro meccanismi di erogazione dei servizi. «Secondo le nostre proiezioni – afferma Rao – il numero complessivo di applicazioni mobili aziendali quadruplicherà entro il 2019, e l’aspetto interessante è che il 60% delle applicazioni non avrà un precedente corrispondente sul desktop». Si andrebbe in altre parole verso uno scenario ancora più mobile, passando da una cultura – peraltro ancora tutta da consolidare – del “mobile first” a una del “mobile only”, in cui una quota significativa del software applicativo di classe enterprise sarà del tutto nuovo, in risposta all’adozione di workflow e processi abilitati dalla mobilità del business.
Rivoluzione culturale
Secondo i pareri espressi dai partecipanti al nostro panel, emergono segni molto positivi sul recepimento di questi scenari. Paola Pomi, direttore generale di Sinfo One, sviluppatore specializzato in soluzioni gestionali per il comparto alimentare, riconosce che la mobilità «impone un cambiamento alla cultura delle imprese, anche le più tradizionali. È uno strumento per innovare organizzazione e processi». Secondo Paola Pomi, Sinfo One ha fatto leva su fenomeni come il Byod e le app mobili per superare le porte chiuse a ogni altro cambiamento. Per esempio, in ambito sales force automation, con agenti sul campo che resistevano anche all’implementazione di soluzioni di automazione su pc portatile. «Controllare la posizione finanziaria o le promozioni attive prima di entrare dal cliente, senza dover accendere il pc e attivare la connessione, collegarsi al sistema Crm, fa molta differenza» – sostiene Paola Pomi. Non solo in termini di risparmio di tempo, ma anche per dare un nuovo senso al lavoro di squadra. Altri esempi vengono dagli strumenti di reporting strategico o dall’Erp mobile che dà in tempo reale il polso del business. «Il mobile semplifica i controlli e i processi, avvicina l’utente all’azienda e accelera il processo di decisione», consentendo di trarre vantaggi da altri vantaggi – conclude Paola Pomi. Gregorio Piccoli, responsabile tecnologie di sviluppo di Zucchetti (www.zucchetti.it) è più prudente sulla necessità di adottare una mentalità “mobile only”. «Più che sostituire le pratiche tradizionali si tratta di integrarle. Quando la postazione pc fissa rappresenta un limite per il lavoratore dal punto di vista della produttività, è necessario introdurre strumenti che favoriscano il lavoro in mobilità». Anche qui, le business app Zucchetti per la forza vendita e per il Crm si rivelano utilissime per la gestione degli ordini e delle richieste del cliente in tempo reale, con un significativo miglioramento della qualità del servizio erogato all’utente finale.
Vietato opporsi all’innovazione
Per la prima volta, osserva Simone Giuliano, product manager, strategy & marketing di ADP, il leader mondiale di soluzioni per la gestione delle risorse umane, tutti abbiamo in tasca o in borsa una tecnologia più avanzata rispetto a quella che un tempo potevamo trovare solo sulla scrivania in ufficio. Quando il tablet supera numericamente il pc, la trasformazione diventa inevitabile. «Dal mio punto di vista, è difficile affermare che le applicazioni pc-based non possano essere sostituite da applicazioni mobile. Già nel 2012, abbiamo lanciato le “ADP Mobile Solutions” una app dedicata ai servizi come la richiesta e approvazione di ferie e permessi, consultazione del cedolino, condivisione delle news e della rubrica aziendale in mobilità». Oggi, prosegue Giuliano, questa app viene utilizzata da un dipendente su quattro nelle aziende-clienti di ADP e del resto non ha senso opporsi a questa innovazione. «Smart working, social network aziendali o mobile learning sono altrettanti esempi di una tecnologia mobile che aiuta a semplificare i processi e a migliorare i servizi, aumentando così anche la soddisfazione e la produttività delle persone».
Come si deve affrontare, concretamente, questa fase di graduale allontanamento e diversificazione rispetto alle tradizionali piattaforme applicative? Per il Cto di Zucchetti, Gregorio Piccoli, sicurezza e privacy delle informazioni sono una condizione essenziale per la “mobilizzazione” delle applicazioni aziendali. «Anche per questo motivo, Zucchetti si è adoperata per diventare “conservatore accreditato” e “certification authority”, certificazioni rilasciate dall’AgID, solo alle aziende che dimostrano affidabilità organizzativa, tecnica e finanziaria, nonché la competenza ed esperienza del personale necessarie sia per la conservazione di documenti informatici sia per l’emissione di firme digitali». Per l’azienda lodigiana, sinonimo in Italia di soluzioni gestionali, questa integrità informativa è fondamentale per la sensibilità dei dati che oggi si possono consultare in mobilità. «Per chi lavora spesso fuori sede, per esempio nel facility management o nelle imprese che operano per commesse, lo smartphone può anche sostituire il badge di rilevazione presenze».
La sicurezza è tutto
Sul fronte della sicurezza non può che concordare Morten Lehn, managing director di Kaspersky Lab Italia. I dispositivi mobili vengono utilizzati sempre più frequentemente per accedere a informazioni riguardanti il dipendente di un’impresa e il suo lavoro. Le aziende non solo devono adottare soluzioni di sicurezza adeguate, ma sono anche tenute a sensibilizzare i dipendenti sui rischi di un uso imprudente di questi strumenti. «Nel 2015 – spiega Morten Lehn – il volume dei malware che hanno preso di mira gli utenti dei dispositivi mobile è più che triplicato rispetto all’anno precedente». Un dato che denuncia tutta la pericolosità del fenomeno. Troppo spesso capita di vedere che anche aziende che hanno acquistato soluzioni come Kaspersky Endpoint for Business – che include il Kaspersky Security for Mobile – omettono di installare sugli smartphone dei dipendenti proprio questa fondamentale barriera. Sono distrazioni che secondo Lehn, il business mobile non deve più permettersi. Sulla necessità di adottare una diversa cultura applicativa, capace di partire dalle specificità delle soluzioni mobili senza cercare semplicemente di adattare al mobile le applicazioni esistenti, interviene Dimitri Favre, chief technology officer di Alterna, system integrator di Altea Federation. Gli smart device sono talmente pervasivi nella vita di tutti i giorni, che stupisce vedere come il loro utilizzo continui a essere limitato nel mondo professionale. «Il problema – puntualizza Favre – è che finora si è cercato di portare sui dispositivi mobili le applicazioni esistenti. Tuttavia, fare app per il mondo enterprise significa abbandonare l’idea di mimare su uno smartphone o su un tablet quello che si faceva sui pc e incominciare a utilizzare concretamente le caratteristiche che tali dispositivi offrono: mobilità, dimensioni, esperienza utente e sensori».
Quello che il pc non può fare
Dobbiamo insomma immaginare soluzioni diverse in grado di sfruttare caratteristiche che la tradizionale piattaforma pc non aveva. «Non solo app per mobile worker, ma anche soluzioni per quei processi aziendali che oggi non sono coperti in modo soddisfacente dalle soluzioni IT tradizionali» – conclude Favre, sottolineando come nel servire i propri clienti, Alterna può far leva su tecnologie già ampiamente disponibili sul mercato e sulla sinergia con l’offerta Microsoft, che grazie alla recente acquisizione di Xamarin può offrire metodologie di progetto evolutive e incrementali, per lo sviluppo di una nuova generazione di «app smart per aziende smart». Che la tecnologia debba influire sulle modalità del lavoro è un punto fermo anche per Optimo Next. Enzo Capilli, sales & marketing director dello specialista in document management, afferma che la sua azienda è da sempre impegnata sul fronte della semplificazione. «E questo non significa solo applicare tecnologie d’avanguardia al processo esistente, ma soprattutto ridisegnarlo, considerando cambiamenti normativi, culturali e nelle modalità di fruizione». Qui entrano in gioco gli applicativi “mobile ready”. «I nostri clienti vedono le business app come una naturale estensione del processo che permette agli utenti interessati di poter svolgere le loro attività ovunque essi si trovino, per esempio con la possibilità di visualizzare dashboard di business analytics sullo stato di avanzamento dei contratti, monitorare in real time le anomalie e le correzioni, nell’ambito di un processo di governance che coinvolge diversi attori sparsi nel territorio». Un’estensione che richiede, come già osservato dai partecipanti alla nostra discussione, la massima affidabilità e sicurezza. «Alla luce di questa necessità, negli ultimi anni – conclude Capilli – abbiamo esteso il nostro portafoglio, con soluzioni “data centriche” in grado non solo di proteggere il dato all’origine, prima che venga condiviso via posta elettronica o visualizzato in un web portal o in una app, ma anche di consentire un accesso semplice, veloce e contestualizzato alle informazioni che quel dato contiene».
Non si ferma più nessuno
Un’altra area in piena evoluzione sotto la spinta della mobilità è quella del customer relationship management. «La tecnologia touch che gli attuali dispositivi mettono a disposizione della forza vendita offre la possibilità di compiere un’evoluzione della mobilità di comunicazione tra l’azienda, i commerciali e il cliente finale» – ricorda Francesco Riccio, business unit manager Microsoft Dynamics CRM presso Würth Phoenix. Gli agenti commerciali possono per esempio presentare l’intera gamma di prodotti attraverso un catalogo digitale interattivo e multimediale. «Con questi sistemi si raggiunge una nuova dimensione di lavoro, di comunicazione e di condivisione delle informazioni. La mobile sales force automation rafforza il ruolo professionale del venditore grazie all’utilizzo di soluzioni innovative, che consentono di accedere rapidamente alle informazioni necessarie per supportare l’intero processo di vendita».
Insomma, lo smart working diventa il nuovo canale di sviluppo del business e delle opportunità di contatto, senza più vincoli dovuti a circostanze geografiche e temporali. Secondo Francesco Riccio, la mobilità si traduce in un aumento dell’efficacia delle attività di vendita, in una maggior rapidità nella condivisione delle informazioni e in un’ottimizzazione della collaborazione tra le varie aree aziendali. Non solo. «L’era della digital transformation porta le aziende a compiere una metamorfosi per riuscire ad amplificare le possibilità di gestione delle relazioni con i clienti grazie a interazioni più immediate, consentendo una maggior rapidità nelle decisioni strategiche di vendita e riducendo sostanzialmente le attività del back office». Come dire che il cambiamento della mobilità riguarda proprio tutti, anche chi rimane fermo in ufficio.
Sogeit Solutions, crescere in sicurezza
Con LiveBox, la piattaforma di private cloud applicativo on-premises, coniugare applicazioni mobili e produttività è più facile
Mobilità e condivisione comportano una forte esposizione ad alti fattori di rischio per le aziende. L’utente, nella vita privata, utilizza ormai app che consentono un’immediata condivisione delle informazioni in modo semplice e veloce. «In ambito aziendale – spiega Raffaele Amoroso, amministratore delegato di Sogeit Solutions – troppo spesso si registra un’inversione di tendenza in quanto le policy di sicurezza impongono forti limitazioni ai differenti workflow operativi. Per ottenere il miglior connubio tra mobilità e produttività bisogna garantire sicurezza, semplicità d’uso e integrazione con le piattaforme core aziendali. Sogeit Solutions, quale operatore specializzato in soluzioni ICT innovative, ha risposto a tale necessità fornendo al mercato un servizio applicativo integrato: LiveBox è la piattaforma di private cloud applicativo on-premises che permette di gestire i workflow e condividere le informazioni strategiche in modo semplice, assicurando i più alti livelli di sicurezza e flessibilità a oggi rinvenibili sul mercato di riferimento.