Serve un Digital Innovation Officer che traghetti imprese e PA verso una rivoluzione culturale

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AgID, MIUR, Regione Lombardia e associazioni ICT promuovono le competenze digitali e progettano i tool per diffonderle nel mercato. Ed intanto è svolta a livello UE, e-CF diventa standard unico europeo

La notizia ha avuto una forte eco su tutti i social network all’inizio del convegno “La costruzione delle Competenze Digitali: un investimento per la società” tenutosi il 7 aprile scorso all’Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano: l’e-CF – lo standard delle competenze ICT – è finalmente stato pubblicato come norma UNI a livello europeo ed entro 6 mesi sarà la norma di riferimento che guiderà il tema delle competenze digitali in 33 Paesi europei.

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Questo è stato il punto di partenza di una serie di dati e riflessioni sulla diffusione delle competenze digitali nel nostro Paese, che ha coinvolto rappresentanti della politica, delle associazioni e dell’università. Promosso da AgID, Aica, Assinform, Assintel e Assinter, il convegno ha preso spunto dai dati dell’Osservatorio delle Competenze Digitali per riflettere insieme a un nutrito parterre: Valentina Aprea (Assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Lombardia), Franco Patini (AgID), Fabrizio Proietti e Francesco Grillo (MIUR), Giancarlo Capitani (NetConsulting Cube), Nello Scarabottolo (Università degli Studi di Milano) e Giorgio De Michelis (Università Bicocca), Paolo Ghezzi (Infocamere), Massimo Temporelli (The Fablab).

Le competenze digitali escono dalle stanze degli addetti ai lavori per diffondersi nella società, in primis scuola, università, lavoratori, Pubblica Amministrazione: esordisce così l’Agenzia per l’Italia Digitale, secondo cui siamo di fronte a una rivoluzione di approccio di cui la Politica sta dettando le linee guida. La strada è naturalmente ancora in salita, per vari motivi. Soprattutto culturali, più che tecnologici.

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In primis ai vertici di aziende e PA manca spesso una specifica cultura digitale e mancano figure preparate a guidarla, tanto che è emersa la necessità di creare la figura di un Digital Innovation Officer che guidi la trasformazione digitale dall’interno. In tecnichese si chiama anche e-leader, ed è l’evoluzione del CIO, figura super ricercata ma carente a livello di recruiting.

L’altro punto critico riguarda la connessione fra il sistema scolastico-universitario e il mondo delle imprese. Il sistema di alternanza scuola-lavoro è ormai lanciato – nel 2016 si supereranno i 700.000 studenti coinvolti – ma spesso le esperienze sono poco produttive o legate alla buona volontà dei singoli. Nel frattempo è stato avviato il Piano Nazionale Scuola Digitale e già ci sono alcune esperienze positive come ad esempio la nuova figura dell’animatore digitale, che stimola all’interno degli istituti la diffusione e l’utilizzo di strumenti e approcci digitali.

La Lombardia sembra essere all’avanguardia per costruire percorsi di Apprendistato, soprattutto del terzo tipo, in cui l’accademismo lascia il posto ad un learning on the job che si trasforma in titolo universitario.

L’Università continua, nella stragrande maggioranza dei casi, a vivere con tempi e contenuti che non rispecchiano le esigenze delle imprese, che hanno fame di competenze ma non le trovano: ed è paradossale che si metta Informatica a numero chiuso quando è proprio lì che stanno le esigenze del mercato. Ecco perché si auspica un maggiore ascolto dal basso, costruendo insieme i percorsi di studio per costruire le competenze che servono al mercato.