Robert Kaplan – Ricominciare da zero

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Dalla Balanced Scorecard ai Visual Analytics, la semplicità è l’unico antidoto alla complessità

Per Robert Samuel Kaplan, l’ingegneria gestionale è una passione che ha accompagnato tutta la sua vita. L’emerito professore di Harvard – autore a quattro mani con David Norton di uno dei testi fondamentali che hanno fatto la storia del performance management – continua a essere un punto di riferimento tra le persone che hanno contribuito in modo significativo alla scienza della business strategy. La sua “scheda di valutazione bilanciata” è stato il primo strumento che ha permesso di collegare le azioni quotidiane dell’azienda agli obiettivi strategici. Robert S. Kaplan sta alla scienza dell’organizzazione aziendale, come Machiavelli sta alla scienza della politica. In The Balanced Scorecard, ha sviluppato un metodo efficace per legare i sistemi di gestione dei costi e delle prestazioni all’implementazione della strategia e dell’eccellenza operativa. A quasi 25 anni dalla sua prima pubblicazione, nell’era dei Big Data Analytics, delle analisi real-time e dello smart working, The Balanced Scorecard parla ancora ai manager che si trovano a prendere decisioni importanti per il futuro delle loro imprese. Prima di tutto perché si lega direttamente al problema numero uno dei manager di oggi: l’esecuzione della strategia e poi perché fornisce un quadro per allineare tutti nell’organizzazione intorno a una missione comune. Non solo. L’approccio olistico alla misurazione delle performance ha permesso il superamento dei limiti del monitoraggio degli indicatori contabili tradizionali. La lezione di Kaplan continua a essere di aiuto per capire lo stato di salute dell’azienda, la diffusione della cultura aziendale e la trasparenza.

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Se – per esempio – la strategia è quella di abbracciare i Big Data, la Balanced Scorecard può agire come porta di accesso per raggiungere l’obiettivo. E forse, gli strumenti attuali di Visual Analytics rappresentano la sua più concreta evoluzione dal punto di vista software. Le organizzazioni infatti hanno bisogno di un ampio set di KPI o di risultati a livello strategico per muoversi agilmente in ambienti complessi. Ma hanno bisogno anche di alcune metriche “hard” in modo da mantenere esplicito il rapporto tra scelte e responsabilità. Mentre le aziende fissano obiettivi e i governi lottano con le percentuali del PIL, forse bisognerebbe riflettere su ciò che le cifre di un bilancio raccontano. Anche lo stesso zero può rappresentare un valore, perché indica il punto di origine. E nei momenti di crisi, anche il punto da cui ricominciare. Troppo spesso, le cifre possono nascondere la verità. E ci rendiamo conto che esiste un divario troppo grande tra strategia e performance. Allora, con l’aiuto di Robert Kaplan le domande alle quali dobbiamo rispondere sono le stesse a qualunque latitudine. Qual è la nostra strategia? Come la stiamo misurando? Abbiamo risorse sufficienti per supportarla? Il personale in azienda la capisce? La stiamo spiegando e la stiamo monitorando? Come possiamo mettere tutto questo insieme in un processo coerente?

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Data Manager: In azienda gli sforzi delle singole divisioni spesso non sono coordinati e possono essere all’origine di conflitti, occasioni perdute, performance deludenti. Di chi è la colpa?

Robert Kaplan: La colpa è di chi prende le decisioni senza spiegarne le ragioni. E quasi sempre deve essere ricercata nella sede centrale. Le aziende possono costruire una strategia di successo creando un processo di governance in grado di spiegare e diffondere il valore delle scelte strategiche. La maggior parte del mio lavoro consiste nello spiegare come allineare le unità di business, i consigli di amministrazione e i partner esterni con gli obiettivi della strategia aziendale. Le imprese che non vogliono solo sopravvivere, ma che vogliono svilupparsi in un mercato sempre più complesso e competitivo, devono imparare che la strategia deve essere gestita in modo esplicito, come ogni altro processo. Purtroppo, nella maggior parte delle organizzazioni, questo processo o non esiste o è incompleto.

La trasformazione digitale sta cambiando il modo di essere e fare impresa?

Le imprese cambiano quando sono costrette a farlo. E oggi, è in gioco la loro stessa esistenza. Basta vedere cosa sta succedendo nel settore delle telecomunicazioni e del finance. Le imprese hanno centralizzato in ordine alle funzioni oppure hanno decentralizzato in funzione dei prodotti e delle regioni, nel tentativo di ottimizzare costi e migliorare le performance. Ma nessuna di queste formule è quella definitiva.

Agili, elastiche e aperte. Sono queste le caratteristiche delle imprese capaci di resistere al cambiamento?

La virtù della resilienza è il fattore comune alle tre rivoluzioni industriali. Lo sanno bene le nostre imprese migliori, ma troppo spesso non lo sanno i governi. Strutture nuove creano problemi organizzativi nuovi, difficoltosi quanto quelli che cercano di risolvere. Nel tentativo di cambiare paradigma, si creano e si lasciano in eredità sistemi che poi si rifiutano di morire, mentre una grande quantità di conoscenza implicita viene persa strada facendo. Troppo spesso manca un efficace coordinamento tra i diversi settori della stessa azienda, con il risultato di sprecare risorse e perdere opportunità.

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Che cosa è la strategia?

Un programma per un’azione. La strategia di per sé non è un valore assoluto. La strategia è un valore che va costantemente comunicato a tutti i livelli aziendali e dipende dalla capacità dei vertici aziendali di tradurlo praticamente. L’esecuzione della strategia non è meno importante della strategia in sé. Ecco perché i manager devono avere la capacità di ascoltare per comunicare al meglio. Nella mia famiglia ho imparato che le cose funzionano meglio se si è più disposti ad ascoltare, che a comandare. Accade lo stesso nelle aziende, grandi o piccole che siano. Come nello sport bisogna sapere motivare i propri atleti migliori. Un buon capo sa trovare le parole giuste per incoraggiare e riprendere. Non si motiva nessuno puntando il dito contro. Un buon ambiente di lavoro è la condizione fondamentale per la corretta esecuzione della strategia.

I problemi delle aziende sono frutto di strategie sbagliate?

Nella maggioranza dei casi le strategie sono giuste, ma i problemi derivano dalla mancata esecuzione della strategia. In molte aziende, la strategia non è condivisa, il suo grado di attuazione non è misurabile, le risorse non sono allocate in funzione delle strategie e i processi non sono progettati in linea con le priorità strategiche. L’organizzazione, la formazione e i sistemi di incentivazione sono sviluppati a compartimenti stagni. Troppe imprese hanno una strategia formale, ma nessun modo pratico per comunicarla efficacemente ai dipendenti, oppure non hanno gli obiettivi della strategia collegati al budget.

Quale consiglio darebbe all’AD di una impresa italiana?

Gli direi semplicemente di andare da uno dei suoi dipendenti e di fargli questa domanda: «Per favore, può spiegarmi la mia strategia»? Anche i dipendenti meno specializzati possono giocare un ruolo fondamentale nell’implementazione della strategia. Non c’è bisogno di un master in business administration per capirlo.

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Il “made in Italy” può diventare una piattaforma di marca globale?

Patrimonio di marca e innovazione nel manufacturing sono le principali leve su cui l’Italia può agire per vincere le sfide globali. L’impresa con un patrimonio di marca forte riesce ad avere una migliore posizione negoziale con i distributori, un impatto più forte sui media e più fedeltà da parte dei consumatori. Penso che le imprese italiane di ogni settore, anche IT, possano fare molto attingendo a questa ricchezza, ma per farlo devono avere una buona strategia e soprattutto saperla mettere in pratica.