Nella seconda metà del 2015 crescono le domande del governo per l’accesso ai dati dei clienti. Ma molte cadono nel vuoto
Nel mese in cui le principali aziende hi-tech producono i loro consueti documenti sulla trasparenza, anche Apple ha pubblicato il suo nuovo rapporto che mette in evidenza un trend preoccupante. Dopo qualche anno (successivo al Datagate), in cui le richieste di accesso governativo ai dati e alle informazioni dei clienti erano sensibilmente calate, ora tornano a crescere, indice della necessità delle forze dell’ordine di analizzare sempre di più la vita digitale di tanti individui. Ma la storia recente ha insegnato che Apple non si lascia convincere facilmente quando si tratta di violare le informazioni sensibili dei suoi clienti.
I numeri del 2015
E così nel 2015 le richieste di accesso ai dati sono aumentate nella seconda parte dell’anno rispetto alla rilevazione precedente. “Quando riceviamo domande di accesso – spiegano da Cupertino – vogliamo che siano accompagnate da tutta la documentazione necessaria, ad esempio un ordine del giudice o un mandato specifico. Crediamo nel valore di essere trasparenti ma bisogna che lo sia anche la legge. Per questo ci andiamo cauti con le domande che arrivano. Limitiamo le nostre risposte solo a quelle che hanno una base legale per reali motivi di indagine”. Secondo l’azienda, solo lo 0,00673% dei clienti Apple è stato coinvolto in istanze connesse al governo, di cui il 94% riguardanti vicende di prodotti rubati e il restante 6% su reali procedure di ottenimento informazioni.