Oggi, sappiamo con assoluta certezza che il grafene rivoluzionerà il nostro quotidiano nei prossimi anni. Anche se nessuno ce lo dice
Grafene, grafene, grafene. Sicuramente ne avrete già sentito parlare. Forse. Forse l’avete addirittura intravisto. Se poi siete tra i pochissimi che l’hanno anche toccato, probabilmente siete tra quel paio di centinaia di italiani che oggi la grafite la usa o la produce. Se invece non avete una precisa idea di cosa sia, ma vi immaginate che abbia a che fare con la grafite, non state poi andando così lontano: immaginando la grafite come una pila di strati posti l’uno sull’altro, il grafene è il singolo “foglio”, il più sottile. La struttura molecolare è esagonale e i singoli atomi di carbonio sono ordinati secondo una struttura ad alveare.
In linea teorica, il grafene è noto, ed è stato descritto più volte, a partire dalla seconda metà del secolo scorso: ma è solo da una decina di anni che la comunità scientifica è riuscita a toccarlo, quando cioé nel 2004 gli studiosi Andre Geim e Konstantin Novoselov, nei laboratori dell’Università di Manchester, riuscirono a isolarne un campione, azione ritenuta impossibile prima di allora. Non ci hanno messo poi troppo a convincere la comunità scientifica che ci si trovava davanti a una vera e propria rivoluzione tecnologica: e così quel foglietto di grafite sottilissimo ha valso loro il Nobel per la fisica nel 2010.
Le proprietà del grafene
Le sue proprietà preziose non sono riscontrabili tutte insieme in altri materiali noti: è duecento volte più forte dell’acciaio, conduce l’elettricità in modo più efficace del rame e lo stesso avviene per il calore. È in grado di assorbire una frazione significativa di luce bianca arrivando a registrare una trasmissione ottica pari a circa il 98% della luce incidente. Il che, detto per semplicità, vuol dire che è praticamente trasparente. Nonostante questo, è così denso che nemmeno l’elio, il più piccolo gas atomico, può attraversarlo. Inoltre, mentre la grafite risulta molto fragile, il grafene ha la resistenza meccanica del diamante e la flessibilità della plastica. Se prima se ne sentiva solo parlare, ora si può scovare in giro qualche prototipo. I tempi sono maturi e, a dimostrarlo, durante il Mobile World Congress tenutosi a Barcellona lo scorso febbraio, è stato l’intero settore dedicato al grafene nel padiglione delle innovazioni tecnologiche. In esposizione, batterie al grafene, in grado di ricaricarsi in meno di 15 minuti. Circuiti piú sottili di un millimetro, flessibili, sensori davvero minuscoli. I nuovi dispositivi elettronici potrebbero diventare molto più resistenti e assumere forme in grado di adattarsi a nuovi e imprevisti utilizzi. Dalla biomedica al lifestyle, le potenzialità sono molte.
E per quanto riguarda la smart city?
Le applicazioni più concrete riguardano l’uso del grafene come materiale per le celle solari, date le caratteristiche che lo rendono trasparente e allo stesso tempo conduttivo. Si potrebbero immaginare enormi vetrate in grado di garantire ottima luminosità agli ambienti e, allo stesso tempo, fornire energia rinnovabile dalla luce del sole. E siccome le sorprese del grafene non finiscono mai, la previsione dell’efficacia di conversione dell’energia solare è del 60% mentre quella delle celle in silicio attuali si attesta intorno al 25%. Oppure, potremmo utilizzarlo per la depurazione dell’acqua, in particolare da tossine e alcuni materiali radioattivi: è infatti impermeabile a quasi tutti i gas e i liquidi ma, curiosamente, le molecole dell’acqua sono una delle eccezioni. Quasi ovunque si parla ancora di prototipi: ma il solo fatto di avergli dedicato uno spazio apposito all’interno di una fiera dedicata alle tecnologie fa ben pensare. Ora aspettiamo la rivoluzione, nel mondo dell’elettronica, del fotovoltaico e delle applicazioni sensoristiche. D’altronde, la tecnologia corre in fretta, spesso più della nostra immaginazione.
Giulia Cattoni @urbanocreativo