Quando old e new economy si parlano
Malgrado l’età matura dell’evento, il Mobile World Congress di Barcellona ha confermato anche quest’anno la propria autorevolezza, attirando come al solito una marea di aziende, esperti, analisti e visitatori. In mezzo alle polemiche per l’atmosfera cupa e orwelliana che ha circondato l’intervento di Mark Zuckerberg sul futuro della realtà virtuale (che immaginavamo già realizzato, considerando che di VR si parla dagli anni Ottanta), il Mobile World Congress ha visto il varo ufficiale di una iniziativa che riguarda un tema molto più concreto e pressante. La capacità delle startup di avere un impatto significativo su almeno tre fronti: l’occupazione, la ricchezza (non solo quella dei fondatori) e l’innovazione dell’altra metà, maggioritaria, dell’economia.
Crescita in comune
Mind the Bridge ha scelto Barcellona per annunciare una nuova cooperazione tra la Startup Europe Partnership (SEP) – iniziativa della Commissione europea di cui Mind the Bridge è leader in collaborazione con la britannica Nesta, la berlinese Factory e il Bisite Accelerator spagnolo – e EBAN, un consorzio che riunisce la comunità europea degli investitori “early-stage”, che riunisce tra acceleratori, aziende e business angels un centinaio di soggetti importanti e soprattutto su scala continentale. L’obiettivo di questa alleanza è contribuire alla crescita delle giovani imprese innovative attraverso un costruttivo dialogo con le aziende mature più aperte all’innovazione. Dialogo che EBAN e SEP intendono favorire sia attraverso un processo di selezione e “matching” tra offerta e domanda sia andando a coprire gli aspetti finanziari grazie alla messa a fattor comune degli investimenti, quelli fatti dalle grandi aziende e quelli che arrivano dalla comunità del venture capital. Secondo Alberto Onetti, presidente di Mind the Bridge e coordinatore del progetto SEP, «oggi non c’è bisogno di nuove iniziative per far crescere l’ecosistema delle startup europee. Piuttosto dobbiamo mettere insieme le realtà che esistono già e stanno lavorando bene».
La scelta del Mobile World Congress non deve far pensare a un interesse specifico nei confronti delle startup del settore. «È solo una platea molto importante» – dice Onetti. «Le prospettive di sviluppo abbracciano tutti gli aspetti dal digitale alla mobilità. Altre ne nasceranno creando le connessioni con i settori più tradizionali. Il digitale è una coperta che attraversa tutto, e poi le startup non sono solo digitali».
Su come incrementare la sostenibilità delle startup e la loro capacità di incidere sui livelli occupazionali e sulla crescita del PIL, Onetti ha le idee molto chiare. «Dobbiamo costruire sempre più ponti tra il mondo nuovo e le aziende consolidate. Le startup hanno molto futuro ma poco impatto economico. Per le aziende “storiche” vale il contrario: molto impatto e futuro incerto, continuamente minacciato proprio dalle startup». Se i due mondi si mettono a marciare in sincronia, è possibile ottenere quell’alchimia tra crescita e innovazione che andiamo inseguendo da anni.
L’IPO non basta
Perché tra le startup i casi di successo e “scale-up” sono così rari e soprattutto non europei? «Le startup hanno bisogno di sbocchi» – spiega Onetti. «I campioni che abbiamo visto nascere si formano quando abbiamo tante aziende che vengono vendute, generando valore che gli imprenditori reinvestono. Una “Facebook” nasce per passi successivi: crei una azienda, la vendi bene, nei crei una più ambiziosa e così via, in un circolo virtuoso». Nel contesto attuale, spiega Onetti, la quotazione in Borsa non può essere l’unica “exit strategy” e del resto non è mai stato veramente così. «Anche nella Silicon Valley per una IPO di successo ci sono venti, venticinque casi di merger and acquisition, che funzionano anche meglio. Le acquisizioni sono il motore di un ecosistema solido perché se tutto il denaro rimane negli investimenti prima o poi il campo si inaridisce».
Purtroppo, è proprio questo meccanismo, l’acquisizione di una giovane startup da parte di una “anziana” impresa medio-grande, a risultare ostico alla cultura dell’innovazione in Italia e non solo. Il lavoro di squadra tra SEP e EBAN punta a moltiplicare le occasioni di dialogo in cui una realtà consolidata acquisisce, insieme alla startup, nuove competenze e nuovi mercati. EBAN, con cui SEP collabora già da qualche tempo, mette a disposizione una presenza diffusa nei 28 paesi dell’Unione e una grossa esperienza di collaborazione finanziaria tra mondo corporate e nuove imprese. SEP, dal canto suo, ha già lavorato con un numero selezionato di grandi aziende che credono nei modelli della open innovation e –sottolinea Onetti – «la fanno davvero». Con SEP troviamo utilities come Enel o Endesa, telco come TIM, Orange e Telefonica, gruppi bancari come BBVA, assicurazioni come Unipol. «A tutti chiediamo un commitment finanziario. Le corporate finanziano la piattaforma con una quota e noi facciamo attività di technology scouting, previsioni di investimento nei diversi settori, cerchiamo di capire le loro strategie». L’impegno delle aziende si traduce anche nell’individuazione, al loro interno, di figure di “internal champion” dell’innovazione che lavorano a stretto contatto con SEP, che si occupa anche della valutazione delle startup da acquisire, della due diligence e dell’affiancamento nelle fasi finali dell’acquisizione.
Acquisire innovazione
L’altra grande opportunità è legata alla copertura europea dell’iniziativa. «Molti fanno technology scouting in una singola nazione. SEP è supportata dalla Commissione e disponiamo di sensori e antenne in grado di far emergere ovunque le cose più interessanti». Gli accordi annunciati a Barcellona prevedono tra l’altro che uno dei quattro eventi di “matching” tra idee di business e venture capitalist che Mind the Bridge organizza ogni anno, avvenga in collaborazione con EBAN. Come coinvolgere settori più resistenti, come il manifatturiero, il meccanico, e in generale la old economy e la pubblica amministrazione? «Agendo su due livelli» – risponde Onetti. «Quello della comunicazione, cercando di avvicinare certi ambiti alla problematica dell’innovazione, e quello della collaborazione, selezionando le realtà consolidate più propense a lavorare con noi». Onetti cita anche aziende di medie dimensioni come EGS, che con Mind the Bridge ha organizzato dei boot camp ed è riuscita a selezionare alcune startup che oggi, grazie a questa partnership, offrono servizi innovativi alla PA. O il caso di OpenjobMetis, quinto operatore nazionale della ricerca del personale, interessato a soluzioni innovative per il recruiting. «È un processo da innescare. Ti esponi, ti guardi in giro, cerchi di capire da dove potrà arrivare l’innovazione che potrebbe spazzarti via, e te la porti in casa». Pensiamo a brand come Blockbuster. «Chi avrebbe pensato che sarebbero state spazzate via proprio da una startup come Netflix? Come dire, trova l’innovatore prima che l’innovatore trovi te. E crescete insieme».