Le offese sul social network comparate a quelle a mezzo stampa. Il caso di Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa Italiana
Un procedimento che può far storia, in grado di segnare un’epoca, almeno in Italia. La Corte di Cassazione ha deciso che insultare qualcuno su Facebook può essere considerata diffamazione aggravata, proprio come accade su un organo di stampa. La decisione è arrivata dopo che Francesco Rocca, durante il periodo in cui copriva il ruolo di commissario straordinario della Croce Rossa Italia, aveva sporto denuncia contro un utente del social network che, a più riprese, aveva ricoperto la sua bacheca di insulti e invettive.
Prima assoluta
A quasi sei anni di distanza, la Quinta sezione penale si è espressa sulla vicenda spiegando che: “La diffusione di un messaggio dai termini diffamatori tramite la bacheca di Facebook può assumere i contorni di una diffamazione aggravata perché può, potenzialmente, raggiungere un numero indeterminato di persone”. Proprio come accade su quotidiani e siti web, anche il social network rappresenta un mezzo di comunicazione e informazione globale, a cui può avere accesso un vasto numero di individui. Nello specifico di Rocca, un ex dipendente del corpo militare della CRI aveva cominciato ad offendere l’ex presidente etichettandolo come parassita e cialtrone. A quel punto, munito di stampe della sua bacheca, Rocca aveva sporto denuncia, riconosciuta poi dalla Cassazione come lesiva e diffamatoria.