Le Nazioni Unite hanno accolto l’appello dell’attivista sottoposto a “ingiusta detenzione”. Solo ieri aveva minacciato di auto-consegnarsi se l’esito fosse stato negativo
Julian Assange alle 12 di oggi ha conosciuto parte del suo futuro. Nella giornata odierna infatti il fondatore di WikiLeaks ha avuto la certezza dell’accoglimento, da parte delle Nazioni Unite, del suo appello circa la “detenzione illegale” di cui sarebbe vittima da tre anni, da quando cioè si trova all’interno dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra. L’uomo, evidentemente giunto ad un punto “legale” di non ritorno aveva pubblicato su Twitter quella che sarebbe stata la conseguenza in caso di giudizio negativo da parte dell’Onu. “Se dovesse annunciare che ho perso il mio caso contro Gran Bretagna e Svezia, uscirò dall’ambasciata a mezzogiorno di venerdì per accettare l’arresto da parte della Polizia britannica in quanto non ci sarebbe più una prospettiva di appello. Ma se dovessi avere la meglio, mi aspetto l’immediata restituzione del mio passaporto e la fine di ulteriori tentativi di arrestarmi” – aveva scritto.
Assange: I will accept arrest by British police on Friday if UN rules against me. More info: https://t.co/Mb6gXlz7QS pic.twitter.com/mffVsqKj5w
— WikiLeaks (@wikileaks) 4 Febbraio 2016
La storia
Dal giugno del 2012 Julian Assange è rifugiato all’interno dell’ambasciata ecuadoriana a Londra, per sfuggire al pericolo di estradizione in Svezia. Qui l’uomo dovrebbe essere giudicato circa un caso di stupro avvenuto nel 2010, dal quale Assange ha sempre preso le distanze. Ma la paura peggiore dell’attivista è che la Svezia possa poi spedirlo negli Stati Uniti, dove dovrebbe poi rispondere della divulgazione di documenti e dati classificati attraverso WikiLeaks, il sito che ha contribuito a renderlo così famoso.