Google vuole portare il machine learning fuori dal cloud

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Grazie a una partnership con Movidius, l’azienda pensa a dispositivi di nuova generazione con funzioni innovative

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Il machine learning è un concetto di estrema importanza per lo sviluppo di nuove tecnologie. Che si tratti di applicazioni enterprise o delle funzionalità di un assistente vocale in mobilità, come Cortana, la necessità è sempre quella di connettere sistemi di apprendimento alla rete, dalla quale possano trarre le informazioni da manipolare. Ma il futuro potrebbe essere diverso, con la possibilità che il machine learning conservi già nella sua struttura molta della conoscenza che serve agli utenti nelle loro operazioni quotidiane. Almeno questa è l’idea di Google che ha da poco stretto una partnership con Movidius, produttore di chip a basso consumo energetico.

Di cosa si tratta

Google utilizzerà i processori conosciuti come VPU (vision processing units), per rendere più autonomi alcuni dispositivi intorno a noi. In particolare la serie Myriad 2, unità all’ecosistema software di Movidius, permetterà lo sviluppo di prodotti composti, almeno in parte, di reti neurali informatiche, in un certo senso possano riprodurre quelle degli esseri umani. Il beneficio principale sarà quello di poter supportare le persone senza doversi connettere sempre ad internet per cercare le risposte. Quali siano i device che potranno beneficiare di un’innovazione del genere non è ancora chiaro: smartphone? Droni? Domotica? In teoria tutto ciò che è formato da una serie di schede elettroniche comandate da un chip centrale. “La visione che abbiamo è quella in cui quello che ci circonda possa essere più indipendente da fattori esterni. Per questo lavoreremo con Google per prendere il machine learning dal cloud e piazzarlo localmente, su oggetti concreti” – ha detto Remi El-Ouazzane, CEO di Movidius.

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