Si moltiplicano gli indizi che lasciano presagire un cambio di rotta nell’eterna incompiuta del rapporto tra IT e pubblica amministrazione centrale e locale: gli esempi non mancano
Tra accelerazioni improvvise, molte luci della ribalta e anche qualche doccia fredda, non c’è dubbio che il rapporto tra IT e pubblica amministrazione continui a presentare un elevato livello di dialettica. Con numerosi temi all’attenzione della compagine governativa, che non ha mai fatto mistero di ritenere il digitale un argomento di primaria rilevanza. Ecco quindi che gli argomenti di interesse non mancano, sia a guardare i temi da tempo sul tappeto, come smart city e nuovi servizi al cittadino, sia a prendere in considerazione le iniziative più recenti, come il Sistema Pubblico per la gestione dell’Identità Digitale, l’ormai noto Spid. Su quest’ultimo, cioè il sistema di login per l’accesso con un’unica identità digitale a tutti i servizi online di pubbliche amministrazioni e imprese aderenti, vi sono molte attese, visto che è in rampa di lancio proprio nei primi mesi di quest’anno. Al momento, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) ha nominato Telecom Italia, Poste Italiane e InfoCert come identity provider accreditati, rendendoli di fatto gestori del Pin unico. Per ora quindi si tratta di un altro degli indizi che lasciano presagire un cambio di rotta, potenzialmente in grado di dare all’anno da poco iniziato una caratterizzazione positiva, almeno per quanto riguarda l’eterna incompiuta del rapporto tra IT e pubblica amministrazione.
L’ora del cambio di rotta
Parla di “cambio di rotta” anche Massimiliano Claps, research director Government Insights Emea di IDC, notando una «discontinuità rispetto alle attività intraprese dalla Pubblica Amministrazione negli anni 2012-2013, in quanto oggi prevale una governance di tipo top-down, a differenza del passato. Gli esempi non mancano, come le iniziative Spid e PagoPA: in questo l’Italia sembra volersi allineare con i paesi più dinamici come Regno Unito e Spagna. Ma la direzione del cambiamento sembra tracciata: si va verso la creazione di sistemi federati che selezionino servizi specifici di interesse generale, accreditando i provider e lasciando a chi deve interagire con la pubblica amministrazione la facoltà di scegliere il fornitore, dando nel contempo anche una serie di opzioni». L’analista di IDC, conversando con Data Manager, prosegue rilevando che è in atto una «transizione fondamentale rispetto all’approccio passato, resa possibile in parte dalla disponibilità di nuove tecnologie e in parte anche dal rendersi conto che i modelli adottati in passato non si erano rivelati efficaci».
Accelerare sull’innovazione
Ne è cosciente anche Stefano Venturi, Corporate VP e amministratore delegato del Gruppo Hewlett Packard in Italia, sottolineando che «le previsioni più concrete per il 2016 riguardano l’avvio di progetti di fornitura di beni e servizi per le pubbliche amministrazioni che favoriscano l’adozione sistematica di tutti gli strumenti e i processi volti alla semplificazione e all’innovazione digitale a livello organizzativo e amministrativo, per esempio in ambito Big Data Analytics e Cyber Security». Del resto, sempre secondo Stefano Venturi, «il rapporto tra IT e PA è un elemento chiave nel percorso d’innovazione del nostro Paese: un’amministrazione pubblica digitale si traduce in una maggiore efficienza dei servizi pubblici e nella semplificazione dei contatti tra cittadino ed enti. Molti sono stati i progressi compiuti in termini di implementazione dell’agenda digitale, come per esempio con Spid, ma la strada è ancora lunga e serve un’accelerazione. Oggi, l’evoluzione dell’IT nella PA deve rispondere in maniera flessibile alle esigenze di un new style of business all’insegna della velocità, elemento determinante per diminuire il time-to-value e far recuperare competitività al nostro Paese nel contesto internazionale».
A queste parole fanno eco quelle di Simonetta Moreschini, direttore della divisione Pubblica Amministrazione di Microsoft Italia, che si dichiara fiduciosa che «il 2016 possa essere un anno positivo in cui ci sia buono spazio di collaborazione tra la PA e i player tecnologici. Ci aspettiamo che le organizzazioni pubbliche del Paese possano proseguire il proprio percorso verso la trasformazione digitale, anche grazie allo slancio offerto dall’attuazione della Riforma della PA e da alcuni driver come l’eHealth, le Smart City e la Scuola Digitale. In uno scenario in cui le risorse sono sempre più scarse è fondamentale cercare nuove strade d’efficienza ed efficacia nel funzionamento della macchina burocratica, ma soprattutto nell’erogazione dei servizi a cittadini e imprese. I protagonisti della PA sono consapevoli dell’importanza della digital transformation e in uno scenario in cui il livello di copertura delle competenze digitali all’interno della PA si aggira solo intorno al 41% (in base ai dati dell’Osservatorio delle Competenze Digitali 2015), è evidente il ruolo strategico degli IT provider».
Le iniziative vincenti
Volgendo lo sguardo a iniziative come quelle delle smart city, che si stanno rivelando efficaci soprattutto in Paesi più avanzati sotto questo aspetto, quali Spagna, Olanda, Regno Unito, Paesi Nordici e città come Nizza e Lione, va osservato, secondo Massimiliano Claps di IDC, che «in Italia si va ancora un po’ a rilento, in quanto manca una regia complessiva, a parte esempi più che positivi come quelli dell’Expo di Milano del 2015 oppure del ruolo guida in alcune regioni come Emilia Romagna e Toscana. In sostanza, manca ancora il passo successivo, e tuttora gli investimenti sono un po’ frammentati e non sempre si traducono in soluzioni scalabili. Per onestà di analisi, va però ricordato che non sono poche le amministrazioni che hanno sofferto per il taglio ai finanziamenti».
Anche secondo Bruno Sirletti, presidente e CEO di Fujitsu Italia, è il caso di «inserire nell’attuale processo di trasformazione digitale della PA anche elementi nuovi, come gli investimenti nelle smart city. Si tratta di un mercato potenziale che in Italia, secondo il report Energy Strategy Group del Politecnico di Milano, ammonterebbe a circa 65 miliardi di euro. In questo ambito, come azienda siamo leader a livello globale, grazie a numerosi progetti internazionali già realizzati. La nostra idea di città smart, che ci ha permesso di posizionarci in maniera distintiva in questo segmento, è quella in cui esiste un utilizzo più intelligente dell’energia e delle infrastruttura sociali attraverso la tecnologia. La smart city di Fujitsu fa leva su un circuito di comunicazione diretto con le comunità locali per discutere dei problemi e trovare le soluzioni, generando un circolo virtuoso fatto di valori sociali e sviluppo sostenibile, grazie all’ICT». L’esempio portato da Bruno Sirletti è il progetto in corso nella città di Aizuwakamatsu in Giappone, dove attraverso la tecnologia «l’obiettivo è di sviluppare una comunità in grado di usare un sistema combinato di energia e riscaldamento con cogenerazione distribuita di biomasse, promuovendo la crescita delle fonti di energia rinnovabili in tandem con misure di prevenzione dei disastri e la costruzione di un centro di controllo energetico».
Tra esempi e best practice
Anche in casa nostra gli esempi non mancano: «In una logica di smart working, il comune di Parma ha adottato una soluzione sviluppata sulla tecnologia cloud, per rendere più efficiente la gestione dei processi e delle attività legate al consiglio comunale. La soluzione è basata su condivisione documentale e automazione dei processi e il tutto è sviluppato sulla piattaforma SharePoint di Office365. Oggi, tutti i documenti e le attività delle commissioni sono disponibili sulla piattaforma Sharepoint e i consiglieri hanno libero accesso alle informazioni che riguardano attività singole e condivise.
Tra i risultati raggiunti, si segnala un importante risparmio in termini di totale annullamento dei costi legati sia agli spostamenti dei messi comunali, impiegati nelle attività della giunta, sia legati ai mezzi privati e pubblici fino a ora utilizzati, potendo gestire e condividere tutto da remoto senza necessità di spostamento» – spiega Simonetta Moreschini, che cita anche il caso del Comune di Pesaro, che “ha scelto la piattaforma cloud per la produttività Office 365 per consentire ai dipendenti pubblici di collaborare, condividere informazioni e contribuire a progetti ovunque e in qualunque momento, accedendo facilmente su dispositivi mobili alla posta elettronica, agli applicativi Office e a soluzioni di comunicazioni integrata, con la massima garanzia di sicurezza».
Su una scala più ampia, Stefano Venturi di HPE ritiene «significativo il progetto del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) realizzato in collaborazione con HPE, da sempre impegnata nel supportare la PA con un’offerta atta a migliorarne la semplificazione e favorire un dialogo efficace con i cittadini. Il progetto ha fornito a Istituti Scolastici statali e paritari, Centri di Formazione Professionale e cittadini innovative procedure informatiche per l’automatizzazione della fase di ricerca e iscrizione scolastica per scuole primarie, secondarie di primo e di secondo grado». Non solo, sempre secondo Venturi, “altrettanto rilevante è il progetto realizzato nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Ricerca e Competitività” dal MIUR e dal MISE (Ministero per lo Sviluppo Economico) in collaborazione con HPE, per innovare gli ambienti di apprendimento, i linguaggi della scuola, gli strumenti di lavoro e i contenuti, per favorire il passaggio dalla classe “analogica” a quella “digitale” negli Istituti Scolastici, Enti di formazione professionale, pubbliche amministrazioni e cittadini della Regione Puglia. Sono numerosi i benefici offerti dal progetto: maggiore qualità dei processi di formazione e istruzione; sviluppo di competenze; riduzione di tempi, errori e costi dei processi educativi; efficienza nel rispondere alle esigenze degli utenti».
Cloud in primo piano nel 2016
Ma vi sono altri paradigmi ICT che potrebbero essere inseriti nell’attuale percorso di digitalizzazione della PA, prosegue Bruno Sirletti di Fujitsu Italia: «Si tratta di open data e cloud computing, che possono far compiere passi avanti determinanti in ottica di semplificazione e ripensamento dei processi. Un maggiore focus sul cloud computing, infatti, potrebbe recitare un ruolo chiave nella trasformazione della PA, sia per i vantaggi associati alla riduzione degli sprechi nel processo di gestione delle risorse informatiche, sia per la razionalizzazione delle infrastrutture hardware e delle piattaforme software, delle applicazioni e dei processi, in una logica di progressiva standardizzazione e condivisione dei servizi».
Ne è convinta anche Simonetta Moreschini di Microsoft: «Il cloud computing riscuote crescente interesse anche in ambito pubblico in virtù della capacità di garantire flessibilità, accessibilità ed economicità. Grazie al cloud gli enti pubblici possono infatti dotarsi di strumenti tecnologici evoluti senza significativi investimenti iniziali rispondendo in modo scalabile alle esigenze delle singole realtà. Due sono in particolare i filoni che offrono grandi benefici alla PA e che ci aspettiamo possano continuare a crescere nel 2016: il cloud come opportunità di storage che consente di perseguire importanti efficienze anche in una logica di razionalizzazione dei data center sempre garantendo i più alti standard di sicurezza e privacy del dato e il cloud come abilitatore di un nuovo modo di lavorare più agile, attraverso l’accesso a dati e strumenti aziendali ovunque e in qualunque momento, da qualunque device».
Quale provider?
La tendenza verso il cloud è sempre più presente. Secondo Massimiliano Claps di IDC «nelle attività in cloud verso le pubbliche amministrazioni si comincia a vedere un movimento accelerato, dovuto anche alla maturazione dei provider. A livello globale, nel 2015 si è delineata una transizione che vede una differenza sempre più netta tra i grandi player ‘soliti noti’ e i cosiddetti “creativi della terza piattaforma”, dove i primi, come IBM o HPE, dispongono in casa di tutte le capacità ma possono anche presentare qualche elemento di rigidità nell’offerta, mentre i secondi, i nuovi attori come Aruba, Amazon Web Services o la stessa Microsoft, che però si situa in mezzo tra questi due mondi, in quando ha fatto la scommessa più forte sul cloud, non hanno alcun tipo di legacy, né in termini di clienti né in termini di soluzioni, e sono quindi in grado di proporre un ciclo di innovazione più interessante e snello anche a livello di prezzi e di componenti dell’offerta cloud». In sostanza, conclude Massimiliano Claps, «il 2016 sarà un anno in cui la scelta dei CIO della pubblica amministrazione verterà su come combinare il meglio di questi due mondi: da una parte presenza di ampie capacità ma rischio di rigidità e lock-in, dall’altra parte tanta agilità ma talvolta anche conoscenza non approfondita dei processi». La partita è appena iniziata.