È italo-svizzero il robot che si comanda col cervello

Meeting, riunioni internazionali ma anche supporto ai diversamente abili: i ricercatori italiani e svizzeri hanno realizzato un automa che traduce i segnali del cervello per muoversi

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Il futuro della robotica è anche la telepresenza. Basta con videocall attraverso software che sanno tanto di old internet; chat testuali e presentazioni condivise in remoto. Buona parte degli studi su come i robot supporteranno la vita dell’uomo nei prossimi anni si concentrano proprio sulla telepresenza, ovvero sulla capacità di guidare una macchina che si trova fisicamente dall’altra parte del pianeta, in grado però di muoversi, compiere gesti e azioni naturalmente, attraverso l’input umano. Non parliamo di strumenti prettamente per il lavoro manuale (il cui sviluppo è già in una fase avanzata), ma di automi che possano replicare, nei limiti del possibile, la comunicazione tra due persone vicine.

[ot-video type=”youtube” url=”https://www.youtube.com/watch?v=I1KvtNhv9Yc”]

Il progetto italo-svizzero

Il successo passa per quella che si pone come caratteristica predominante: permettere ai robot di ricevere comandi nella maniera più naturale possibile, senza necessità da parte dell’utente di giostrare su tastiere, gamepad o simili, ma impartendo ciò che è dovuto tramite gesti semplici. Per lo Swiss Federal Institute of Technology tutto ciò si traduce nella trasmissione di segnali dal cervello dell’uomo a quello dell’automa. Il robot creato da ricercatori italiani e svizzeri è controllato da remoto attraversi un dispositivo indossabile (sulla testa), composto da un sensore che invia segnali via elettroencefalogramma. La testa dell’automa è in realtà un display dotato di webcam su cui viene riprodotta l’immagine di chi guida il robot. Il progetto non si rivolge solo ad un ambito business ma anche medico. La telepresenza pensata dai ricercatori è indicata anche per chi soffre di problemi motori e dunque non ha possibilità di muoversi liberamente o spostarsi da un luogo all’altro, ma nemmeno comunicare direttamente con la propria voce. In questo modo la macchina può tradurre i segnali del cervello e spostare il robot all’interno di un ambiente.

Leggi anche:  Data4 Group, al via il progetto pilota per lo sviluppo del primo Data Center biocircolare al mondo