Il Sud Est Asiatico sta preparando le basi per diventare un nuovo concorrente della Silicon Valley: una breve analisi dei principali cambiamenti dei VC in Oriente
A differenza del resto del mercato azionario che ultimamente ha ricevuto duri colpi subendo un notevole rallentamento economico, sembra che il mercato di Singapore non ne abbia risentito per niente e stia preparando, al contrario, la strada per l’avvio di un ecosistema fiorente di startup, dotato di una forza attrattiva a livello globale. Tra i nomi principali dei VC stanziati a Singapore, non si possono non menzionare Jungle Ventures e Beenext, che hanno deciso di puntare sul commercio elettronico, un settore in grande espansione, considerata anche la diffusione a livello globale degli smartphones.
Si stima che i ricavi dell’e-commerce soltanto in sei paesi del Sud Est Asiatico (Singapore, Malesia, Indonesia, Thailandia, Filippine e Vietnam) siano destinati a raggiungere l’ammontare di 34,5 miliardi di dollari entro il 2018. Teruhide Sato, manager di Beenext, ha lanciato il suo fondo di VC a Singapore il mese scorso, con l’obiettivo di puntare sulle imprese di telefonia mobile e di e-commerce, abbracciando non solo i mercati dei prodotti ma anche quelli dei servizi e della conoscenza. In un’intervista su CNBC, Sato ha confessato di non essere in grado di rivelare il valore esatto del fondo, che però è stato ampiamente stimato per un valore di 60 milioni di dollari.
«Ho scelto Singapore a causa della sua forza geografica» – ha dichiarato Sato. «Il Sud Est asiatico e l’India sono i paesi più forti in termini di crescita della classe media dopo gli Stati Uniti e la Cina e pertanto è essenziale trovarsi in questa zona». E nel frattempo, Jungle Ventures (JV), è in procinto di avviare un secondo fondo di 100 milioni di dollari. «In questo momento, il 65% del fondo è pronto, ci aspettiamo che il resto possa essere completato entro l’inizio del prossimo anno» – ha dichiarato alla CNBC, David Gowdey, partner di Jungle Ventures.
Investimenti asian style
La scarsità degli investimenti che in passato aveva caratterizzato il mercato del Sud Est Asiatico sembra ormai solo un pallido ricordo. Singapore ha trovato le armi per rispondere alla Silicon Valley. «Nel 2010, ogni startup che incontravo mi rivolgeva la stessa domanda: Come faccio a raccogliere fondi? La maggior parte dei VC della Silicon Valley non erano interessati a questa parte del mondo» – ha sottolineato Vinnie Lauria, partner di Golden Gate Ventures.
«Ma l’apertura di un ufficio a Singapore da parte di uno dei maggiori rappresentanti della Silicon Valley, quale Sequoia Capital nel 2012 e l’interesse crescente di operatori di private equity come SoftBank e Tiger hanno contribuito a determinare una forte crescita del settore dei VC a Singapore negli ultimi cinque anni» –spiega Lauria. Il totale degli investimenti del capitale di rischio nel paese ha superato un miliardo di dollari l’anno scorso, contro i 454 milioni di dollari nel 2013, sulla scia anche di un aumento degli incentivi governativi secondo la Singapore Venture Capital e Private Equity Association.
Tra gli altri grandi VC di Singapore occorre fare il nome di Temasek. Quest’ultimo, durante lo scorso anno, ha iniettato ben 190 milioni di dollari nel mercato locale dei VC, con 100 milioni che sono andati alla sua filiale controllata, la Vertex Venture Holdings e i restanti 90 milioni che sono stati stanziati per quattro VC locali: NSI Ventures, Monk Hill Ventures, Jungle Ventures e Golden Gate Ventures.
I venture capital più grandi investono quindi in quelli più piccoli per far sì che la crescita locale possa poi diventare globalizzata. Sembra essere questa la strategia di azione dei VC asiatici.
In effetti, il supporto di Temasek sta già dando i suoi frutti. La scorsa settimana Golden Gate Ventures, il cui portafoglio prevede di generare più di 60 milioni di dollari di fatturato quest’anno, ha annunciato il suo singolo più grande investimento fino ad oggi. Ha deciso di portare avanti un investimento di 3,5 milioni di dollari per finanziare un sito di e-commerce. E non si tratta di casi di successo che rimangono confinati nel territorio del Sud Est Asiatico, al di fuori di ogni contaminazione. Dietro molti VC asiatici si sente la presenza di investitori internazionali di grande livello. Jungle Ventures, per esempio, può fare affidamento sul sostengo di International Finance Corporation, una delle principali banche attive nel capitale di rischio e dell’imprenditore della Silicon Valley, Kumar Malavalli, tra i principali investitori.
«Gli investitori internazionali sono attratti da questa parte del mondo per le stesse ragioni per cui lo sono anche io. Questa regione ha la più grande prospettiva di cambiamento nel corso dei prossimi 10-20 anni, mentre gli Stati Uniti e la Cina hanno già compiuto gran parte della loro crescita» – ha osservato Sato, il manager di Beenext.
Opportunità da cogliere
«L’impresa di private equity nel Sud Est Asiatico è cresciuta enormemente» – ha detto Jeffrey Chi, il presidente della Singapore Venture Capital & Private Equity Association. E, prima di tutto, il motivo di questa crescita risiede nel fatto che la maggior parte degli investitori ha fiducia nelle imprese relativamente giovani, scommette su di esse e punta sulle fasi di pre-seed ed early stage». Ma non solo. «Il Sud-Est asiatico – ha proseguito Jeffrey Chi – è giunto a una fase in cui molte imprese tecnologiche stanno prendendo consapevolezza della sua esistenza. E non solo le aziende locali, ma anche molte imprese straniere, soprattutto cinesi e statunitensi, stanno cominciando a prendere atto di questo mercato. Stiamo cominciando a vedere una crescita delle imprese nella regione e penso che la continueremo a vedere anche negli anni a venire». Tra i beneficiari di questo boom – tutto in stile orientale – vi è sicuramente Garena, una startup che fin dall’inizio era rientrata nella cerchia degli unicorni del Sud Est Asiatico con un valore di almeno un miliardo di dollari. Si tratta di una startup che ha da poco vinto il premio come miglior affare dei VC da parte della Singapore Venture Capital e Private Equity Association e ha iniziato il suo business come produttore di piattaforme di gioco online. È stata istituita nel 2009 e ha lanciato il suo primo prodotto nel 2010. Da allora si è ampliata in settori come il mobile banking e l’e-commerce, riuscendo ad attrarre tra i suoi investitori grandi nomi quali General Atlantic e Ontario Teachers’ Pension Plan, arrivando a un valore di oltre 2,5 miliardi di dollari secondo quanto risulta dal Financial Times.
Operare in sicurezza
Ma Garena è solo una delle tante startup che con le loro exit stanno dimostrando la correttezza delle scelte operate dai VC di Singapore.
Sembra, quindi, che ci siano tutte le premesse perché il Sud Est Asiatico possa dare del filo da torcere alla Silicon Valley. Le controparti della situazione sono già pronte a dire che la bolla dei VC è dietro l’angolo anche per Singapore. Ma in realtà sembra che Singapore stia già preparando le difese a tale riguardo. Anzi si sta “assicurando” da eventuali cigni neri. Infatti, il nuovo trend dei VC asiatici è di stipulare polizze assicurative che possano consentire ai VC di affrontare i contesti economici volatili in cui si trovano a operare con maggiore sicurezza. Di recente l’ACE Group ha lanciato una polizza assicurativa sulla responsabilità civile per i venture capital asiatici. Si tratta di un prodotto che fornisce una copertura massima per i rischi, tra cui le accuse di cattiva gestione, violazione del dovere di riservatezza, responsabilità legale, errori e omissioni negli investimenti.
Il mercato del capitale e i team di gestione dei singoli venture capital si trovano spesso a dover fronteggiare minacce di contenzioso provenienti da ogni dove. E considerata l’imprevedibilità dei cigni neri, bisogna agire prima. L’Asia ha già fatto le sue scelte a riguardo. Ma l’Europa avrà gli strumenti adeguati per fronteggiare la nuova concorrenza?