Data management, le nuove regole del CDO

Monachino Roberto_Unicredit

Come sviluppare le strategie, governare i processi e garantire la qualità dei dati per trasformare l’informazione in conoscenza e valore di business

Si fa presto a parlare di Big Data o forse meglio si dovrebbe parlare di Big Info. In un contesto normativo molto complesso e regolamentato, soprattutto in determinati settori come quello bancario – gli ostacoli di natura tecnologica e analitica – che devono essere superati per trasformare i dati in asset competitivo e strategico al fine di generare valore, non rappresentano l’unica difficoltà. L’aspetto del governo delle informazioni generate dalle procedure o dalle applicazioni e quindi da più fonti eterogenee sia strutturate sia non strutturate, necessitano la validazione della qualità del dato, la sua integrità, il rispetto della compliance. Questi aspetti, che vanno a complemento della capacità di innovazione e della tecnologia, non devono essere trascurati. UniCredit è una delle prime grandi realtà bancarie internazionali a nominare un chief data officer (CDO) a riporto diretto del COO chief operating officer e deputy general manager a livello di Gruppo. Lo scorso maggio, Roberto Monachino è stato nominato chief data officer di UniCredit e ci ha spiegato il significato e le funzioni di questo nuovo ruolo. «Dalla conoscenza dell’informazione, le analisi abilitano la creazione di valore dati, ma questi devono essere corretti e di qualità».

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Innovare il modo di fare banca

Ma che cosa ha spinto il management di UniCredit a dotarsi di questa funzione e come si inserisce questa figura sul piano organizzativo? «L’industria bancaria sta attraversando un’importante fase di trasformazione» – racconta Monachino. «Le nuove esigenze regolamentari e la velocità del cambiamento spinto dall’evoluzione tecnologica coinvolgono le istituzioni finanziarie in sfide che non hanno precedenti». Allo stesso tempo, questa trasformazione sta offrendo opportunità un tempo impensabili di ridefinire e innovare il modo di fare banca, facendo leva su gestioni, metodi e ruoli nuovi. «In questo contesto – continua Monachino – la gestione del ciclo di vita del dato sta diventando sempre più trasversale e l’uso della stessa informazione certificata è fattore distintivo nei processi decisionali delle aziende». La scelta di introdurre la figura del CDO di Gruppo nel sistema bancario italiano è una diretta conseguenza di tutto questo. «Da un lato deriva dalla spinta della Banca Centrale Europea, nel suo ruolo di supervisore unico introdotto nel novembre 2014, di garantire la complessiva qualità e integrazione dei dati, la capacità di aggregazione degli stessi e la loro tempestiva disponibilità; allo stesso tempo, dal momento che la gestione e valorizzazione dei dati a supporto dei processi decisionali è diventata un’attività sempre più essenziale e “critica”, anche alla luce della crescente mole disponibile di informazioni, si è reso necessario adottare, attraverso una figura unica, un approccio integrato end-to-end alla loro gestione e fruibilità, avvalendosi delle nuove opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica».

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All’interno della struttura del CDO ci sono due grandi blocchi funzionali, come spiega Monachino. «Il primo si caratterizza per competenze più organizzative, di processo e di architettura del dato, che permettono di accorciare la catena e i tempi di “decodifica” dei requisiti di Business in requisiti funzionali. Gli specialisti di questa area lavorano a stretto contatto con le funzioni IT per la definizione del modello logico dei dati, perché hanno una conoscenza completa del ciclo di vita dell’informazione».
Il secondo blocco ha caratteristiche da business partner (in gergo data steward), con competenze di rischio, finance e business: «Questi professionisti – dice Monachino – interagiscono ogni giorno con le rispettive funzioni aziendali, supportandole e facilitando l’uso delle informazioni in tutte le necessità di analisi dei fenomeni. Sono anche coloro che aiutano Business e IT a introdurre le nuove tecnologie nei processi operativi e a comprenderne tutte le potenzialità, attraverso approcci agili di prototipazione in ambiente di laboratorio con dati reali, allo scopo di disegnare e contribuire a una chiara visione strategica del dato per sfruttare le nuove opportunità o idee di business. Un piano di people development ad hoc è stato definito per l’onboarding e lo sviluppo delle competenze chiave delle persone che lavorano in questo ruolo».

La sfida del cambiamento

Per Monachino la vera sfida che abbiamo oggi è quella di utilizzare i Big Data non solo per rafforzare il nostro business attuale ma anche e soprattutto per aprire le porte a nuovi business, innovando continuamente. «Mettere enfasi strategica sui Big Data richiede lo sviluppo di una capacità analitica un tempo imprevista» – commenta Monachino. «Come segnalavo in precedenza, la sfida qui sono le Big Info, perché si generano molte più informazioni e molte più variabili, il cui contenuto di qualità ne fa la differenza nel processo decisionale. Per questo è necessario costruire un team interdisciplinare, con differenti competenze, che abbia insita sia la conoscenza di business sia anche la capacità di governare e controllare i dati, utilizzando un approccio statistico e al contempo olistico e un alto grado di capacità di ingegnerizzarlo. In UniCredit abbiamo raccolto la sfida dei Big Data, apportando anche modifiche organizzative, con la nomina all’interno della perimetro del chief operating officer della funzione del CDO e la creazione della struttura nella nostra società globale di servizi, UniCredit Business Integrated Solutions, di Data and Analytics (D&A) che ha come priorità lo sviluppo della tecnologia Big Data dal punto di vista di architettura informatica. Queste due realtà guideranno l’innovazione per consentire un cambiamento dirompente necessario per dare risposte alle crescenti richieste sia di carattere regolamentare che di Business».

L’evoluzione delle competenze

Il CDO di una banca è una figura a tutto tondo e anche un po’ eclettica, capace di coniugare competenze diverse, specialistiche e trasversali, di contenuto alla capacità di analisi dei fenomeni di business alla conoscenza dei prodotti e dei processi operativi della banca, con esperienze che spaziano dal business alla finanza, alla comprensione delle componenti di rischio.
Questo ruolo composito, e per questo sfidante, apre quindi la strada a percorsi di crescita che bilanciano le aspettative individuali con l’evoluzione del mercato e dell’ambiente esterno. Opportuni processi di selezione e formativi sono allo studio per selezionare risorse con competenze adeguate.

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«Già da tempo – spiega Monachino – le più grandi organizzazioni e le banche americane ed europee si sono dotate di questa figura, consapevoli del fatto che l’informazione, se gestita in maniera appropriata e messa al centro dei processi, può sancire la crescita di un’organizzazione». Ma non solo. «Di fronte alla crescita esponenziale delle informazioni disponibili e della loro variabilità da gestire, questa figura è destinata a crescere, anche in Italia» – fa notare Monachino. «è facile immaginare che lo sviluppo sia verso il governo della varietà di informazioni (Big Info) per la continua trasformazione dei prodotti, proprio perché il mercato evolve velocemente. La grande sfida sarà, quindi, sempre più quella di saper anticipare i nuovi trend e seguire la velocità del cambiamento». E questa sfida coinvolgerà l’intera organizzazione: Business, Processi e Tecnologia. «E il CDO – conclude Monachino – lavorerà in partnership con loro, attraverso percorsi sostenibili dall’execution progettuale alla creazione di “cultura”, proponendo soluzioni e garantendo la qualità dei dati così da facilitarne la valorizzazione come asset aziendale».