La revoca del “Copyright and Rights in Performances” inglese apre scenari pericolosi nella gestione dei contenuti digitali
Introdotto ad ottobre del 2014, il “Copyright and Rights in Performances (Personal Copies for Private Use)” non è che un eccezione alla legge inglese sul diritto d’autore che permette alle persone di effettuare copie di backup della propria musica, video ed ebook regolarmente acquistati in rete o nei negozi. Un’eccezione che non toglieva di mezzo i reati sul copyright visto che prevedeva comunque un parere di un giudice in merito a segnalazioni effettuate da organi nazionali, come la British Academy of Songwriters, Composers and Authors, la Musicians’ Union e UK Music. Ora il contesto cambia radicalmente.
Cosa è successo
A giugno del 2015, un giudice ha sentenziato l’illegalità dell’introduzione della norma, non per colpa del governo, ma per una serie di vizi di forma che potevano rendere quasi sempre nulla la richiesta di danneggiamento da parte di aziende ed enti dell’industria britannica. Invece di verificare quali tipologie di casi avrebbero subito un’inadeguata applicazione della legge, gli organi politici del paese hanno deciso di eliminare del tutto l’eccezione, ricreando un contesto di illegalità teorica ogni volta che si effettuano copie per uso personale, ad esempio dal PC al letto musicale, o per CD audio da utilizzare in auto. Un panorama che per molti potrebbe creare un baratro tra il mercato fisico e quello digitale: le persone, volendo portare sempre con sé la propria musica o un film, potrebbero preferire il download sul dispositivo invece dell’acquisto del supporto fisico in negozio. Nonostante questo sia il futuro più plausibile, non solo in Inghilterra, una possibilità del genere spaventa diversi soggetti, come quelli che vivono della realizzazione, distribuzione e vendita di CD e DVD, sia online che offline.