Trasformazione in banca. L’opportunità Big Data

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Le modalità di contatto con la clientela si moltiplicano, i servizi si diversificano, generando enormi volumi di dati. Ma come governare il fenomeno, generando un universo di opportunità?

In un mercato globale dei servizi in crescente competizione nel campo dell’offerta digitale, le modalità di contatto con il cliente tramite canali alternativi (mobile, Internet, social, POS…) e le possibilità di accesso “always on”, proliferano per tipologia e crescono esponenzialmente in volumi, imponendo la necessità di una trasformazione digitale delle aziende stesse, del modello di servizio, della cultura e delle competenze aziendali. Trattare i big data non significa semplicemente raccolta e lettura in forma aggregata di enormi quantitativi di dati. A questo, si accompagna l’organizzazione di un sistema articolato di tecnologie, competenze e governance, volto da un lato a certificare la validità dell’origine del dato e della sua manipolazione, dall’altro a estrarre in tempo reale valore dall’informazione nascosta nelle migliaia di terabyte di dati aziendali, per creare opportunità commerciali concrete.

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Una complessità che trova risposta nella strategia informatica di UniCredit, con la definizione di una piattaforma tecnologica incentrata sui dati – oggi parliamo di data lake – come elemento di sintesi di raccolta del dato, e nella regolamentazione attraverso specifici standard e policy ICT.

Personalizzazione e vision di gruppo

«La digitalizzazione dei servizi non è più solo un tema di efficienza, riduzione dei costi, ma anche una necessità imprescindibile nelle abitudini dei consumatori. La mediazione digitale nella relazione tra banca e cliente porta da sé a una riduzione dei momenti diretti di contatto personale e fisico con il cliente, per questo è importante ricostruire la conoscenza individuale, quotidiana, direi “intima” di ciascun nostro cliente. è proprio qui che entrano in gioco i big data» – afferma Massimo Milanta, Group CIO & chief security officer di UniCredit, soffermandosi sulle modalità in cui il gruppo bancario sta inserendo il tema delle informazioni non strutturate nelle proprie strategie di sviluppo. Una strategia che deve rimanere focalizzata sulle istanze locali senza perdere di vista gli obiettivi globali. Secondo Milanta, davanti alla sfida rappresentata dalla multicanalità e dalla diversificazione dei servizi, le tecnologie e le potenzialità legate ai big data rappresentano un elemento abilitante chiave.

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«Siamo partiti con un approccio indirizzato all’elaborazione di dati di log per la gestione e il monitoraggio dei sistemi IT, a progetti regolamentari e a soluzioni per il segmento retail e small business» – ricorda Milanta. Dal 2013, il Gruppo si è focalizzato anche sul mondo corporate. Oggi, questi sforzi si traducono in una soluzione chiamata Babel. «Si tratta di una piattaforma – sviluppata tutta internamente, utilizzando software open source – a disposizione dei gestori corporate e che consente di ottenere il profilo finanziario completo e aggiornato del cliente e lo scenario della sua operatività commerciale cross-border, in termini quantitativi e qualitativi, grazie all’elaborazione di grandi volumi di dati e alla possibilità di archiviare le relative informazioni».

Innovazione aperta

Rifacendosi ancora alla lunga attività progettuale che ha portato a Babel, Milanta cita alcune delle tappe più significative e il loro impatto sugli aspetti organizzativi e sulla ripartizione dei ruoli. «La prima importante iniziativa business basata sui big data è stata promossa centralmente dalla holding, con la firma del dipartimento di Group Research & Open Innovation, il nostro centro di ricerca e sviluppo di Gruppo, che ha portato allo stesso tavolo le funzioni IT e di business secondo l’approccio agile. In particolare Babel è stata la risposta concreta alla domanda proveniente dai nostri mercati dell’Est Europa, dove questa esigenza era più forte e chiara».

Oggi, prosegue Milanta, Babel è in fase di rilascio nella maggior parte dei paesi di presenza del Gruppo nell’Est Europa, tra cui Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Russia. E i risultati positivi fanno prevedere un ulteriore allargamento. «In Italia, stiamo già lavorando a un progetto parallelo, sempre sul segmento corporate, coerentemente con le diverse caratteristiche del mercato». Sul piano organizzativo è stato creato, per la gestione in produzione e lo sviluppo di nuovi progetti, un centro di competenza dedicato in UniCredit Business Integrated Solutions, la società dei servizi del Gruppo, che gestisce l’intera piattaforma, dall’infrastruttura allo sviluppo.

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La definizione dell’architettura target comune per i big data, così come l’emissione di linee guida che ne disciplinano l’introduzione e l’utilizzo nel Gruppo e le policy di data governance, rientrano nelle attività delle funzioni già deputate all’IT governance.

Tra le questioni da affrontare, c’è anche la complessità nella ricerca o nella formazione delle competenze adeguate all’uso e soprattutto alla governance in ambito Big Data. In questo senso, la geografia del Gruppo può essere considerata un vantaggio. «Possiamo sfruttare completamente le potenzialità commerciali offerte dalle nuove tecnologie, solo se siamo capaci di tenere lo stesso passo anche in termini di acquisizione e sviluppo delle competenze IT necessarie».

Più competenze. Non solo marketing

L’ambito commerciale e le strategie di marketing nei diversi segmenti di clientela restano evidentemente le aree con le più interessanti prospettive di evoluzione, in termini di cross-selling ma anche di generazione di nuove fonti di ricavi, soprattutto se si pensa alle illimitate possibilità di combinazione, integrazione e arricchimento con classi di dati esterne, per esempio quelli disponibili sui social network. «Se a questo aggiungiamo il posizionamento internazionale del Gruppo è evidente come UniCredit goda di una posizione particolarmente favorevole sui big data: un’opportunità che stiamo esplorando, devo dire, con grande entusiasmo e creatività».

Milanta ritiene che alle risorse già disponibili debbano affiancarsi nuove figure professionali capaci di rendere tali opportunità ancora più concrete. «Vedo due tipologie di profili chiave in grado di arricchire il panorama del capitale umano aziendale. Da un lato il data scientist, un esperto con un mix di competenze in informatica, matematico-statistiche e di business, capace di gestire, acquisire, organizzare ed elaborare dati. Dall’altro una figura di collegamento fra il mondo business e l’IT, capace di progettare e costruire, anche tecnicamente, nuovi modelli di servizio a partire dalla combinazione e fusione di servizi disponibili nell’ecosistema B2B e in quello delle startup».

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Si parla di due tipologie di figure nuove, dotate di un set di competenze multidisciplinare, formate all’interno di settori industriali disparati. Basta pensare, soprattutto per i data scientist, al mondo della ricerca scientifica, medica e bioinformatica, da cui si possono trarre esperienze interessanti di “cross-fertilization” anche sul piano dello sviluppo di modelli algoritmici. «Proprio per questo motivo come UniCredit apriamo sempre più canali di contatto con le università per sostenere corsi di formazione dedicati a queste nuove figure professionali, con una specializzazione nell’area bancaria e finanziaria, e che in futuro ci permetteranno certamente di arricchire le nostre competenze interne» – conclude Massimo Milanta.