Apache Foundation e lo standard che ti dice quando il web ti traccia

Durante la classica conferenza annuale, la open-source community ha presentato il progetto Unomi per un web consapevole

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Bertrand Delacretaz, membro di Adobe Research e diretto di Apache Software Foundation ha ribadito il concetto sulla missione della fondazione: un’organizzazione che non vende software ma che concentra tutti gli sviluppatori che vogliono rendere il web un posto migliore e libero. Per farlo c’è bisogno di ripensare la rete come un recinto che permetta libertà di movimento pur senza rappresentare una terra di nessuno, dove ognuno può agire per i suoi fini, anche quelli meno etici. Durante la ApacheCon: Core Europe, il direttore ha dunque espresso il suo pensiero in merito: “Noi forniamo uno spazio per lo sviluppo di quei progetti che riteniamo più validi. E’ per questo  che siamo soprannominati la Svizzera dell’open source”.

Maggiore consapevolezza

La conferenza annuale di Apache è oramai un classico che si svolge ogni anno per fare il punto sullo stato delle attività ma questa volta si è divisa in due, una più tecnica e l’altra, Big Data Europe, focalizzata sullo scenario continentale. La Apache Foundation gestisce una gran numero di progetti, con circa 167 lavori attivi che ricadono in aree molto diverse tra loro, come i big data appunto ma anche database, cloud, piattaforme di gestione. A differenza di altre organizzazioni che sviluppano software open-source, Apache non è guidato da un consiglio e ottiene finanziamenti necessari per lo più a portare avanti i progetti adottati. Tra gli ultimi c’è Unomi, che punta a creare un standard del web che si pone l’obiettivo di tracciare le attività dei navigatori ma in modo da porre in primo piano l’importanza dei concetti di sicurezza e privacy. “Su un singolo sito ci sono circa 60 tracker esterni che pongono un in evidenza il problema della privacy e del controllo dei dati: come le informazioni vengono raccolte e come vengono usate. Vogliamo che in futuro ci sia maggiore consapevolezza sulle strade che prendono le tracce digitali lasciate dai pollicini della rete”.