Dalla tavola rotonda sui pagamenti elettronici è emersa la ricetta di una visione diversa, davvero integrata, che unisce i mondi del commercio elettronico e tradizionale
Dietro la spinta di un aggregato tecnologico costituito da mobilità, nuove modalità di trasmissione, grandi volumi di interazione e sicurezza avanzata, il mondo dei pagamenti in denaro ha subito una trasformazione epocale rispetto ai modelli basati essenzialmente sul contante o su strumenti di credito e debito alternativi. Dalla convergenza con i mondi del mobile commerce e dell’e-commerce, gli strumenti di pagamento elettronici e virtuali rappresentano ormai un mercato autonomo delle transazioni in atto tra esercenti e consumatori, attraverso l’intermediazione dei cosiddetti issuer o gestori delle varie piattaforme. Mercato che come tutti gli altri è esposto a una crescente pressione liberalizzatrice.
La tavola rotonda promossa da Data Manager in collaborazione con Unicredit Business Integrated Solutions, si è prefissa lo scopo di analizzare le prospettive di questo mercato sotto vari punti di vista. Gli strumenti più interessanti e il loro substrato tecnologico e infrastrutturale. I vincoli di natura giuridico-normativa. I temi fondamentali come la sicurezza e la fiducia. I progetti che originano da nuovi entranti, gruppi consortili, categorie professionali, pubbliche istituzioni. Le strategie che il mondo bancario sta mettendo in atto per riaffermare, trasformandolo, il loro primato.
Intorno al tavolo dedicato alla payment (r)evolution ha preso posto una autorevole rappresentanza di protagonisti già affermati, brand commerciali attivi in un contesto multicanale, service provider e startup. Una discussione stimolante per la ricchezza dei temi trattati e per la spontaneità del dibattito che senza mai abbandonare un piano professionale e qualificato, ha portato a una insolita concretezza un argomento che è stato oggetto, in questi anni, di faticose sperimentazioni contornate da paludati, ma poco costruttivi convegni.
VICINI AL PUNTO DI SVOLTA
Proprio citando la parola chiave “casi d’uso”, ha esordito Giulio Carmignato, anche nelle vesti di padrone di casa di un evento che il responsabile della linea prodotti transazionali di Unicredit Business Integrated Solutions definisce molto stimolante. «Raramente in contesti di questo tipo, riescono a incontrarsi rappresentanti di mondi diversificati, trasporti, ristorazione, editoria, viaggi, consentendo quindi di confrontare esperienze non solo lato servizi di pagamento ma soprattutto sul piano della fruizione di questi servizi». Cinque anni fa, ha aggiunto Carmignato, il fenomeno dei pagamenti elettronici, esploso nella prima fase di sviluppo del commercio elettronico, era ancora in larga misura una moda. «Oggi, viceversa, è un tema fattuale: siamo vicini a un punto di svolta rispetto all’uso di strumenti di pagamento virtuali, o se vogliamo tecnologici. Ancora la carta ha una sua predominanza, ma siamo molto vicini a questo tipping point. Dobbiamo cercare di capire come, insieme, possiamo accelerare questo avvicinamento, dando luogo a una crescita che non sarà più lineare, ma esponenziale».
Come è emerso con forza durante il dibattito, l’idea di una azione coordinata, in grado di coinvolgere davvero tutti gli stakholder tecnologici, bancari e non bancari, commerciali, legislativi, deve assolutamente predominare rispetto a una lunga fase storica in cui l’attesa rivoluzione italiana della monetica non è riuscita a emergere in maniera unitaria da una miriade di singole sperimentazioni. Lasciando aperti varchi che nuovi entranti stranieri come Paypal – una sorta di convitato di pietra della nostra tavola rotonda – hanno saputo presidiare.
Se Carmignato ha sentito di poter parlare di tipping point è perché siamo in presenza di segnali significativi sul versante infrastrutturale e delle spinte innovative che arrivano da molte direzioni, a incominciare da operatori come Apple e che contribuiscono a creare un contesto molto favorevole. «Quindi infrastrutture, tecnologie, contesto e infine – ha proseguito Carmignato rivolgendosi ai suoi interlocutori – i casi d’uso di strumenti che devono essere utili ma divertenti da usare, a costo quasi nullo. Devono procurare un vantaggio ai loro utilizzatori, dando al tempo stesso una sensazione di praticità e sicurezza». Un ultimo fattore in questa equazione, ha concluso Carmignato, è quello legislativo, «che deve favorire lo sviluppo di queste applicazioni, magari imponendo l’uso di certi strumenti di pagamento e dall’altra deve dare regole chiare. La regolamentazione degli operatori di pagamento è un tema che va affrontato perché un mercato sicuro e regolamentato può davvero raggiungere l’auspicato tipping point».
I VANTAGGI DELLA COOPETITION
Sulle infrastrutture, lo stesso Carmignato ha voluto subito coinvolgere Liliana Fratini Passi, direttore generale di CBI, il consorzio che riunisce 600 banche italiane. Una posizione che le ha consentito di spiegare quello che il sistema bancario sta facendo per promuovere nuovi modelli di architettura e servizio alla base dell’offerta che le banche rivolgono al cittadino, all’impresa, alla pubblica amministrazione. «La forza di una banca –
ha spiegato Fratini Passi – si esprime attraverso la sua capacità di competere non solo come singola entità, ma come sistema nel garantire interoperabilità e accessibilità ai servizi». Le azioni coordinate erano importanti quando le banche si trovavano a operare in un contesto di sostanziale esclusività. «Oggi, le normative emanate a livello europeo, come la Payment Service Directive 2 recepita in Italia, fa sì che i nuovi competitor non siano più quelli con cui ci siamo confrontati fino a ieri. La “disruptive competition” di soggetti come Google e Apple, che hanno la forza dei numeri delle grandi economie di scala, obbliga il sistema a cooperare sempre meglio dove si può cooperare, cioè nelle infrastrutture, per competere sui servizi a valore aggiunto». Quali sono i servizi abilitati dalle infrastrutture e i protocolli sviluppati da CBI? «Per esempio, il Corporate Banking, il sistema che permette a un milione di imprese di governare pagamenti, incassi, moduli F24, gestendo in modo efficiente la loro tesoreria. Proprio a fine 2014, è stato lanciato CBILL, la rete per il pagamento dei bollettini postali online. In Italia, il bollettino postale è uno degli strumenti più amati, se ne emettono 630 milioni all’anno. Metà arrivano dalla PA, il restante dalle utility, le grandi aziende, le piccole imprese. E le poste incassano il 90% della quota parte online attraverso il loro canale fisico, gli sportelli. Con CBILL, la banca permette ai suoi clienti di visualizzare e pagare il bollettino direttamente, in multicanalità, con qualsiasi device inclusi i canali fisici degli ATM». Un aspetto che Fratini Passi sottolinea con forza riguarda il problema di fondo del sistema Paese: l’Italia non riesce a liberarsi del contante e dei notevoli costi associati alla sua gestione. «Lo sforzo da compiere è ancora notevole perché il livello di virtualizzazione delle operazioni di pagamento che crediamo di aver raggiunto riguarda in realtà meno del 10% del transato in Italia. Questa mole di pagamenti fisici determina un costo equivalente a un punto percentuale di PIL, suddiviso tra imprese e intermediari. Costo rappresentato da sicurezza, controlli, gestione». Liberandosi dal peso del denaro contante, sostiene Fratini Passi, l’Italia potrebbe liberare una cospicua mole di risorse e il consorzio CBI lavora, sullo sfondo delle infrastrutture, per abilitare questo affrancamento operando nella logica della coopetition.
UNO SFORZO DI SISTEMA
La direttrice generale di CBI, riprendendo lo spunto dell’importanza del quadro regolamentare, ha sottolineato come le leggi sulla fatturazione elettronica hanno indirizzato i rapporti delle imprese con la pubblica amministrazione. «La PA è il maggior pagatore in Italia: il 50% dei pagamenti viene effettuato dall’amministrazione a fronte delle fatture emesse da 300mila fornitori. Adesso, il legislatore sta già discutendo un pacchetto di norme attuative della delega fiscale, all’interno del quale sono previsti incentivi e semplificazioni per le aziende che spontaneamente adotteranno misure di fatturazione elettronica tra privati. Le infrastrutture che abilitano già i pagamenti sono trasparenti, possono portare messaggi, documenti strutturati, fatture elettroniche, mandati, rendicontazioni. Il mondo può essere integrato. Ma l’intero sistema deve spingere verso il cambiamento e investire».
In questo sistema, hanno una parte consistente i circuiti di carte di credito e debito, i primi, storicamente, ad aver imboccato un percorso alternativo. Per Francesco Tornatore, che come head of digital & partnerships di American Express, ha la responsabilità dell’acquisizione dei clienti dei servizi online, una chiave di lettura fondamentale è la semplificazione della user experience. «Su questo fronte stiamo lavorando su tematiche come la firma digitale, con l’obiettivo di semplificare il processo di acquisizione. Oggi, anche chi va sui nostri siti per ottenere una carta deve compilare moduli, stamparli, firmare, inviarli: una user experience troppo frammentata». Tornatore propone un esempio dal Regno Unito, nazione molto più avanzata in questi ambiti. American Express, sottolinea il manager, ha una presenza diretta nel percorso di acquisto dei biglietti aerei dal sito British Airways. «Il viaggiatore si reca sul sito, richiede un biglietto e nel momento in cui deve effettuare il pagamento gli viene proposto l’acquisto di una carta American Express, che viene richiesta contestualmente. Se i controlli, tutti automatici, vanno a buon fine, il cliente riceve il numero della sua carta e lo può usare per la transazione. La tecnologia per questo tipo di servizi c’è, i vincoli sono di natura procedurale, normativa». American Express, spiega ancora Tornatore, sta lavorando su processi di acquisizione dei clienti single session, in cui le necessarie operazioni di identificazione e valutazione del cliente avvengono in un solo passaggio, attraverso una procedura di riconoscimento tramite bonifico e con firma digitale. In Gran Bretagna, esistono le stesse regole di precisa identificazione dei clienti, ma i controlli incrociati vengono demandati a “consumer reporting agency” che semplificano al massimo il percorso di acquisizione. Le verifiche sulla posizione creditizia e l’identità sono integrate. «In Italia, discutiamo troppo, spesso le regole per il digitale sono una mera trasposizione di quello che avviene nel mondo fisico. Abbiamo bisogno di un supporto legislativo diverso se vogliamo accelerare l’offerta di questi servizi».
TECNOLOGIA E NORMATIVA
NO ALLE DUE VELOCITÀ
Lo stesso problema di “doppia velocità” tra evoluzione tecnologica e adeguamento normativo, è riconosciuto da un altro operatore bancario, Banca Popolare di Sondrio, rappresentato al tavolo dal suo responsabile per il governo del sistema informativo e innovazione, Marco Buratti. «Dobbiamo cercare di predisporre meglio il mercato verso questi strumenti. Se la tecnologia ha velocità e fluidità molto pervasive, l’attore bancario deve svincolarsi da time-to-market non abbastanza veloci. Il cliente corre dietro le tecnologie, si aspetta nuove cose, e sul versante offerta si rischia di non riuscire a stare al passo». Le aziende storiche di questo settore devono cambiare per contrastare la concorrenza di operatori over the top (OTT) capaci di agire in modo molto più tattico. «Occorre grande concentrazione su investimenti, ricorso a soluzioni quasi plug and play, e come si è visto in questi ultimi anni, forte cooperazione tra i vari attori per un più veloce time-to-market, puntando su situazioni capaci di generare fin da subito determinati volumi. Un esempio potrebbe essere costituito dagli strumenti P2P, per il trasferimento di fondi tra privati». Un modo per fare concorrenza a Paypal? Forse. «Magari introducendo strumenti innovativi sul nostro mercato» – ha risposto Buratti, subito confortato da Giulio Carmignato di Unicredit Business Integrated Solutions che ha ricordato i recenti test con soluzioni P2P “stile WhatsApp” che sfruttano l’infrastruttura europea SEPA. In Europa e fuori dall’Europa, ha aggiunto Buratti, le logiche vanno spesso nella direzione della disintermediazione dell’operatore bancario, che spesso viene coinvolto solo nella fase finale, quella che autorizza gli spostamenti dei soldi da un conto all’altro. «Penso per esempio a un operatore assicurativo che oggi può pensare di utilizzare formule pay per use su piattaforme proprie. In questo senso, c’è un enorme potenziale nella scatola nera a bordo delle auto, una tecnologia che generando molti dati può spalancare la strada a un mondo di servizi. Noi stiamo lavorando anche su concetti come il bancomat mobile per assicurare tutti gli aspetti di compliance. Anche per la cultura IT della banca, la mobilità rappresenta l’apertura di un fronte nuovo, un “terzo silos” di attività che si affianca a quello che è stato fatto per l’internet banking dei clienti aziendali e per l’home banking».
PMI, UNA NUOVA CULTURA DEL PAGAMENTO
A questo punto della discussione, ha preso la parola Daniele Melato, direttore area grandi clienti di Corvallis, sviluppatore e system integrator che vanta una lunga storia di collaborazione con il settore bancario e assicurativo. Melato fa anche parte della commissione che, in Confindustria, segue il mercato dei servizi di pagamento. «Tutte le idee di cui stiamo discutendo oggi ci vedono coinvolti in prima persona come fornitori di servizio» – ha esordito Melato, lamentando una situazione in cui, l’Italia – malgrado infrastrutture di rete di pagamento all’avanguardia in passato – «non è riuscita ad avere un ruolo di leadership in Europa, consentendo ad altri Paesi di fare evoluzioni che ancora, a mio parere, non sempre sono all’altezza del nostro sistema». A proposito della confusione di ruoli che domina in una fase in cui tutti sembrano volersi costruire strumenti di pagamento ad hoc, ha detto Melato, certe operazioni richiedono «logiche di sicurezza, connessioni con entità abilitate ad accedere a informazioni sui conti correnti, possibilità di effettuare operazioni di addebito e accredito immediato». E queste sono le caratteristiche del sistema MyBank, una piattaforma europea di pagamento e identità digitale cui aderiscono già circa 150 tra banche e operatori di servizi di pagamento (PSP) e sulla quale Corvallis sta sviluppando una serie di servizi. Anche qui, il messaggio rivolto al settore bancario italiano è chiaro: piattaforme come MyBank sono aperte a organismi che promuovono una cultura del pagamento autonomo e disintermediato rispetto ai circuiti tradizionali. Le banche devono muoversi se non vogliono perdere competitività. «Molte evoluzioni in questo settore riguardano i privati» – spiega Daniele Melato. «Non c’è ancora una cultura dei servizi tra aziende piccole e medie. In ambito SEPA, vedremo novità anche nell’ambito dell’acquisto online dei titoli. Nel giro di due o tre anni potremo fare operazioni oggi impensabili».
A questo punto della tavola rotonda, il dibattito si è animato da un proficuo scambio di esperienze e idee da parte dei responsabili tecnologici e finance di imprese di produzione e servizio, direttamente interessate al pagamento virtuale come tool non solo transazionale ma anche di “customer relation”. Il primo a intervenire è stato Remo Gattiglia, CFO del Gruppo tessile Miroglio, una realtà, spiega Gattiglia, che vende 18 milioni di capi di abbigliamento all’anno (di proprietà del Gruppo, per esempio i negozi dell’insegna Motivi). Miroglio può ritenersi soddisfatta di una percentuale di transazioni in elettronico pari al 60%, ma ritiene che i margini di miglioramento siano ampi, tra gestione della quota rimanente di denaro fisico e semplificazione dei processi di registrazione delle fatture. «Una normativa più stringente, sia sulla fatturazione, sia sull’incentivazione delle transazioni elettroniche darebbe immediatamente grossi vantaggi a tutti» – ha detto Gattiglia.
NEGOZI FISICI E VIRTUALI
UNA SOLA ESPERIENZA
L’intervento di Miroglio è diventato di estremo interesse quando Gattiglia si è addentrato nella descrizione della strategia commerciale del Gruppo, che punta moltissimo sull’integrazione delle esperienze online e offline. «Dobbiamo trasformare completamente la visione di negozio tradizionale. È giusto preservare quell’esperienza per determinati clienti, ma oggi, chi accede a uno dei mille negozi Miroglio ha sicuramente in tasca un dispositivo smart, si aspetta cose molto diverse». Il Gruppo pensa a servizi come un’offerta basata anche sulla conoscenza dei capi che il cliente ha acquistato in passato, e anche a una convergenza tra le funzioni sperimentate nei siti di e-commerce e le modalità di visita del punto vendita. Convergenza, conclude Gattiglia, che prevede anche l’eliminazione delle solite “aree cassa”, rimpiazzate da dispositivi e applicazioni che abilitano la stessa commessa a gestire la fase del pagamento della merce. Per Davide Surace, chief digital officer di Gruppo Effe 2005 (Feltrinelli), il sistema bancario dovrebbe adeguarsi in fretta ai criteri di immediatezza, approfondita conoscenza del cliente, flessibilità su cui i nuovi canali commerciali digitali costruiscono il loro crescente successo. «Noi digitali abbiamo una maggiore sensibilità nei confronti della experience e quello che vogliamo è ridurre al minimo i passaggi per i consumatori. Anche in Italia, Paypal è un caso di successo perché è riuscita in questa semplificazione». Dal racconto di Surace emergono i molti punti di forza, spesso semplici, della piattaforma di pagamento americana. Tra questi, il mero fatto di trasmettere al merchant sia le informazioni contabili sia le anagrafiche con l’indirizzo di spedizione della merce. «Per noi, produttori di contenuti digitali, è fondamentale un sistema che consente al cliente registrato di concludere tutto con pochi click. Surace ha fornito altri esempi di validi sistemi alternativi, come la recente iniziativa PowaTag, che vanta già 150 partner rilevanti in Italia, basato su tag di verifica del pagamento che possono essere trasmessi in formato grafico (QR Code) o audiovisivo, e ha messo l’accento anche sul grande fervore che altri player, come Google, stanno mostrando nei confronti dei pagamenti mobili. «Da incontri come questo – sottolinea Surace – mi aspetto che il sistema bancario ci dia una mano. Sui nostri siti possiamo integrare tutti i sistemi di pagamento che vogliamo, ma io devo chiedermi che credibilità possono avere? Con l’arrivo delle grandi banche italiane, il mondo dei pagamenti subirebbe una positiva accelerazione».
UN POS VIRTUALE PER L’ARTIGIANO
La storia degli ultimi anni insegna che nel mondo digitale, la credibilità si può costruire molto in fretta. E lo stesso Surace riconosce che il pubblico sembra essere “affamato” di soluzioni innovative al punto di essere disposto ad affidarsi a brand non ancora consolidati ma efficaci. Alla nostra tavola rotonda, Orlando Merone, fondatore, presidente & UxD di Solo ha interagito con i rappresentanti di alcuni tra le principali realtà bancarie nazionali e internazionali, ma la società di servizio da lui fondata, Solo, è una startup che ha solo un anno di vita. Solo, spiega Merone, ha sviluppato una piattaforma basata su un PSP francese. «Abbiamo in pratica realizzato una architettura di API il cui primo prodotto è un terminale POS virtuale che consente a professionisti, artigiani e piccole imprese di fatturare e ricevere un pagamento con carta di credito e debito, condividendo con il cliente un semplice link. Le richieste di pagamento possono essere inviate via mail, sms, WhatsApp, o essere associate a un QR Code». Tutto estremamente flessibile e a costo ridotto per il merchant. Merone afferma che il vantaggio di Solo sta nell’aver eliminato la necessità di terminali hardware e di costose registrazioni. Con Solo il venditore deve semplicemente ottenere un identificativo utente. Il sistema crea un wallet elettronico verso cui il payment service provider farà confluire i fondi che gli acquirenti autorizzeranno, sempre con pochi click, dalle loro carte di pagamento. Dal wallet, il denaro può essere trasferito al conto corrente di appoggio. «Il nostro obiettivo era andare incontro a un’ampia fascia di commercianti che pur non disponendo di un POS, che magari non possono permettersi di avere, si trovano a dover accettare pagamenti elettronici. La nostra soluzione è semplice, trasparente, richiede una unica fee di utilizzo, da versare solo quando si usa il sistema». Un altro modo, insomma, per contribuire a fare “cultura di innovazione pratica” e promuovere strumenti che prestissimo, sostiene Merone, diventeranno ordinari».
A dispetto del loro potenziale futuro, tutti gli strumenti al centro del dibattito, al momento devono calarsi in una realtà che mostra evidenti sacche di resistenza. Lo ha ricordato Nicola Gasperini, amministratore delegato di HSE24, il canale televisivo interamente dedicato allo shopping. «Studio il settore da 15 anni e dal punto di vista dei pagamenti non sono cambiate molte cose. I nostri clienti sono bravissimi con la multicanalità, ma lo strumento dominante quando si tratta di pagare è il contrassegno». E la conseguenza di questo squilibrio, ha precisato Gasperini, costi a parte, è anche un margine più elevato di merce non consegnata, che si traduce in un mancato incasso. «Per HSE24, il solo pagamento con carta di credito potrebbe significare il 5% di consegnato in più» – ha spiegato l’AD, aggiungendo che i tentativi di incentivare formule diverse, anche attraverso sensibili sconti sul prezzo finale, non hanno dato i risultati sperati. Una situazione sorprendente se si pensa, ha concluso Gasperini, che il cliente delle televendite dimostra di apprezzare la multicanalità della relazione, segue le aste sullo schermo tv, utilizza il web per approfondire: il cliente multicanale, secondo valutazioni interne, arriva a spendere tre volte più della media.
IL DOMINIO DEL CONTRASSEGNO
La spesa in contrassegno, tuttavia, non è affatto legata al target di vendita, che nel caso di HSE24 è molto femminile. Edenred, il gruppo leader sul mercato dei buoni pasto (suo il celeberimmo brand Ticket Restaurant), osserva dinamiche molto simili nella relazione con i suoi clienti, le aziende che acquistano i blocchetti di buoni pasto cartacei. Davide Blanchetti, ICT manager della società, ha rilevato le stesse forme di avversione nei confronti di strumenti di pagamento alternativi, almeno fuori dalla cerchia delle grandi organizzazioni, molto più orientate a processi strutturati e automatizzati. «Anche noi, per questo stesso motivo, abbiamo avviato progetti di facilitazione dell’acquisto online dei buoni». Ma l’aspetto della dematerializzazione interessa particolarmente a Edenred là dove la sostituzione della carta riguarda non tanto la transazione commerciale col cliente, ma il buono pasto stesso, in un settore che si sta chiaramente spostando verso modalità di “couponing” e di buoni elettronici. «La tecnologia era pronta qualche anno fa su cose più classiche come le card – oggi – è abilitante su modi ancora più virtualizzati» – ha affermato Blanchetti. «Ma questa tecnologia dev’essere supportata dalla normativa. Un esempio su tutti, da luglio di quest’anno entra in vigore in Italia la defiscalizzazione del ticket elettronico a sette euro (margine più ampio di quello riservato al ticket cartaceo – ndr). Molte aziende che hanno il cartaceo saranno propense allo spostamento verso l’elettronico, o almeno così auspichiamo perché siamo orientati a questo stesso modello di business. Il binomio normativa e tecnologia deve procedere di pari passo. Lo vediamo nel campo del mobile POS: una spinta molto forte che non è ancora adeguatamente supportata».
IL PAGAMENTO È MOBILE
Il grande tema del pagamento in mobilità non può non coinvolgere un brand dominante come Samsung Electronics. Il colosso coreano, fresco del lancio della propria piattaforma di pagamento mobile, Samsung Pay, è intervenuto attraverso il suo product & solution director in Italia (dove il brand ha circa il 70% di quote di un mercato stimato in 20 milioni di smartphone venduti ogni anno), Antonio Bosio, il quale ha messo in evidenza lo sforzo compiuto per abilitare, a livello di terminale utente, tutte le applicazioni emerse nel corso della discussione, spesso affrontando grossi dilemmi di posizionamento di prezzo. «Un esempio è la tecnologia NFC, che abbiamo scelto di implementare anche nei dispositivi entry level, nonostante la loro bassa marginalità». Dal punto di vista di Samsung, ha continuato Bosio, il vero digital divide non riguarda le questioni infrastrutturali o di disponibilità di banda. Il tema riguarda piuttosto i servizi, potenzialmente accessibili, ma sottoutilizzati. «Ci sono persone che hanno una grande alfabetizzazione tecnologica ma per motivi propri, diversi, semplicemente non utilizzano, non vogliono utilizzare le app» – ha detto Bosio. «I dati rilevati dai nostri clienti dicono che in media se ne installano trenta su ogni smartphone, ma solo cinque sono quelle veramente sfruttate. Contro questo fenomeno, dobbiamo adottare un approccio di sistema. Quello per silos verticali, in cui ognuno si fa le proprie cose, non semplifica la vita degli utenti». Per contribuire a questa visione più integrata, ha ricordato ancora Bosio, Samsung non sta facendo leva solo sugli smartphone: anche la componente smart tv assume una importanza crescente. «Infine, il pagamento digitale non deve essere percepito come eccezione in un mondo che rimane fisico. Per questo Samsung concepisce diverse soluzioni professionali verticalizzate sul commercio retail, per favorire un’esperienza utente che non diventi digitale solo nel momento di effettuare il pagamento».
Anche Francisco “Paco” Souto, CIO di Alpitour, ha osservato la presenza di una barriera culturale a un impiego più disinvolto di strumenti virtuali, riconducendoli in parte anche a una problematica finora ignorata dal nostro panel: la fiscalità. «A una transazione commerciale corrisponde l’emissione di una fattura e questo semplice meccanismo non è ancora calato completamente nella realtà italiana. Poi, c’è la realtà legislativa. Il legislatore è sempre indietro e non parlo solo delle norme relative al pagamento in sé, ma di privacy, di tutte le operazioni al contorno di una transazione, sempre troppo complessa. Ho vissuto lunghe esperienze in Spagna, Portogallo e anche qui in Italia: le cose non cambiano mai molto e questo mi preoccupa». Alpitour movimenta qualcosa come 600mila viaggi all’anno e nei momenti di picco si supera la soglia di mille pratiche di viaggio accese al giorno. «La relazione con il cliente non si esaurisce con il pagamento, ma esiste – secondo Souto – un prima, un durante e un dopo». Si tratta, ha osservato ancora il CIO di Alpitour, di clienti che ancor più che “multicanali” sono ormai “omnicanali”. «Il cliente comincia da un canale, passa all’altro, rientra da un’altra parte. E Alpitour alterna continuamente tra transazioni B2C e B2B». Un contesto sfidante, che non vede ancora la luce di una autentica semplificazione. Souto ha citato alcune delle difficoltà che rendono i suoi processi interni una corsa a ostacoli, dal problema dei limiti di importo sulle carte di credito ai costi di integrazione che Alpitour deve affrontare per poter garantire al cliente l’accesso a diversi strumenti e circuiti, «perché manca una singola figura di incumbent che possa agire da intermediario». C’è anche un’osservazione che riguarda la scarsa propensione all’uso di servizi e app. Souto ha rilevato una preoccupante mancanza di consapevolezza, tra i consumatori, in materia di sicurezza dei dispositivi mobili e ha concluso il suo intervento citando anche il problema dei costi della connettività mobile.
TANTI PLAYER, UN SOLO CLIENTE
In chiusura di tavola rotonda, è arrivato l’intervento di Alessandro La Rocca, head of the organizational structure innovation plans and sales integration – strategic planning head office di Trenitalia Gruppo FS. Forte di una lunga esperienza di digitalizzazione delle relazioni con gli utenti dei grandi player del mondo dei trasporti, avendo anche gestito la realizzazione del primo sito di e-commerce di Alitalia, La Rocca è in grado di delineare una efficace sintesi dei nodi che si frappongono alla creazione, in Italia, di un vero sistema integrato e convergente di e-, mobile- e physical commerce. Apprezzando il fatto che il dibattito ha definitivamente sancito la necessità per aziende e organizzazioni di avere dei responsabili infrastrutturali capaci di parlare anche il linguaggio del business, La Rocca ha evidenziato l’opportunità di calare la maschera su un’ipocrisia di fondo che si aggiunge ai diversi problemi tecnici, di regolamentazione di privacy. Questa ipocrisia si chiama frammentazione. Tutte le aziende affermano di vedere il cliente al centro, ma è un cliente che viene passato di mano in mano come pacco sigillato, di cui ogni volta bisogna ricostruire la storia. «Le normative in vigore fingono di considerare esclusivo il rapporto che ho con il mio cliente. Peccato che dopo mezz’ora, questa stessa persona diventa cliente di un altro, e di un altro ancora. Abita sempre nella stessa via, ha in tasca le stesse carte di credito, che fanno riferimento allo stesso conto corrente. Dobbiamo finalmente decidere quali devono essere gli standard per una autentica “interoperabilità” del cliente» – ha esortato La Rocca. Solo la possibilità di mettere a fattore realmente comune anagrafiche e informazioni sul comportamento del consumatore può aprire la strada a un nuovo sistema di relazione tra fornitore e cliente. «Il tipping point è spingere verso una normativa che consenta di condividere i dati in maniera sicura e controllata dall’utente, per gestire il cliente quando ha scelto di entrare in un negozio Samsung o in una boutique Miroglio, con semplicità e naturalezza. E se proprio qualcuno vuole pagare cash pagherà in contanti». Il vettore, ha concluso La Rocca, sta seguendo diversi progetti ispirati a uno scenario condiviso, come carte regionali che consentono di usufruire di treni e trasporti locali con un unico documento di viaggio elettronico, o un ambizioso piano per la conversione del valore dei punti di fidelizzazione che davvero consenta al titolare di fidelity card di usufruire di premi e sconti nell’intero ecosistema dei partner di questo programma Trenitalia.
Chissà che da un incontro come questo, così vivace e informativo, non possano scaturire future iniziative capaci di favorire la nascita di una vera e propria piattaforma integrata e di una vision condivisa. Un manifesto per il commercio del futuro.