Conclusa l’anteprima stampa della fiera tecnologica di Berlino restiamo con l’amaro in bocca. Latitano i grandi annunci e l’IoT non è più una novità
Bastano un paio di nuovi smartphone a giustificare un evento importante come l’IFA? No, per nulla. Ci chiediamo allora cosa ci sia dietro il clamore suscitato dalla kermesse di Berlino che più di un appuntamento concreto per addetti ai lavori e appassionati si sta trasformando in uno specchio in cui le aziende più importanti si riflettono per ricordarsi quanto siano brave e belle. Non fraintendete: qualcosa di buono che possa segnare una via per il futuro c’è ma il difficile momento economico avvertito a livello europeo e ultimamente asiatico spinge i brand più a conservare il proprio nome che a slanciarsi verso altri lidi, quelli che portano alla vera innovazione.
Poco di nuovo
Sony ha mostrato la nuova gamma mobile Xperia Z5, in versione classica, compatta e premium; Huawei un orologio; Acer, Asus, LG e Motorola hanno invece dedicato parte del loro lavoro al refresh di modelli esistenti, migliorati nell’estetica e nel software, meno dal punto di vista hardware. Tutto qui? No di certo: abbiamo visto lavatrici con due sportelli indipendenti, massaggiatori da viso che ricordano il volto dell’utente grazie ad un chip NFC, schermi giganteschi da 8K e rilevatori del sonno. L’evidenza è che l’interesse dei produttori si stia lentamente spingendo verso prodotti diversi, non più racchiusi nel palmo di una mano ma aperti al mondo che ci circonda; in una sola parola si fa largo l’IoT. Ma non ne avevamo già parlato nel 2014, forse nel 2013? La risposta è si ma solo oggi vediamo il concretizzarsi di quelle che diversi mesi fa erano idee sparse. L’Internet degli oggetti si affaccia al panorama consumer nelle vesti di orologi che parlano con le luci della cucina, termostati che dicono alle veneziane di aprirsi e lampade che scrutano le ore in cui dormiamo, e come dormiamo. Non sarebbe nemmeno corretto parlare di oggetti visto che è la vita stessa ad essere tutta connessa; offline non è rimasto più nulla, nemmeno i bicchieri.
Colpa del web
L’Ifa di Berlino ci lascia inevitabilmente l’amaro in bocca, una sensazione di “poteva essere ma non è stato” per tanti motivi. Tra questi non possiamo non citare la rete. La velocità e la mole di notizie che arrivano ogni giorno da internet hanno abituato le persone a sapere tutto e subito, senza necessità di attendere un appuntamento localizzato per scoprire cosa bolle nella pentola dei marchi più famosi dell’hi-tech. Siamo arrivati in Germania sapendo quasi tutto ciò che avremmo visto, di sorprese ne sono rimaste davvero poche; ed è proprio la sorpresa ad alimentare i sogni di chi mangia ogni giorno chili di tecnologia. Del resto senza ali si resta a terra, anche a Berlino.