No al revenge porn, siamo Microsoft

Dopo Google anche il big di Redmond rimuove i link che rimandano a foto sconce pubblicate per vendetta senza il consenso dei ritratti

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Era solo questione di tempo, dopo Google anche Microsoft si è decisa a schierarsi apertamente contro il revenge porn online, ovvero la pratica messa in atto da ex fidanzati, coniugi e amanti per vendicarsi della metà, pubblicando in rete immagini in situazioni a dir poco imbarazzanti. La lotta contro la messa in mostra di contenuti hard senza il consenso dei soggetti ritratti prevede una richiesta da parte delle vittime che potranno contattare Microsoft per far rimuovere i risultati di ricerca di Bing che indirizzano ai contenuti illeciti.

Internet contro i violenti

La conseguenza della rimozione non riguarderà solo Bing ma anche i file condivisi su OneDrive, il cloud di Microsoft, e Xbox Live, la piattaforma utilizzati dai giocatori di Xbox 360 e Xbox One. Come per Google, Redmond non eliminerà le foto direttamente dal sito dove sono pubblicate ma toglierà di mezzo i link condivisi che puntano alle immagini. Jacqueline Beauchere, capo dell’ufficio di Microsoft per la sicurezza online ha scritto sul blog ufficiale: “Purtroppo il revenge porn è in crescita in tutto il mondo. Può danneggiare praticamente ogni aspetto della vita di una vittima: relazioni, carriera, attività sociali. Nei casi più gravi e tragici ha anche portato al suicidio”. L’impegno di Microsoft è dunque quello di preservare la credibilità del proprio motore di ricerca ma anche l’incolumità di chi lo utilizza. E’ evidente che un web libero deve essere privo di ristrettezze ma anche di ogni possibile abuso dello strumento, come le azioni ricattatorie da parte di navigatori nei confronti di altre persone, Nei mesi scorsi anche altri big, tra cui Twitter e Reddit sono scesi in campo contro l’incalzare del fenomeno revenge porn, con il blocco delle utente per chi pubblica materiale non consentito e lesivo della privacy degli iscritti.

Leggi anche:  Meta compie un altro passo verso la traduzione multimodale IA