Un convegno IDC esplora, insieme a un gruppo di vendor e service provider, le opportunità e le problematicità del mobile business in un contesto di adozione ormai in linea con le medie europee
La mobilità, del lavoratore e delle informazioni, non è più uno scenario futuribile ma una realtà con cui le imprese devono fare i conti fin da oggi. A Bologna con Mobiz, Mobility Forum 2015, IDC cerca di fare il punto, insieme a un gruppo di partner dell’industria della tecnologia, dell’integrazione e della sicurezza, sullo stato dell’arte del mobile business italiano. Tutti d’accordo sulle grandi opportunità – di innovazione e crescita – offerte da un lavoro che con le sue attività e relazioni non è più vincolato al tradizionale spazio della scrivania in ufficio. Ma gli analisti IDC, a Bologna rappresentati da Daniela Rao, Tlc Research & Consulting Director e Gabriele Roberti, Senior Research & Consulting Analyst, che hanno aperto la mattinata, avvertono anche che tutte queste opportunità non si possono cogliere senza pianificare una strategia di trasformazione su misura, che parta dalle specificità di un’impresa e dai suoi punti di forza, per delineare la corretta modalità di adozione. Con in mente un preciso obiettivo: non limitarsi a “mobilizzare” le procedure che l’azienda pratica da sempre, ma reingegnerizzare questi processi sulla base di tecnologie che abilitano un diverso modo di lavorare.
Videointervista a Giampiero Savorelli, PC Category Director, HP Printing & Personal Systems Group
«Il comparto delle soluzioni hardware e software per la mobilità» ha detto Roberti in apertura del convegno, «continua ad avere andamenti positivi. Se è vero che device considerati ormai tradizionali, come smartphone e tablet, nell’ultimo anno crescono in modo meno marcato, ciascuno del 5%, è molto cresciuto in questo ultimo anno l’interesse nei confronti dei cosiddetti “due in uno”, i portatili convertibili e utilizzabili come tablet che crescono del 38%.» Al tempo stesso, ha ricordato l’analista, solo un dispositivo su cinque può essere ufficialmente considerato “aziendale”: la mobilità è considerata dal singolo lavoratore come una sorta di diritto e prerogativa individuale. In Italia vengono ormai censiti oltre 30 milioni di dispositivi mobili, con una decina di milioni di potenziali lavoratori, in continua crescita (ormai oltre il 70 dei lavoratori si trova a operare anche fuori dall’ufficio o con apparati mobili), questo significa che ognuno, in media, ha in tasca tre o quattro device.
Videointervista a Peter Elmer, Security Engineer, Check Point Software Italia
Come governare il fenomeno? Roberti ha ricordato che persino sul piano normativo, le ultime disposizioni sul jobs act prevedono la possibilità di instaurare un rapporto diverso, più specifico, tra impresa e dipendenti mobili. Questo determina un terreno molto favorevole alla messa in atto di misure di trasformazione, che di fatto stanno già avvicinando l’Italia a una soglia di adozione di app enterprise molto vicina alle medie europee: almeno una azienda su cinque ha già dotato di applicazioni la propria forza lavoro, con un predominio di app di tipo finanziario, CRM o più specificatamente settoriali. «Ci sono quattro aree di interesse nell’immediato – ha concluso Roberti. Una si riferisce alle modalità di gestione di apparati e app nell’ambito delle attività professionali e qui si sta osservando una fase interessante, di passaggio da un approccio Byod, in cui sostanzialmente il lavoratore continua a usare il proprio apparato, a un più moderno, e in linea con la tradizione, Cope: corporate owned, personal enabled.» Altre tematiche riguardano la produttività del lavoro mobile, la sicurezza e la compliance e un conseguente spostamento dell’asse di focalizzaione. Dal dispositivo in sè, al contenuto cioè le applicazioni e i dati, in una ottica culturalmente più “cloud”.
Videointervista a Fabrizio Falcetti, Business Program Manager, Fujitsu Italia
Dopo Roberti è intervenuta Daniela Rao, che ha subito sottolineato, a corollario dell’introduzione del collega, l’importanza in Italia e in Europa, del mercato delle soluzioni di Mobile device management. «Nel 2018, IDC stima che questo mercato varrà 405 milioni di euro» ha detto la responsabile del settore Tlc che si è poi soffermata sull’argomento del ciclo di maturità delle strategie di trasformazione digitale. «Anche qui, le aziende italiane si dimostrano abbastanza allineate alle medie continentali – ha detto la Rao. Le differenze si rilevano soprattutto a livello di dimensione delle organizzazioni: le piccole imprese sono effettivamente in una fase più arretrata». Il modello di studio applicato da IDC è suddiviso in cinque fasi, partendo dalle situazioni in cui la mobilità viene adottata in modo molto sporadico, a richiesta, passando poi per lo stadio “opportunistico”, quello della “ripetibilità” delle soluzioni, dello scenario ormai sotto controllo, “managed” e infine la fase dell’uso pienamente ottimizzato. «È da notare come soprattutto nelle fasi due e tre, l’azienda che si trasforma registra il maggior boost in termini di aumento di produttività e ritorno sugli investimenti. Se ormai le grandi imprese in Europa si avvicinano mediamente alla quarta fase, le piccole sono un po’ indietro, già oltre la due ma con un parte importante di cammino ancora da percorrere».
Videointervista a Carmine Stragapede, Direttore Generale, Intel Italia
Questo significa, ha concluso la Rao, che per il mondo imprenditoriale italiano restano ancora cinque anni di navigazione “sulla frontiera della rivoluzione”. Per i CIO e i responsabili delle tecnologie all’interno delle imprese, le principali aree di impegno saranno rappresentate dalle necessità di integrazione negli ambienti legacy, dalla sicurezza e compliance, nonché dalla compresenza di ambienti operativi diversi, dalle decisioni sui modelli Byod o Cope, dalla personalizzazione e la reingegnerizzazione delle app. «Saranno cinque anni in cui i giochi non potranno dirsi definitivamente chiusi. Assisteremo ancora a una certa frammentazione di iniziative, si creeranno molte opportunità per i vendor, i solution provider, gli sviluppatori di applicazioni. Uno scenario stimolante che si aprirà certamente a fenomeni tutti da esplorare.»