Li chiamano “nativi” del computer, ma i nostri figli mostrano una disarmante passività davanti allo schermo. Con la sua didattica ludica e creativa, Master Coder vuole trasformarli in attori consapevoli del loro futuro digitale
L’ha detto anche il presidente Obama quando ha esortato gli americani a insegnare ai loro figli a programmare il computer. Con Master Coder volevate cogliere questo invito? Massimo Fubini, ideatore di questa peculiare realtà del mondo della formazione mirata a promuovere la cultura digitale tra i giovanissimi, esita brevemente, sorride. E sempre scherzando, nega anche che i suoi corsi di programmazione, robotica e elettronica “per makers” rigorosamente under 15 possano essere una strategia di lungo periodo escogitata per coltivare in proprio un bacino di cervelli cui attingere per la sua ContactLab, l’azienda (oggi di oltre 140 persone, con 25 posizioni aperte all’assunzione) da oltre quindici anni focalizzata sulle tematiche del direct marketing e più in generale dell’engagement digitale dei consumatori. «No, Master Coder nasce innanzitutto dall’osservazione dei miei tre figli e del loro modo totalmente passivo di utilizzare i dispositivi digitali, come se non fossero loro a giocare con l’iPad ma l’iPad a “giocarli”».
Fubini – ed è difficile dargli torto – sostiene che annoverare i giovani nati intorno o dopo la svolta del millennio tra i “nativi digitali” è quanto mai fuorviante perché «se poi li vediamo interagire con il computer non si comportano mai come attori, sono al massimo dei fruitori digitali. Personalmente mi piacerebbe che, dovendo utilizzare questi strumenti tutti i giorni, almeno potessero decidere se farlo in modo attivo». Altra fonte di ispirazione per la sua innovativa scuola di software – aggiunge il fondatore e CEO di ContactLab – è il confronto con il metodo Montessori, la scuola che Fubini ha scelto per i suoi figli. «Non fanno nulla di specifico sul digitale, ma è bellissimo il modo in cui affrontano l’insegnamento, senza lezioni frontali, ma con tanta volontà di far appassionare i bambini».
Learning by doing
Con il suo lavoro di esperto di interazione e comunicazione digitale, Fubini si è sempre occupato di metodologie di formazione, portando in ContactLab una cultura di learning by doing che coinvolge lo stesso personale dell’azienda in una attività di reciproco insegnamento tra pari. Nel progettare Master Coder, ha continuato a guardarsi in giro, trovando in effetti alcuni esempi interessanti di didattica informatica rivolta ai pre-adolescenti. Uno dei suoi figli, racconta, ha partecipato a una iniziativa della Digital Accademia di Riccardo Donadon, un’esperienza che, sottolinea il genitore, ha cambiato molto il suo modo di avvicinarsi ai videogame. Ma l’offerta, in questo ambito, continuava a essere molto limitata. «Nell’area geografica milanese ho incontrato solo CoderDojo, un circuito internazionale non profit che ha l’obiettivo di insegnare i fondamenti del coding nel corso di una full immersion di un paio d’ore, curata da volontari. Ho avuto insomma l’impressione di un vuoto da colmare in termini di formazione più strutturata, con una didattica che è però ancora tutta da costruire».
Come nasce
Master Coder, che nasce comunque come una vera e propria startup, con un suo piano di business, ha una ambizione diversa, molto più orientata all’idea di un nativo digitale che non si limita semplicemente ad apprendere un linguaggio di programmazione, ma studia – possibilmente divertendosi – come affrontare un problema in modo algoritmico: scomponendolo in tanti pezzi, analizzando le relazioni, i collegamenti tra le diverse parti, ricomponendole per trovare la soluzione. «Non vogliamo insegnare a programmare, anche se utilizziamo cose come la robotica, linguaggio Scratch, l’elettronica molle, i LittleBits. Questi strumenti non sono il fine, ma il mezzo». Master Coder è una scuola di logica per bambini e ragazzi. Una scuola che si serve, tra gli altri, di linguaggi come Scratch (sviluppato dal Mit di Boston proprio per insegnare il software attraverso il gioco e il divertimento) – per guidare i giovani allievi nella “retroingegnerizzazione” dei videogame e nella realizzazione di giochi e funzionalità nuove, finalmente personalizzate. Lo scopo, conferma Fubini, è far entrare i cosiddetti nativi digitali «in una modalità di logica causa-effetto, di problemi che si possono risolvere con la programmazione».
L’offerta didattica
Costituita da pochi mesi, Master Coder è partita ragionando molto sui metodi da adottare, sulla scelta degli argomenti da introdurre durante le lezioni, i problemi da analizzare e risolvere. Una fase di studio e sperimentazione, spiega Fubini, che ha attinto a una vasta letteratura didattica non necessariamente mirata alle tematiche digitali, ma facilmente adattabile a questo contesto. «Abbiamo iniziato mesi fa, in forma sperimentale, coinvolgendo i figli dei dipendenti di ContactLab, partendo anche dall’esperienza che avevamo fatto con CoderDojo». Da qui è nata una prima offerta “live” da proporre a un mercato costituito dalle famiglie ma soprattutto dalle scuole, per ora essenzialmente quelle private, più libere di scegliere e decidere. Le lezioni-gioco della scuola di Master Coder sono modulari, con blocchi costituiti da più moduli di circa due ore. Prima dell’estate, partirà una prima serie di cinque moduli monotematici per la quale sono già state raccolte diverse prenotazioni. A settembre, Fubini pensa di offrire corsi più estesi, di una decina di moduli. La fascia d’età ottimale è quella compresa tra i 7 e i 14 anni e se in fase di iscrizioni nessuno fa differenze tra maschietti e femminucce, Fubini riconosce che uno degli aggiustamenti che Master Coder dovrà mettere a punto, riguarda proprio i temi e la programmazione dei corsi, che dovranno essere attraenti e stimolanti per tutti.
Progetti
I corsi sono a pagamento, ma Master Coder ha un business model più articolato e di ampio respiro. «Da un lato – spiega Fubini – contiamo di costruire un modello che sia replicabile altrove, con una formula simile al franchising, in modo da poter offrire a potenziali provider una base su cui costruire la propria offerta». Accanto a questo filone, Master Coder intende esplorare una serie di progetti di natura più editoriale, in supporto a una didattica tanto innovativa da non potere ancora disporre di strumenti come libri di testo e ausili. «Non pensiamo soltanto a strumenti basati direttamente sul computer, ma anche a prodotti “unplugged” come libri, schede didattiche, fumetti». Al momento, conclude Fubini, non sono previste vere e proprie campagne pubblicitarie. L’entusiasmo dei piccoli allievi alle prese con la divertente interfaccia di Scratch, o con il lego elettronico dei LittleBits, la loro voglia di raccontare la loro esperienza ai genitori e agli amici, è un motore promozionale molto potente. Imparare, dopotutto, è ancora il gioco più bello del mondo. Peccato che la scuola normale l’abbia dimenticato.