Poveri americani che ancora si crucciano con le solite storie sulla cybersecurity: vengano da noi a imparare, tra una slide e un tramezzino
L’otto maggio, il portavoce del Dipartimento di Stato USA Jeff Rathke ha dichiarato che la Cina si è avvalsa di una imponente capacità offensiva di carattere cibernetico per interferire sulla possibilità degli utenti Internet di tutto il mondo di accedere a risorse informative ospitate da server collocati fuori dalla Repubblica Popolare. L’asserzione non è campata per aria e prende spunto dagli esiti delle ricerche di esperti, secondo i quali la Cina avrebbe dirottato il traffico della Rete verso apparati attivi nel proprio territorio per poi reindirizzarlo in maniera massiva verso siti web americani bersaglio di attacchi e di tentativi di messa in fuori servizio. A marzo, infatti, una serie di ripetuti blackout a intermittenza sarebbero partiti dal motore di ricerca cinese Baidu, andando a colpire – per esempio – la versione in lingua mandarina del New York Times.
E’ la storia del sistema di aggressione digitale chiamata “Great Cannon”, ben conosciuta dagli addetti ai lavori, ma la cui pericolosità è stata recentemente confutata dal professor Jon R. Lindsay del Belfer Center dell’università di Harvard.
In un recente briefing, Lindsay ha rimarcato che un programma di ricerca e sviluppo avviato nel 2012 dalla Defence Advanced Research Programs Agency (DARPA, quella che quarantasei anni fa – senza la superflua D indicante la Difesa – è stata, con ARPAnet, la progenitrice di Internet) evidenzia un “vantaggio crescente” degli Stati Uniti rispetto la potenza di Pechino. Gli USA – con un significativo apporto dell’industria privata – avrebbero “switchato” il loro assetto da difensivo a offensivo, raggiungendo livelli di operatività significativi e proporzionali all’armonico sviluppo che negli anni le Forze Armate hanno maturato nel settore.
Le riflessioni di Lindsay sottolineano invece un interesse cinese a incrementare la propria cyber-potenza con obiettivi più politici che militari. Le incursioni telematiche della Repubblica Popolare avrebbero lo scopo di contrastare il dissenso che si muove troppo velocemente in Rete e di carpire segreti industriali e commerciali dagli avversari. A leggere uno degli ultimi numeri di The Science of Military Strategy, si ha una prospettiva differente. L’Esercito di Liberazione Popolare cinese ha indubbiamente grande potenza di fuoco online, conta sull’appoggio dell’intelligence e della componente civile del governo, non fa mistero del suo impegno a bersagliare le infrastrutture critiche (come reti elettriche e oleodotti) dei paesi “nemici”. Allo schieramento in uniforme si affiancano piccole, ma aggressive squadre di incursori che prediligono obiettivi industriali, come l’unità Axiom, sospettata di intrusioni a danno di aziende ricomprese nell’elenco di Fortune 500, nei confronti di associazioni libertarie e contro organizzazioni di diritti civili.
La lunga premessa della nostra chiacchierata è ovviamente strumentale. Mentre negli altri angoli del mondo, si ragiona sulla situazione e si cerca di capire quale possa essere la prossima mossa su uno scacchiere non meno preoccupante dello scenario tradizionale mediorientale infestato dall’ISIS, dalle nostre parti l’argomento fluttua nella più serafica indifferenza. Si continuano a fare convegni, a proiettare slide di inutilità commovente, a ripetere filastrocche che anche un bimbo si rifiuterebbe di recitare, ci si scambiano bugie sugli entusiastici progressi compiuti dal precedente seminario. E quando ci si allontana dal palcoscenico – in cui personaggi di rilievo ufficiale in una decina di minuti hanno recitato ciascuno, più o meno egregiamente, la loro parte – l’unico commento che i partecipanti faranno con sincerità riguarderà la qualità e l’assortimento del buffet offerto da un immancabile e “disinteressato” sponsor. Se mai succederà qualcosa (e speriamo che la fortuna continui ad accompagnare il nostro percorso), potremo dare la colpa al tramezzino “funghi e carciofini” notoriamente indigeribile…
PS: Ma mi chiedo, perché un governo così concreto non vieta quei tramezzini e celebra con qualche tweet un risultato così importante?