Data integration self-service. Miglioramento della produttività o caos totale?

mike ferguson

L’impatto sulla governance dei dati in azienda e nuove modalità di integrazione tra IT e utenti business

Negli ultimi due anni, abbiamo visto molte aziende andare oltre i data warehouse tradizionali per adottare tecnologie Big Data. Nella maggior parte dei casi il motivo è semplice: hanno bisogno di rimanere competitive, acquisendo più dati per avere nuove visioni d’insieme, per esempio sui clienti. Tra gli esempi di tali dati si possono citare gli open data delle pubbliche amministrazioni, le email inviate dai clienti, i dati dei social media, i clickstream e altro. Potrebbe anche trattarsi di avere più dati sui prodotti, sull’utilizzo dei prodotti o delle infrastrutture, come per esempio i dati dei sensori e quelli generati dalle macchine.

TI PIACE QUESTO ARTICOLO?

Iscriviti alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato.

Tutti questi esempi riguardano dati che in genere non si trovano in un data warehouse. Inoltre, gran parte di questi nuovi dati è differente dai dati strutturati in un data warehouse. Questi nuovi dati sono spesso multi-strutturati in termini di tipi di dati, hanno grandi volumi e possono essere generati o creati a tassi molto elevati, fatto che li rende molto più difficili da catturare, preparare e analizzare. Non solo: con un numero sempre maggiore di fonti di dati, c’è un enorme bisogno di accelerare la preparazione dei dati e di contare non solo sull’IT per fare tutto.

Gestire i dati in autonomia

A questo scopo, è emersa la nuova tecnologia di integrazione dei dati self-service, rivolta principalmente ai data scientist e ai business analyst, per aiutarli a preparare e integrare i propri dati senza necessità di coinvolgere l’IT.

Sono tre le modalità principali di questa nuova tecnologia di integrazione dei dati: come strumenti stand alone di integrazione dei dati self-service; come funzionalità di integrazione dei dati self-service inserite in strumenti self service di visual discovery di BI e in Microsoft Excel; come nuova opzione per gli utenti business che fa parte di una suite di strumenti di Enterprise Information Management.

Esempi di prodotti della prima categoria sono Paxata, Tamr e Trifacta, mentre tra i vendor con funzionalità di integrazione dei dati self-service inserite in strumenti self service di visual discovery vi sono Datameer, MicroStategy e Tableau. Anche Microsoft Excel 2013 è dotato di funzionalità self-service di integrazione dei dati con PowerQuery. Infine, tra gli esempi di integrazione dei dati self-service come parte di una piattaforma EIM consolidata vi sono IBM DataWorks, Informatica Rev e in una certa misura anche SAS Data Loader for Hadoop.

Leggi anche:  Breve storia dell’ingegneria dei dati. Linguaggi di programmazione e terreni minati

Più in dettaglio, gli strumenti stand-alone di integrazione dei dati self-service sono emersi in cima a Hadoop e hanno interfacce utente semplificate per renderli più agevoli da usare e più interattivi. Per esempio, Trifacta utilizza un meccanismo denominato interazione predittiva in cui l’utente non ha bisogno di specificare nel dettaglio la trasformazione dei dati. Invece, gli utenti evidenziano le caratteristiche di interesse nella visualizzazione dei dati (come per esempio, il testo che vogliono estrarre da un documento) e, in base a ciò che un utente seleziona, i metodi predittivi suggeriscono una varietà di possibili passi successivi di trasformazione dei dati. Queste trasformazioni vengono classificate in ordine di più alta probabilità di trasformazione che l’utente intende effettuare successivamente. L’utente decide poi il miglior passo successivo e la trasformazione scelta viene poi compilata in un linguaggio che può essere eseguito in parallelo su Hadoop. Per accelerare e guidare la pulizia dei dati, gli strumenti di integrazione dei dati self-service supportano anche la profilazione automatica dei dati. Inoltre, gli utenti possono cliccare su un elenco a discesa associato a ogni colonna e selezionare la trasformazione di pulizia dei dati appropriata per migliorare il profilo di qualità dei dati. Paxata in questo caso compila trasformazioni da eseguire come codice su Spark, che esegue in parallelo su tutti i nodi di dati Hadoop dove il set di dati risiede. Anche tutte le misure adottate dagli utenti vengono registrate in modo che la traccia dei metadati sia disponibile per scoprire come sono stati trasformati i dati, permettendo anche di annullare facilmente le trasformazioni, tornando sui propri passi senza problemi.

Assemblare i dati da più fonti

Il secondo approccio per quanto riguarda l’integrazione dei dati self-service è di incorporare questa funzionalità in strumenti di visual discovery, per consentire ai business analyst di connettersi e “assemblare” i dati da più fonti per rispondere a specifiche domande di business. Tuttavia, sono state aggiunte ulteriori funzionalità in strumenti self-service di visual discovery per aiutare gli utenti a pulire e integrare i dati provenienti da molteplici fonti.

Leggi anche:  Come migrare il data warehouse in cloud. Ecco tutte le domande chiave per una migrazione di successo

L’ultima categoria è quella delle piattaforme EIM estese per dare l’integrazione dei dati self-service agli utenti business oltre a quelli dell’IT. In questo caso, gli utenti business dispongono di una nuova interfaccia utente semplificata che offre una vasta gamma di servizi dati per gestire, raffinare, eventualmente analizzare e fornire i dati. Tra i servizi dati disponibili, vi sono il caricamento, la profilazione, la convalida, la standardizzazione, la pulizia, la trasformazione, l’integrazione, l’arricchimento, il mascheramento, la crittografia e molto altro. Sia l’IT sia gli utenti business possono definire processi per pulire e trasformare i dati, e possono essere inclusi anche gli analytics per analizzare automaticamente i dati. Inoltre, si ottiene l’esecuzione scalabile dei servizi dati con l’utilizzo della trasformazione in-memory dello streaming dati, dell’elaborazione su Hadoop dell’ELT (extract, load and transform, cioè estrazione, caricamento e trasformazione) dei big data e sui database relazionali MPP.

Governance dei dati

L’emergere dell’integrazione dati self-service ha creato una domanda ovvia: se gli utenti business fanno “da soli”, cosa significa questo in termini di impatto sulla governance dei dati in azienda? Fino a ora, la maggior parte delle iniziative di governance dei dati in azienda sono gestite da organizzazioni IT centralizzate, che per fare questo utilizzano in genere una suite di tool EIM. Qual è allora l’impatto dell’integrazione dati self-service se gli utenti business integrano i dati in proprio utilizzando strumenti completamente diversi da quelli utilizzati dai professionisti IT? Beh, è abbastanza chiaro che, anche se l’IT centralizzata fa un grande lavoro di gestione dei dati aziendali, l’impatto dell’integrazione dati self-service è che potrebbe facilmente portare al caos dei dati con ogni utente che fa la propria pulizia e integrazione dei dati. L’incoerenza potrebbe regnare e distruggere tutto quello svolto finora dalle iniziative di governance dei dati aziendali. Quindi, cosa si può fare? Stiamo per precipitare nel caos dei dati? Registrare e loggare le azioni self-service degli utenti sui dati per capire esattamente come i dati sono stati manipolati può essere naturalmente una buona cosa. Tuttavia, per gli strumenti stand-alone self-service, la traccia dei metadati rimane nel repository dello strumento di integrazione dei dati self-service e non in quello della piattaforma EIM utilizzata dall’IT. Inoltre, non ci sono standard per l’import/export dei metadati da/verso i repository della piattaforma EIM esistente, per riutilizzare le definizioni e le trasformazioni di dati tra gli strumenti EIM e quelli di integrazione dati self-service. Se una piattaforma EIM supporta sia l’IT sia il business allora abbiamo il meglio dei due mondi, ma se sono strumenti separati allora c’è bisogno di interfacce per collegare gli strumenti di integrazione dati self-service alle piattaforme EIM, in modo da supportare le iniziative di governance dei dati aziendali. Paxata è un esempio di vendor che ha aperto il proprio prodotto in modo che sia invocato dagli strumenti EIM. Però gli strumenti di integrazione dati self-service devono anche essere in grado di richiamare le azioni di integrazione dei dati sulle piattaforme EIM per riutilizzare ciò che è stato creato dall’IT.

Leggi anche:  SAS, dati e analytics per abilitare l'innovazione in azienda

Insomma, l’integrazione dei dati self-service è qui per rimanere. L’IT deve fornire modelli e servizi che possano essere riutilizzati dagli utenti durante la creazione di nuovi insiemi di dati integrati. Ma devono anche monitorare i dati ai quali accedono gli utenti in azienda, per comprendere quali dati sono più richiesti e per incoraggiare la partecipazione del business e dell’IT al processo di governance dei dati.


 

Mike Ferguson

Attualmente, managing director di Intelligent Business Strategies Ltd, come analista e consulente è specializzato in Business Intelligence ed Enterprise Business Integration. Con oltre trenta anni di esperienza in ambito IT, ha svolto consulenze per importanti aziende su temi quali la Business Intelligence, l’Enterprise Architecture, la Business Process Integration, l’Application Integration e la Data Integration. Oltre a essere frequentemente speaker in numerosi eventi e seminari in tutto il mondo, è anche autore di svariati articoli tecnici.

Mike Ferguson presenterà a Roma per Technology Transfer i seminari “Big Data e Analytics: dalla strategia all’implementazione” nei giorni 3 e 4 giugno 2015 e “Data Virtualization in Practice” il 5 giugno 2015. Sarà inoltre il chairman della conferenza di Technology Transfer “Data Management, Analytics and Business Intelligence Summit 2015” nei giorni 25 e 26 giugno 2015.