Retelit scommette sul cloud computing

Netto cambiamento ai vertici per l’operatore di telecomunicazioni quotato a Milano. Il nuovo CdA ha rivisto le strategie finanziarie del gruppo e intende rafforzare l’offerta di banda a valore aggiunto ai provider italiani di soluzioni SaaS e PaaS

Dario Pardi, presidente del CdA

Aria decisamente nuova in casa Retelit, l’operatore di telecomunicazioni quotato in Borsa e dotato di una infrastruttura in fibra di 8mila chilometri (formalmente gestita da eVia, sua controllata al 100%), noto fino al 2005 con il brand ePlanet. All’inizio dell’anno un nuovo patto tra gli azionisti ha deciso di procedere alla nomina di un nuovo consiglio di amministrazione – affidato alla presidenza di Dario Pardi, una lunga esperienza internazionale in Hitachi Data Systems – e alla scelta di un amministratore delegato posto alla guida operativa dell’azienda. Per il ruolo è stato selezionato Federico Protto, figura di spicco sul piano tecnico, che proviene dal gruppo Deutsche Telekom ma ha lavorato anche per Telecom Italia e Verizon Business.

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«Un cambiamento – ha spiegato Pardi in un incontro con la stampa di settore – legato anche a una situazione di conflitto sorta in seno al precedente board in relazione alle modalità di finanziamento della partecipazione di Retelit al consorzio per la realizzazione del cavo sottomarino Aae-1. La strategia era stata giudicata troppo rischiosa e la prima mossa del nuovo consiglio è stata proprio quella di rivalutare l’intero progetto e proseguire con una azione normalizzatrice, coinvolgendo nel prestito una serie di banche italiane». L’infrastruttura di 25mila chilometri di lunghezza collegherà il Far East all’Europa passando da India, Africa e Medio Oriente. «Per il Mediterraneo – ha precisato Protto – sono previste tre atterraggi a Creta, Bari e Marsiglia. Per Retelit, uno dei diciassette operatori coinvolti, è previsto un investimento da 70 milioni, equamente suddivisi tra opere di terra e lavori in mare. L’obiettivo è accendere la nuova fibra nel primo trimestre 2017».

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Il nuovo piano industriale approvato fino al 2019 prevede un obiettivo di fatturato di 70 milioni, con un tasso aggregato di crescita annua del 14% e un pacchetto di investimenti complessivi da 114 milioni che secondo Protto non riguarderanno solo il cavo sottomarino ma anche l’upgrade tecnologico di una infrastruttura oggi a 100 gigabit che si articola su tre dorsali – tirrenica, appenninica e adriatica – e comprende quattro data center primari, più una quindicina di nodi più piccoli, e nove metro area networks strategicamente collocate, in modalità fiber to the cabinet, in prossimità dei clienti.

Subito dopo la nomina, Protto e Pardi si sono mossi come un team, intervenendo sull’offerta complessiva di un operatore nazionale che può già contare su una solida collaborazione con i grandi carrier globali e grazie al progetto Aae-1 vedrà rafforzata ulteriormente la propria posizione di “wholesaler”, di ventitore di capacità di trasporto dati a lunga distanza. «Oggi oltre il 90% del business Retelit è basato sul wholesale – ha ammesso Protto – già nei prossimi tre anni puntiamo a generare un quinto del fatturato attraverso servizi a valore aggiunto.» Quali, in particolare? «Punteremo con decisione sul cloud computing, non solo per portare il cloud nelle imprese rivolgendoci soprattutto a partner nazionali di dimensioni medio-grandi che vogliono portare ai loro clienti una offerta applicativa e di servizio – ha replicato il presidente del CdA Dario Pardi, con un implicito riferimento al ruolo che Retelit potrebbe svolgere nel contesto italiano a sostegno di un mercato locale di soluzioni Saas e Paas che alcune recenti iniziative non sono riuscite a stimolare.

La “nuova” Retelit non nasconde di nutrire ambizioni istituzionali. «Il nostro posizionamento di azienda italiana leader nell’ambito della fibra e della banda larga ci rende un player di riferimento all’interno del piano per lo sviluppo digitale del Paese,» ha concluso Federico Protto, che si è detto favorevole a un approccio più corale alla creazione di una infrastruttura a banda ultra-larga, coinvolgendo nel progetto anche le telco “made in Italy”.

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