Microsoft: la tecnologia è empowerment. Da Bill Gates a Satya Nadella, le idee possono cambiare il mondo e un gruppo di amici può cambiare la vita
Il 1975 è l’anno dello squalo. La benzina costa 53 centesimi di dollaro al gallone. I primi giochi elettronici stanno per entrare nel quotidiano di milioni di ragazzi e il 30 aprile si chiude la dolorosa pagina della guerra in Vietnam. All’inizio dello stesso mese, ad Albuquerque, New Mexico, due giovanissimi Bill Gates e Paul Allen mettono insieme, sotto il nome di Micro-Soft Company, quella che oggi chiameremo una startup.
Mentre perfezionano il linguaggio di programmazione di uno dei primi microcomputer (Altair), una specie di scatola a transistor, i due amici di infanzia forse non immaginano neppure lontanamente che avrebbero dato vita a un gigante del software così grande da essere più volte oggetto delle attenzioni della Commissione europea per abuso di posizione dominante. E neppure, che un giorno (aprile 2012), quella stessa compagnia si sarebbe aggiudicata in blocco 800 brevetti al prezzo di 1,1 miliardi di dollari.
Dalle icone di Windows ai visori olografici Microsoft festeggia quarant’anni di tecnologia e viaggia verso il sistema operativo unico che integra pc e mobile. Non solo, Microsoft si prepara ad affrontare – più forte che mai – il cambiamento fatto di computer estesi in milioni di microchip diffusi nell’ambiente, capaci di modellare la nostra storia e di disegnare un futuro di lavoro, inclusione, smart city, trasparenza e diritti umani.
Che cosa è la tecnologia?
La tecnologia è empowerment. Serve a ridurre le differenze che creano squilibrio. Serve «a creare un futuro per chi vuole restare e una nave per chi vuole andare via». La tecnologia permette a un malato di SLA di comunicare e a un bambino che ha perso le gambe di tornare a correre. La tecnologia serve a imparare, a non sentirsi soli, a compiere imprese che sembravano impossibili, dalla ricerca alla medicina. E forse, in un futuro non troppo lontano, servirà anche a dare una speranza a chi scappa dalla guerra e trova la morte su una carretta del mare. Nel 1975, l’attuale AD di Microsoft Italia, Carlo Purassanta, già sfreccia a quattro anni sulla bici «senza le rotelle». Microsoft ha vissuto un quarantennio incredibile, diffondendo innovazione, sviluppando business del tutto nuovi e con un forte impatto sulla vita di tutti noi. «Ciò su cui vogliamo soffermarci in occasione dell’anniversario – racconta Purassanta – non è tanto quello che abbiamo fatto in passato, ma quello che faremo nei prossimi 40 anni. Siamo entusiasti degli obiettivi su cui stiamo già lavorando: rendere l’esperienza della tecnologia ancora più personale, ridefinire il concetto di produttività e consentire a tutti attraverso il cloud computing di fare cose fino a poco tempo fa impossibili». Microsoft ha contribuito a rivoluzionare il mondo attraverso la tecnologia. «Ma non ci fermiamo qui» – avverte Purassanta. «Le opportunità davanti a noi sono ancora molto ampie, ci muoviamo sempre più velocemente e continuiamo a trasformarci per poter portare a milioni di utenti in tutto il mondo i vantaggi del digitale. Il mio ruolo, insieme a quello degli oltre mille collaboratori e 25mila partner di Microsoft Italia, è di favorire la digitalizzazione del nostro Paese, supportando le piccole e grandi imprese, i giovani e il settore pubblico».
Come ricorda il numero uno di Microsoft Italia, il 2015 è l’anno di Windows 10 che permetterà alle persone di interagire in maniera naturale con la tecnologia, utilizzando la voce, i gesti e lo sguardo. «La tutela della privacy giocherà un ruolo importantissimo nell’offrire delle esperienze affidabili che permettano alle persone di mantenere il controllo dei propri dati». E l’obiettivo di Microsoft – come ha spiegato il terzo CEO di Microsoft Corporation (dopo Gates e Ballmer), Satya Nadella, è fare in modo che «gli 1,5 miliardi di utenti Windows attuali si innamorino di Windows 10 e che miliardi di altri utenti decidano di fare di Windows la propria casa».
La finestra del mondo
Guardate bene la prima foto in bianco e nero. Se domani, una di queste persone bussasse alla porta della vostra azienda, proponendovi una tecnologia innovativa o una soluzione in grado di aumentare le vendite, diminuire i costi e ottimizzare i processi, voi cosa fareste? Con ogni probabilità, chiudereste la porta senza pensarci due volte, magari chiamando il servizio di sicurezza. Quale serio imprenditore in doppiopetto blu avrebbe il tempo di dare credito a un gruppo di “fricchettoni”? Come darvi torto. Del resto, non si dice che la prima impressione è quella che conta? In tutti i casi, mai come questa volta, avreste commesso il più grande errore della vostra vita.
Quella foto è stata scattata il sette dicembre del 1978. Il primo a sinistra, cominciando dall’alto, è Steve Vood, accanto a Bob Wallace e Jim Lane. Nel mezzo troviamo Bob O’Rear, Bob Greenberg, Marc McDonald e Gordon Letwin. E in basso, con l’aria da tacchino smarrito, il giorno del Ringraziamento, c’è Bill Gates insieme a Andrea Lewis, Marla Wood e a all’amico d’infanzia, Paul Allen. Solo tre anni prima, sul versante occidentale degli Stati Uniti, l’occhialuto vent’enne, William Gates, proprio con Paul Allen, di due anni più grande, aveva gettato le basi di una delle startup di maggiore successo della storia dell’industria informatica. Micro-Soft Company che, inizialmente, sviluppa software in linguaggio Basic per il computer Altair 8800, prodotto da IBM, nel 1981 diventa Microsoft Inc. e, nel 1983, Microsoft Corporation. Il sistema operativo MS-DOS 1.0 debutta nell’agosto del 1981 sul primo pc IBM. Il 1986 è l’anno della quotazione in Borsa, dopo tre anni, il pacchetto Office fa il suo esordio. Nel 1990, arriva la consacrazione di Windows, con la versione 3.0 che vende oltre quattro milioni di copie in un solo anno.
Dieci anni più tardi, William Gates non avrebbe finito l’università, ma il suo sistema operativo avrebbe spalancato le finestre del mondo alla diffusione dei personal computer. Quel sistema si sarebbe chiamato Windows e per tutto il mondo il suo inventore, sarebbe stato solo “Bill”. Probabilmente, fra centinaia e centinaia di anni, gli storici faranno coincidere questa data con l’inizio di una nuova era. Il 1975 sarà considerato l’anno zero della nuova economia digitale.
La lezione di Bill Gates
Oggi, Microsoft è qualcosa di diverso da ciò che all’inizio doveva sembrare agli occhi di quel gruppo di “fricchettoni”. Paul Allen è stato l’ultimo del gruppo del ‘78 a lasciare Microsoft. E forse, Bill Gates è l’unico che cambiando strada è rimasto veramente fedele a quel sogno. L’uomo che voleva un computer su ogni scrivania e in ogni casa ha intuito che i computer del futuro saranno le nostre case e che l’integrazione tra intelligenza artificiale e intelligenza biologica segnerà i prossimi traguardi dell’industria informatica. Più che un pirata, Bill Gates è un romantico che sposa una collega, mette su famiglia e crea una Fondazione umanitaria alla quale si dedicherà a tempo pieno dopo avere dato nel 2008 le dimissioni da amministratore delegato.
Filantropo e accorto politico, Bill Gates è un capitalista che si innamora del Rinascimento italiano e come Leonardo (di cui possiede il Codice Leicester) ha compreso che ogni impresa umana deve avere al centro l’uomo. Per i nativi digitali, abituati a vivere su Facebook e a comprare su Amazon, Gates può apparire come Mosè davanti alla terra promessa, ma la sua avventura è stata certamente di ispirazione se non di insegnamento anche per Page e Zuckerberg. Prima di altri, ha capito che la tecnologia come la ricchezza non può essere un fine, ma uno strumento al servizio del progresso dell’umanità.
Bill Gates dopo aver accumulato uno dei patrimoni più ingenti del mondo, dopo essere stato per anni in cima alle classifiche, forse condivide con Sandy Weil, l’ex magnate di Citigroup, l’amara verità sulla gloria terrena: «Il lenzuolo che ti avvolge da morto non ha tasche». Bill Gates è un simbolo della nostra età contemporanea. E la storia di Microsoft ci piace perché racconta non solo che la forza delle idee può cambiare il mondo, ma che un gruppo di amici può cambiare la vita. Neppure un colosso – però – può controllare il futuro. Oggi, il suo nemico numero uno è Google, segno evidente che tra giganti è difficile non pestarsi i piedi. In un mondo in continua evoluzione, la pretesa di difendere le posizioni raggiunte, quasi sempre, segna l’inizio della fine. Se la salvezza non è per tutti, si può sempre riavviare. E parafrasando Nazim Hikmet, i giorni più belli devono ancora arrivare.