Panda Security, cambio di strategia e rebranding

Semplificare la complessità della sicurezza. La strategia di riposizionamento di Panda Security passa attraverso il consolidamento delle tecnologie in portafoglio e l’espansione internazionale

Ciak si cambia. Panda Security modifica la propria brand identity. Il rinnovamento passa anzitutto attraverso il ripensamento radicale del logo. Ma non si ferma qui. I creativi dell’azienda hanno profuso estro ed energie, riempiendo un manuale a uso interno di oltre 120 pagine, di nuove icone, emoticons, caratteri di stampa per mappare i topos della sicurezza IT. Regalandosi una rinfrescata anche al linguaggio – talvolta oscuro ai non iniziati – della security.

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Parola d’ordine semplicità, simplexity secondo il neologismo utilizzato dall’azienda iberica. «Siamo Panda. Siamo Simplexity» – il claim rilanciato da Paula Quiros, CMO di Panda Security. «Per noi si tratta di una grande occasione di rilancio, accesso a nuovi mercati e target di consumatori» – afferma Alessandro Peruzzo, amministratore unico di Panda Security Italia. Un momento di grande visibilità e un’occasione irripetibile di pubblicità indotta. Ma allo stesso tempo un varco temporale dentro al quale si è esposti a commenti e critiche, oggi amplificate dalle possibilità offerte dal web. Una sfida dunque che comporta l’assunzione di rischi anche notevoli. Soprattutto quando – come nel caso di Panda Security – il processo di rinnovamento va ben oltre il mero cambiamento di logo e immagine. «Si tratta di un’iniziativa che ci condurrà a una trasformazione della percezione esterna e interna del nostro brand» – afferma Peruzzo. Un’operazione complessa che passa attraverso il coinvolgimento di tutte le componenti aziendali. «Tutte le idee e le opinioni sono state raccolte e vagliate. Anche quelle provenienti da partner e clienti» – sottolinea Peruzzo.

Un piano in cinque anni

E a questa sorta di brainstorming su scala globale si è aggiunto un lavoro di monitoraggio e analisi dei competitors per ottenere un’istantanea il più possibile aderente alla realtà di mercato delle soluzioni antimalware. Il rebranding dunque è solo una delle fasi di un piano più ampio e ambizioso, della durata di cinque anni, articolato su tecnologia ed espansione internazionale. Una strategia che per funzionare necessita di essere adattata alla situazione in ogni singola country. E che per quanto riguarda l’Italia non può prescindere dall’analisi del tessuto imprenditoriale esistente e dalla formulazione di un approccio ad hoc. Sia per portare a casa nuovi clienti sia per fidelizzare quelli già in portafoglio. «Sino a qualche anno fa, era più agevole acquisirne di nuovi» – ci dice in proposito Peruzzo. «Negli ultimi sei-otto anni invece, lo switch da una soluzione e da un vendor all’altro è diventata la regola».

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Nuovi obiettivi

Oltre a consolidare le posizioni conquistate, l’obiettivo è di approcciare settori in cui la presenza è meno radicata o manca tout court. «Pur con 22 anni di soluzioni corporate alle spalle, il nostro marchio è ancora vissuto come fornitore di soluzioni per quella fascia di mercato dei professionisti, le piccole aziende e i lavoratori autonomi che svolgono la propria attività a casa o in ufficio (SOHO).

In realtà, siamo ben posizionati anche nel settore della grande distribuzione e siamo ben presenti anche nel pubblico, soprattutto nella sanità. Scontiamo invece maggiori resistenze in quello finanziario» – riconosce Peruzzo. «Ma vogliamo puntare anche in quella direzione. E riteniamo che con la nuova soluzione che ci stiamo preparando a lanciare sarà possibile arrivarci». In questo senso, sono previsti cambiamenti importanti sul piano dell’offerta con il progetto di integrazione delle soluzioni e dei servizi in portafoglio. «L’obiettivo è di garantire alla nostra clientela un servizio di protezione globale che includa mobility e IoT. Anche in quest’ottica, si spiega la nostra decisione di spostare tutte le soluzioni sul cloud dalla fine del 2016, mantenendo invariati i vantaggi per il cliente». Compreso un servizio di assistenza su tre livelli che passa per un call center interno e operatori che parlano italiano. «Il tutto puntellato da un ambizioso programma di formazione tecnica volto sia alla risoluzione delle problematiche tecniche sia alla fase di presales e indirizzato al canale» – conclude Peruzzo.