AeroDron – Un mercato da cogliere al volo

Servizi di rilevamento e visualizzazione remota. Le future prospettive B2B dei velivoli “senza pilota”

MD
Marco Donadoni, direttore generale di AeroDron

Ormai, grazie alle brillanti trovate pubblicitarie di Jeff Bezos (fondatore e CEO di Amazon), siamo abituati a pensarli già come un valido rimpiazzo, robotizzato e volante, di spedizionieri e fattorini. L’altra immagine, diametralmente opposta, è quella della sofisticata arma di guerra popolarizzata dal serial Homeland: uno strumento capace di arrivare sulla testa di qualsiasi obiettivo nemico per eliminarlo in modo efficace e asettico (e pazienza per gli effetti collaterali devastanti di cariche esplosive per niente chirurgiche).

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Per Marco Donadoni, direttore generale di AeroDron, i droni sono strumenti molto più concreti, una tecnologia già consolidata, capace di sostenere un mercato B2B di tutto rispetto. Che si porta con sé tutte le considerazioni economiche, normative, di sicurezza che un imprenditore deve fare quando decide che quella tecnologia può essere messa a frutto per fare cose nuove o per fare meglio, e con meno spesa, lavori (in questo caso aerei, per esempio un rilievo fotografico) svolti con metodi più convenzionali. «Personalmente non credo che almeno in Italia possa esserci un mercato per i droni come mezzo di trasporto» – afferma Donadoni. «In Germania, è in corso una sperimentazione per la consegna di posta e medicinali su un’isola del Mare del Nord, ma qui, dove le distanze da colmare non sono mai quelle dell’Ohio, non ce li vedo proprio».

In compenso, quelli che la nostra autorità per la regolamentazione del volo civile (Enac), definisce “Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto” (Sapr), possono trovare applicazioni molto più interessanti e remunerative, e tutte altamente professionali, o afferenti alle necessità di gestione del territorio delle pubbliche amministrazioni. AeroDron, l’azienda parmense “coltivata” in B-Ventures – l’incubatore di Buongiorno.it e premiata all’inizio dello scorso anno con un secondo round di investimenti da 400mila euro – è attualmente attiva in almeno tre segmenti. «Uno – spiega Donadoni – riguarda la gestione e il monitoraggio territoriale e dell’assetto idrogeologico, attraverso fotografie di precisione, riprese video, misurazioni con diversi tipi di sensore, dove il ricorso al rilievo di prossimità effettuato dai droni è più preciso, costa meno e mitiga molti rischi associati agli interventi sul campo».

C’è poi tutto un insieme di rilievi e misurazioni necessarie per attività tipicamente cantieristiche, come l’analisi tridimensionale dei terreni prima della realizzazione di una infrastruttura, o le osservazioni che precedono un intervento di manutenzione o riparazione.

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«Un’altra applicazione è la cosiddetta agricoltura di precisione, quella che presuppone una microanalisi delle caratteristiche di un terreno con lo scopo di identificare la miglior distribuzione di risorse idriche o di nutrimento» – spiega ancora Donadoni. Anche questa si può fare in modo più efficiente, imparando a conoscere metro per metro le caratteristiche del terreno, raccogliendo con estrema regolarità una massa di dati visuali che servirà per esempio ad alimentare i moderni tool predittivi di cui si servono i “cyber-contadini” (dati che sarebbe impossibile raccogliere manualmente o con l’aiuto di sensori fissi). «Almeno il 40% del nostro tempo è dedicato allo studio di nuove opportunità» – precisa Donadoni. Un argomento allo studio è per esempio il monitoraggio ambientale avanzato, per esempio nella gestione dell’inquinamento dell’aria.

L’inizio della storia

«Le prime idee per AeroDron – racconta Donadoni – maturano nel 2012 nella testa del fondatore, Giorgio Ugozzoli, ex consulente di Buongiorno.it per le tecnologie, fisico e pilota d’aereo. L’estate dell’anno successivo, la startup comincia a muovere i primi passi. Oggi, è una realtà abbastanza piccola, sei persone che si occupano delle varie aree di business o del trattamento visuale delle informazioni. Oltre naturalmente a pilotare gli aeromobili della flotta AeroDron: cinque modelli diversi di cui due del tipo “ad ala” (simili a piccoli aerei) e tre multirotore, concettualmente vicini all’elicottero, più adatti per compiere rilevamenti in prossimità di infrastrutture come tralicci e dighe. In tasca, il pilota remoto deve avere un suo apposito brevetto, ottenuto con un certo numero di ore di studio teorico e prove pratiche. AeroDron eroga anche formazione alle altre aziende che vogliono internalizzare certe competenze, organizza eventi dimostrativi invitando potenziali clienti (dagli studi di progettazione ai tecnici della PA) e agisce anche da rivenditore di queste tecnologie.

Un mondo di applicazioni

«Siamo troppo pochi per poter controllare in prima persona tutte le competenze necessarie» – riconosce Donadoni. Per questo, AeroDron agisce in un vero e proprio cluster di partner specializzati. Le tecnologie sono di Skyrobotic, principale produttore italiano di Sapr, basato a Terni. Umbra è anche la società Siralab Robotics, spin-off dell’Università di Perugia dedicato alla ricerca e sviluppo della robotica nelle applicazioni “unmanned”. Per il know-how nel campo della fotogrammetria, AeroDron si avvale della collaborazione di Cgr Compagnia Generale Riprese aeree, una società che vanta quasi mezzo secolo di fotografia aerea dell’Italia. E non manca un partner con specializzazione grafica, la Pix4D, altro spin-off, questa volta del Politecnico di Losanna, in Svizzera, considerato leader mondiale nello sviluppo di software per l’elaborazione di dati per le applicazioni professionali con i droni. Per Donadoni, il futuro è quanto mai sfidante. «Tra dieci anni, secondo Stretegic Defense Intelligence – sulla base di dati che arrivano da aziende come Alenia o Teal Group – il comparto dei droni avrà un valore di 10 miliardi di dollari, di cui 1,6 in Europa, solo per la vendita di piattaforme. I servizi professionali varranno quattro volte queste cifre».

Sulla strada giusta

Notevoli, in questo ultimo periodo, sono stati anche gli sforzi compiuti sul piano normativo, indispensabile per dare solidità a un settore che non può permettersi nessuna improvvisazione. Dopo un primo regolamento pubblicato dall’Enac a marzo del 2015, l’ente ha rilasciato la bozza della nuova normativa, che Donadoni giudica «più chiara, perché affronta argomenti non ben definiti nella prima versione e le questioni di sicurezza anche in contesti prima vietati, come la possibilità di pilotare i droni a lunga distanza, oltre la linea di visibilità da terra». Per Donadoni, l’Enac alza l’asticella verso applicazioni ancora più complesse, richiede competenze più specifiche. «Siamo sulla strada giusta, è un regolamento che può attrarre le risorse necessarie». I droni non sono giocattoli e la clientela professionale non lascia spazio all’improvvisazione. Questo è un settore capital intensive, i risultati arrivano solo dopo investimenti adeguati e per convincere gli investitori occorre un contesto normativo altrettanto convincente. Ma le opportunità – per chi si occupa dei servizi ma anche di materiali, sensori, software di controllo, sistemi di analisi e post-produzione grafica, reti radio di supporto – sono alte come il cielo.

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