Non ci sono attenuanti per chi adesca minori online, non serve il contatto fisico, basta l’intenzione virtuale
Le molestie online verso i minori non sono meno gravi di quelle che avvengono nella vita reale secondo la Terza sezione penale che ha emesso una sentenza a suo modo storica e che potrebbe fare da esempio a tutte le successive. Un cinquantenne campano era stato condannato per atti sessuali perpetrati ai danni di una bambina di nove anni su internet, sia attraverso parole e frasi che con l’ausilio di una webcam in videochiamata. Dopo una prima condanna l’uomo aveva avanzato un ricorso sostenendo come non si trattasse di abusi veri e propri perché non riconducibili ad una fisicità riconosciuta.
Respinto in appello
Nonostante ciò, la Terza sezione penale della Cassazione, rappresentata dal giudice Vincenzo Pezzella, ha respinto ogni tentativo di ricorso spiegando che la gravità degli atti sessuali virtuali è la stessa di quella che scaturisce da fatti nella vita reale, sempre di più connessa alle controparti digitali. Così la Corte d’Appello di Napoli che aveva ridotto la pena dell’uomo a 9 anni è stata smentita dalla decisione che considera i social network una piattaforma di socializzazione come tante altre, quasi al pari di bar e piazze vere, tanto che forme di abuso pubbliche sono comparabili a quelle su Facebook, Twitter e soci. Uno dei motivi è che troppo spesso sui social i minori si trovano indifesi perché considerati protetti dal mondo grazie allo schermo che invece può trasformarsi in un inconsapevole ponte verso la depravazione.