Cinque ingredienti per misurare l’esperienza dell’utente in un mondo interconnesso

A cura di Klaus Enzenhofer Senior Technology Strategist at Dynatrace

In passato guardavamo con attenzione ai tempi di caricamento delle pagine delle nostre applicazioni desktop browser, da allora però molte cose sono cambiate. Durante l’ultima edizione della Velocity conference, ho dichiarato che le metriche utilizzate fino ad oggi non possono più essere considerate valide perché presentano lacune gravi e a volte misurano dei dati inutili e ho introdotto un’alternativa che si adatta alle esigenze di gestione dell’esperienza multicanale dell’utente di oggi. In un mondo dove tecnologie come AngularJS possono cambiare profondamente il modo di operare delle applicazioni web e i siti Internet vengono caricati come un’unica pagina, sul fronte delle applicazioni nasce l’esigenza di misurare la User Experience in modo nuovo; ecco i 5 ingredienti fondamentali per farlo.

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Primo ingrediente: il viaggio dell’utente

Era facile scoprire qual era il percorso effettuato dall’utente quando ogni suo clic sul sito innescava il caricamento di una nuova pagina. Ma nel mondo omnicanale con applicazioni mobile e applicazioni web caricate come pagina singola, non possiamo più fare affidamento su questo aspetto. Tutti i canali hanno però un denominatore unico rispetto all’utente: le sue azioni.
Le azioni rappresentano l’attività lato client; sono il caricamento di una pagina, il clic su un bottone, il far scorrere lo schermo o attendere che l’applicazione reagisca a uno specifico input. Bisogna raccogliere informazioni sul percorso effettuato proprio in base a queste azioni compiute, in modo da capire come effettivamente l’utente abbia utilizzato un’applicazione, quanto ci abbia lavorato, che funzionalità abbia privilegiato e altro ancora.

Secondo ingrediente: le prestazioni

Le prestazioni sono l’aspetto principale con cui ci si confronta quando gli utenti sono insoddisfatti. Le persone non sono più disposte ad accettare tempi di attesa lunghi, soprattutto quando utilizzano dispositivi come gli smartphone. Abbiamo visto che il caricamento della pagina non è un buon indicatore per le applicazioni; non possiamo quindi considerarlo una metrica di misurazione valida. Un approccio migliore è di certo la misurazione della durata dell’azione dell’utente, dove questa è definita come “il tempo che intercorre tra quando l’utente avvia l’azione – toccando il display o facendo clic su un bottone – e quando il contenuto compare sul suo dispositivo. Questo nuovo Key Performance Indicator (KPI) consente di ottenere elementi importanti e misurabili.

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Terzo ingrediente: gli errori

Gli specialisti tendono a focalizzarsi sulle prestazioni come principale indicatore e talvolta dimenticano che gli errori purtroppo si verificano sempre. Sono l’aspetto più fastidioso, sia che si tratti dell’applicazione che si blocca, della comunicazione con il server che non riesce o del verificarsi di errori JavaScript. Un esempio interessante è quanto accaduto con l’app della FIFA World Cup lo scorso anno. Ho analizzato l’impatto del malfunzionamento sugli utenti ed era evidente che qualcosa non andava, bastava guardare le recensioni dell’app sull’App Store per accorgersene! Scoprire e contare gli errori durante l’esperienza dell’utente è un ingrediente fondamentale per procedere in modo corretto.

Quarto ingrediente: il comportamento degli utenti

A volte il comportamento dell’utente ci dice già molto sul suo grado di soddisfazione. Un modello abbastanza semplice e comune di analisi è valutare quanti abbandoni si verificano nel caso che una singola azione non sia in grado di soddisfare le aspettative. La schermata seguente fornisce un esempio. Analizzando l’ultima azione possiamo imparare molto sulla tipologia di esperienza fatta dall’utente. Si possono applicare molti altri modelli multipli di questo tipo per valutare il comportamento dell’utente.

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Quinto e ultimo ingrediente: l’ambiente dell’utente

Nel corso degli anni abbiamo imparato che, a seconda della connessione di rete o della posizione in cui ci si trova, le aspettative in termini di prestazioni sono differenti.
Se siamo abituati a una connessione di rete lenta siamo anche abituati a tempi di azione dell’utente più lunghi. Conoscere la larghezza di banda che una persona utilizza durante l’interazione ci permette di regolare la soglia per il calcolo APDEX relativo a quella singola visita.

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Conclusione

Dopo avere raccolto tutti gli ingredienti possiamo amalgamarli nel nostro User Experience Index e definire per ogni visita se l’esperienza dell’utente sia stata soddisfacente, tollerabile o inaccettabile catalogandola in base ai tre fattori soddisfatti=1, nella media= 0.5 e insoddisfatti= 0. Riportando questa media su tutti i nostri utenti definiremo uno User Experience Index con un valore compreso tra 0 e 1.
Partire dal percorso effettuato dall’utente e definire tutte le metriche tecniche ci aiuterà ad avere una visibilità fondamentale per essere in grado di accrescere i tassi di conversione e migliorare la soddisfazione degli utenti – modificando il layout, i colori, le immagini e altri aspetti . Attenzione però, bisogna sempre ricordare che non si può migliorare l’esperienza dell’utente se il contesto in cui agisce è quello di un’applicazione lenta o non progettata in modo errato.