E’ quanto emerge da una ricerca, commissionata da BSA | The Software Alliance e curata da IDC. Organizzazioni e aziende possono ridurre i rischi per la sicurezza informatica evitando i programmi illegali dai propri sistemi
La ricerca, commissionata da BSA | The Software Alliance e curata da IDC, conferma il legame che collega l’impiego di software illegale sui computer e le infezioni da malware: praticamente, più è elevato il tasso di pirateria in una nazione, più è probabile che i computer di quel Paese vengano colpiti da attacchi malware. Ne deriva ovviamente che se governi, imprese e utenti provvederanno ad eliminare il software privo di regolare licenza dai sistemi informativi, dalle reti e dal cloud, ciò si tradurrà in un netto vantaggio in termini di riduzione delle minacce in ambito di cyber security.
“Le infezioni malware sono causa d’ingenti danni per le organizzazioni, che impegnano le risorse più avanzate disponibili per difendersene”, commenta Jodie Kelley, Senior Vice President e General Counsel di BSA. “Questa ricerca dimostra che la correlazione fra impiego di software illegale e malware è reale e concreta, sicché un valido software asset management è un primo passo fondamentale per ridurre i rischi sulla sicurezza informatica”.
L’analisi statistica ha rapportato i tassi di software privo di licenza installato in ben 81 nazioni (fonte BSA Global Software Survey, giugno 2014) al dato di attacchi malware subiti sui computer dei medesimi Paesi, risultante da un’indagine condotta da Microsoft (Microsoft Security Intelligence Report, maggio 2014). Il raffronto ha riscontrato una forte correlazione positiva (corrispondente a una ratio pari a 0,79 su un massimo di 1) tra tasso di utilizzo di software illegale e incidenti legati al malware. Per avere un ordine di raffronto, la ratio che collega l’abitudine al fumo con il rischio di cancro al polmone è di 0,72!
In tal senso, il tasso di pirateria è in buona misura una previsione attendibile degli attacchi malware in cui potranno incorrere i computer di quella nazione.
La ricerca si fonda sulla principale ricerca di BSA ,che esamina i tassi d’illegalità negli impieghi di software a livello globale: nel 2014, tale BSA Global Software Survey ha riscontrato in Italia un tasso di pirateria pari al 47%, superiore alla media mondiale (pari al 43%, ma ovviamente comprensiva anche delle economie in via di sviluppo). È curioso notare che la stessa ricerca notava la consapevolezza di molti utenti di computer in tutto il mondo, che indicavano proprio le minacce alla sicurezza originate dal malware come principale deterrente all’utilizzo di software pirata. Al quale il 69% di loro associa il timore di accessi non autorizzati di hacker, e il 59% il rischio di subire perdite di dati.
BSA invita pertanto le organizzazioni – sia pubbliche che private – ad implementare i più accurati controlli interni, come ad esempio le pratiche di software asset management allineate con gli standard ISO, al fine di ridurre la loro esposizione alle minacce informatiche, assicurandosi che tutto il software installato sui propri sistemi sia originale.
“Ci auguriamo che lo studio di IDC venga preso in seria considerazione proprio in Italia, dove purtroppo sembra di notare una tendenza ad andare piuttosto nella direzione opposta”, commenta Simonetta Moreschini, presidente di BSA Italia. “Infatti, se con l’approvazione della legge n. 67 del 28 aprile 2014 avevamo fatto un significativo passo in avanti anche da un punto di vista legislativo, oggi quel provvedimento rischia di essere depotenziato per un ricorso che ne sta mettendo a rischio la reale applicabilità. Anche il decreto legislativo recante disposizioni in materia di “non punibilità per particolare tenuità del fatto”, attualmente all’esame delle Commissioni Finanze di Camera e Senato, rischia di colpire il sistema di enforcement dei diritti di proprietà intellettuale e industriale, con conseguenze negative per il nostro Paese, sia dal punto di vista economico, sia occupazionale ma anche di avere ricadute in termini di sicurezza informatica”.