Un semplice test su un telefono Android mostra come sapere dove un utente è andato partendo dal consumo energetico
Una volta nelle indagini per omicidi o fatti di cronaca di rilevanza giuridica si era soliti studiare il posizionamento del telefono di un indagato partendo dalle celle telefoniche. La tecnologica oggi permette invece di analizzare più velocemente gli spostamenti di uno smartphone. Per farlo, alcuni ricercatori della Stanford University hanno utilizzato un Nexus 4 (ma dovrebbe valere per tutti i recenti Android) e il software integrato che analizza il consumo di batteria. La teoria è che il telefono consuma di più quando si trova lontano da una cella di riferimento, mentre il consumo tende a rimanere costante quando è in un raggio di ricerca minore. Si tratta dello stesso principio applicabile quando si è in un luogo chiuso dove il cellulare non prende: le continue ricerche all’antenna e la connessione e disconnessione dalla rete tendono ad aumentare il consumo di batteria.
Come funziona
Utilizzando una mappa cittadina dove sono segnate le celle telefoniche principali, i ricercatori sono riusciti a risalire alle diverse zone visitate da un utente e dal suo Nexus 4 semplicemente visionando le statistiche del consumo energetico. La tecnica, subito ribattezzata PowerSpy, fa uso di un algoritmo che riesce a identificare il percorso di uno smartphone in una certa area di riferimento. Per farlo però c’è bisogno di alcune premesse: le “spie” devono sapere il tipo di operatore dell’utente, la localizzazione delle relative celle, il consumo di batteria medio nell’arco di una giornata e, per ovvie ragioni, avere tra le mani lo smartphone da spiare o almeno (tramite un hack) accedere all’app che monitora il consumo energetico. Alla fine l’algoritmo riesce a individuare le reali posizioni con un margine di errore di circa 150 metri. Quello che può mandare in bambola il funzionamento è l’utilizzo contemporaneo di molte app che tendono ad alzare i livelli di consumo e quindi a produrre un’interferenza maggiore con le statistiche rilevate. Ma anche in quel caso il margine di errore è in media di 400 metri: poco più dell’area rilevata da Google Maps quando si attiva il GPS.