A fine 2014 molti decision maker in ambito pubblico hanno espresso gli stessi buoni propositi degli anni precedenti: aumentare l’efficienza e ridurre i costi, continuando però a offrire un ottimo livello di servizio a un pubblico sempre più esigente. Questa sfida diventa più ardua ogni anno.
Per i team IT, in particolare, la situazione è particolarmente difficile. I cittadini si sono abituati a interagire con le aziende in nuovi modi, con continuità e attraverso dispositivi diversi, e si aspettano lo stesso livello di esperienza digitale indipendentemente dal tipo di organizzazione con cui hanno a che fare. Progettare un’applicazione piacevole da vedere è abbastanza facile, ma adeguare l’infrastruttura su cui sono distribuite le applicazioni – in modo sicuro – può essere incredibilmente complicato. Coinvolge sistemi legacy dominanti, adottati da decenni e processi interni a volte misteriosi. Senza dimenticare situazioni politiche che possono ripercuotersi su eventuali implementazioni e grandi e trattative contrattuali.
Il cloud è stato appoggiato come soluzione ideale per modernizzare l’infrastruttura IT, e, anche se ci vorrà un po’ di tempo prima che abbia un forte impatto sul settore pubblico, il suo avvento ha significato la trasformazione dell’infrastruttura IT e l’inizio di un’implementazione più semplice di nuovi servizi. Nel 2015 vedremo il cloud affermarsi sempre più come piattaforma tecnologica che inizia finalmente a mantenere le sue promesse, capace di soddisfare il doppio mandato di affrontare gli obiettivi che si pongono le istituzioni e rispondere alle esigenze del pubblico. Come avverrà? Nel 2015 il settore pubblico comincerà ad abbracciare il cloud ibrido in grande stile.
Una delle maggiori promesse del cloud ibrido è accrescere la flessibilità. I reparti IT in tutto il Paese hanno iniziato a sognare di essere in grado di spostare i carichi di lavoro a proprio piacimento, fare girare nuovi servizi con la semplice pressione di un dito per poi eseguirli ovunque ritengano meglio. Ma la realtà è stata diversa. Per la maggior parte delle persone, ad oggi, ibrido ha significato semplicemente eseguire cloud pubblici e privati insieme. Non conta il fatto che spesso siano stati del tutto incompatibili e abbiano richiesto strumenti totalmente diversi per gestirli, oltre a una riscrittura massiccia di tutte le applicazioni quando si desiderava farle funzionare in entrambi gli ambienti.
Ora le organizzazioni del settore pubblico sono in grado di approfittare di ciò che noi chiamiamo “un vero ambiente ibrido”, nel quale i carichi di lavoro in esecuzione in un Data Center on-premise possono essere spostati nel cloud pubblico utilizzando esattamente gli stessi strumenti già familiari ai team IT. Ciò significa che tutti gli strumenti di gestione, monitoraggio e reporting sono esattamente gli stessi e sono tutti dotati della stessa sicurezza rigorosa. Ma forse, ancora più importante, la portabilità ora va in entrambe le direzioni, quindi i dati e le applicazioni possono essere spostati all’esterno con la stessa facilità con cui possono essere riportati all’interno (provate a fare una richiesta del genere al vostro vendor di cloud pubblico).
Il potenziale per il “vero ibrido” nel settore pubblico è enorme. Pensate ad applicazioni dedicate ai cittadini, che hanno esigenze estremamente diverse in momenti dell’anno particolari, come rispondere a un bando online o confermare l’iscrizione al nuovo anno scolastico. Entrambe sono attività che comportano un picco esecutivo in un periodo di tempo breve ma necessitano di una scalabilità molto elevata dell’infrastruttura per far fronte alle richieste durante il picco. Queste applicazioni sono perfette per essere migrate in un cloud ibrido, nel quale le applicazioni possono essere eseguite in house per la maggior parte dell’anno e poi trasferite in un cloud pubblico, dove possono essere scalate enormemente per far fronte a quel periodo di maggior occupazione – garantendo la continuità dell’esecuzione.
I modelli utilizzati per consentire il consumo di servizi cloud ibridi funzionano bene per una realtà del settore pubblico che vuole evitare di essere vincolata da contratti onerosi. L’ibrido abilita l’adozione di modelli molto più flessibili che permettono il consumo dei desktop as-a-Service, disaster recovery as-a-Service e infrastrutture as-a-Service ogni volta che è necessario – in modo elastico e facilmente scalabile in base alle esigenze specifiche del periodo.
Nessuna discussione che riguardi il cloud nel settore pubblico può, naturalmente, prescindere dalla sicurezza dei dati. Per molti anni, questo aspetto ha frenato la scelta di progetti cloud di grandi dimensioni a causa dei timori delle amministrazioni, e dopo lo scandalo dell’agenzia della sicurezza nazionale in US il mondo si è trasformato e la preoccupazione dei cittadini rispetto a come e dove vengano archiviati e utilizzati i propri dati si è intensificata. La maggior parte dei dati dei cittadini non può lasciare i confini del Paese di pertinenza o, al massimo, dell’Unione Europea, quindi qualsiasi servizio cloud ibrido deve garantire la certezza di dove siano localizzati i propri Data Center. Mentre nomino questa questione le considerazioni sul rischio stanno già crescendo e questo aspetto non è destinato a cambiare in tempi brevi. L’IT in ambito pubblico dovrà affrontare tutta una serie di sfide strategiche nei prossimi 12 mesi, in particolare in un anno in cui la capacità di fare di più – e meglio – a costi minori sarà saldamente all’ordine del giorno, e qualsiasi grande progetto informatico verrà esaminato accuratamente. Il cloud ibrido dimostrerà di poter sfruttare al meglio gli investimenti attuali nell’infrastruttura aprendosi al cloud pubblico, consentendo all’ambiente di essere esteso senza discontinuità e di offrire una piattaforma idonea a fornire i servizi che i cittadini richiedono.