Arduino: il giocattolo si è rotto

Accuse reciproche tra i componenti di una delle più importanti aziende italiane all’estero, in ballo anche gli avvocati

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C’era una volta una scheda elettronica di piccole dimensioni con un microcontrollore e tanti circuiti, in grado di far muovere praticamente ogni cosa e comandarla da remoto. La schedina era stata realizzata da quattro amici di Ivrea che le avevano dato il nome di un bar del paese: Arduino. Quella scheda, e tutte le versioni successive, sono oramai tra noi ma Arduino rischia di fare una brutta fine. La colpa, per dirla così, è delle differenti vedute sul futuro del neo amministratore delegato, Federico Musto e Massimo Banzi, volto noto di Arduino. Da una parte la voglia di far crescere l’azienda portandola addirittura in Borsa, dall’altra la paura di vedere snaturare un progetto fatto sopratutto di passione che potrebbe affogare negli interessi economici.

Storia intrigata

La scintilla che ha accesso il diverbio tra le due anime di Arduino è la fondazione da parte di Musto della Arduino Srl, a quanto pare senza alcuna autorizzazione da parte degli altri co-fondatori del progetto. “Una delle società di Musto ha mutato pochi mesi fa il proprio nome in Arduino Srl senza alcun autorizzazione e accordo con noi – scrive in un comunicato Banzi – per questo abbiamo già intrapreso diverse azioni legali nei confronti del sig. Musto e di tali società sia negli USA che in Italia”. Al momento dunque esistono due aziende collegate ad Arduino: la Srl basata ad Ivrea che fa capo a Federico Musto e a Gianluca Martino, altro co-fondatore di Arduino e Arduino SA fondata nel 2010 con sede in Svizzera e che vede a capo invece Massimo Banzi. A questo punto non è detto che le due società proseguano su strade diverse, dividendo non solo i progetti ma anche gli appassionati che avevano visto crescere negli anni le possibilità di realizzare i loro sogni da maker. La sensazione è che il giocattolo si sia rotto e non vi sarà scheda che tenga.

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