Come rendere una città una vera Smart City

Xerox, azienda basata sui servizi e guidata dalla tecnologia il cui il cui DNA è da sempre sviluppare prodotti in grado di semplificare la vita della gente offrendogli servizi innovativi, offre una panoramica sul percorso da intraprendere per rendere una città una vera Smart City

Giulio Frandi
Giulio Frandi, Direttore Generale Italia della divisione Intelligent Transport Group di Xerox

A cura di Giulio Frandi, Direttore Generale Italia della divisione Intelligent Transport Group di Xerox

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Quando si discute di Smart city, si corre il rischio di sognare solo tecnologie futuristiche, quasi volessimo rincorrere “Futurama” o “Star Trek”. Pochi invece lo sanno ma già a Milano sono disponibili metodi di pagamento che permettono di utilizzare lo smartphone come titolo di viaggio e salire semplicemente sui mezzi pubblici. Niente più code per comprare i biglietti, né per caricare l’abbonamento dei mezzi pubblici. Ciò significa viaggi più efficienti per l’utente e costi minori per gli operatori. Il differenziale incrementale di qualità della vita offertoci dalle tecnologie è già qui: oggi.

Le città e la frontiera digitale. Ecco cosa significa essere una smart city

Ottenere i dati è semplice, condividerli e sfruttarli opportunamente no

La creazione di nuove infrastrutture richiede una chiara definizione dell’utilizzo e funzionamento dei servizi che si intende fornire. Il fattore limitante non è più la tecnologia ma l’immaginazione: cosa fare con i dati raccolti, come sfruttarli. Raccogliere i dati è la parte più semplice, condividerli e trovare modi per renderli utili per le persone diventa la vera sfida, intellettuale e sociale. Di recente sono stato ad una conferenza del MIP sui big data. Mi ha colpito un’osservazione di un analista di IBM. Egli si chiedeva, anche avendo a disposizione tutti i dati Origine / Destinazione di un’area data, come rispondere alla semplice domanda: “Chi fa un tragitto simile? Chi potrebbe trovare vantaggio dall’iscriversi ad un club di car pooling?” Nel centro di ricerca Xerox di Grenoble ho visto esperti provenienti da ogni parte d’Europa all’opera per rispondere proprio a questo tipo di domande.
Al lato opposto dello spettro delle sensibilità vi è invece lo scottante ed attuale tema della privacy: quali dati l’individuo e la comunità saranno disposti a condividere fra loro? Quale sarà il futuro “patto sociale” sulla privacy? Sarà uniforme e globale o seguirà dei pattern geografici ed/o culturali?

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Le implicazioni per i leader di domani sono chiare: abbracciare la tecnologia e includere i cittadini nei processi decisionali. É più importante che mai comprendere le motivazioni dei cittadini, oltre che accrescere la conoscenza circa materie utili come l’economia comportamentale – Le persone non sono solamente attori razionali o automi. Non c’è modo di governare senza aver compreso questo aspetto.

Oltre la trasparenza: i dati aiutano a creare servizi di valore

Nella nostra economia digitale “individualista”, guidata dall’informatica diffusa ormai nelle mani e nei cellulari dei singoli, l’appello ai cittadini mi pare sempre più dirompente: siate coinvolti. Trovo appassionanti le iniziative come quella del portale OpenData di Milano. Esse offrono a chiunque molteplici set di dati in modo che sia semplice usufruirne. Il potenziale del mettere a disposizione dei nostri giovani startuppari questi dati è ancora tutto da esplorare e non mancherà certo di stupirci negli anni a venire.

Siamo tutti parte di un sistema che, allo stesso tempo, risponde e utilizza i dati a portata di mano. Siamo parte di ciò che rende una città smart. Il vero coinvolgimento cittadino è anticipare i problemi e lavorare per essere parte della soluzione. I sensori possono raccogliere i dati, ma è compito di tutti noi utilizzarli per rendere le nostre città più reattive e vivibili.