Per capire quale posto occupa la vostra azienda nel mercato, bisogna capire prima che tipo di imprenditori siete, qual è la vostra visione del mondo e la vostra motivazione
Se il successo ha la sua ricetta, i top manager possono essere considerati come gli chef di un ristorante a cinque stelle? E quali sono gli ingredienti o i segreti del mestiere che assicurano di vincere la sfida di Master CIO o Master CEO? I manager di successo tagliano il vento come guerrieri sulla strada del business e al posto della pistola hanno ogni sorta di device per avere accesso a tutti i processi aziendali. Reagiscono a ogni emergenza, come Joe nel film Per un pugno di dollari. Lo sviluppo e l’esecuzione di una strategia richiedono l’utilizzo di strumenti complessi. Analytics, cloud e social media sono meglio di un fucile per centrare l’obiettivo. Il coraggio. La creatività. La capacità di accettare i successi e i fallimenti allo stesso modo, senza mai perdere la spinta all’azione e senza mai dimenticare la motivazione che sta dietro alle scelte. Ma anche la capacità di guardare lontano con lo sguardo aperto, pronti a riconoscere l’eccellenza ovunque sia. Sono queste le caratteristiche di un vero leader. Per diventare capitani coraggiosi, come nell’omonimo romanzo di Kipling, bisogna attraversare le avversità, conoscere il valore della fatica e conquistare la fiducia delle persone. Nel mondo reale, qualche mese a bordo di un peschereccio, forse sarebbe più utile di un MBA o di qualsiasi eccentrico corso di team building. Di certo, meno costoso.
Deve aver pensato qualcosa del genere, Patricia Gorman Clifford (detta Trish) quando, insieme a Jay Barne, ha scritto What I didn’t learn in business school (How strategy works in the real world – pp. 272, Harvard Business Review Press), la business novel che ha cambiato il modo di parlare di strategia e organizzazione. Più che una critica radicale al sistema educativo, quella dell’autrice è una rivoluzione di metodo, perché imparare è un processo complesso che richiede umiltà e capacità di mettersi in discussione e perché «il percorso verso l’obiettivo non è mai una linea retta».
Trish Gorman Clifford è esperta di business strategy, è stata professore e preside del Jack Welch Management Institute, vive nel Connecticut con il marito e tre figli.
Quando le scelte sono basate su obiettivi a breve termine, si finisce per confondere il mezzo con il fine, la finanza con l’economia, il successo di un momento con la salute a lungo termine dell’azienda.
È passato il tempo in cui le statistiche potevano essere stirate a piacimento. Oggi, gli indicatori di performance, consentono di avere una visione unica della realtà in tempo reale, senza accontentarsi di istantanee. I nuovi strumenti di business analytics permettono di inaugurare non solo una nuova era dell’efficienza ma soprattutto una nuova era della trasparenza, incrociando strategia, leadership e persone.
Nei momenti difficili, è naturale procedere con i piedi di piombo o il freno a mano tirato. Anche il taglio dei costi può compromettere una strategia di lungo termine. Ma è proprio nei momenti di crisi, che un vero capitano sa prendere su di sé il rischio della rotta meno conosciuta.
E tu che tipo di capitano sei? Rivoluzionario o problem solver? Provocatore o capace di ispirare il cambiamento? Per capire quale posto occupa la vostra azienda nel mercato, bisogna capire prima che tipo di imprenditori siete, qual è la vostra visione del mondo e la vostra motivazione. E qualunque sia la vostra motivazione, bisogna essere preparati ad accettare gli effetti di ogni decisione, senza dimenticare mai che nei momenti difficili, «la passione è l’unica cosa alla quale possiamo aggrapparci per superare gli ostacoli».
Data Manager: Strategia, esecuzione, education, merito. Che cosa non funziona nel modello italiano di sviluppo?
Trish Gorman Clifford:Nel sistema imprenditoriale italiano, molte imprese hanno le caratteristiche di family company. E questo non è di per sé un fatto negativo. Questo modello però deve tenere conto del livello di competizione del mercato, deve confrontarsi con la velocità di cambiamento e deve dimostrare di sapersi adattare per crescere e per superare i confini nazionali. E soprattutto deve rispondere alle esigenze dei clienti che sono i veri giudici. Ma se le imprese non sono capaci di fare tutto questo, allora devono cambiare modello.
C’è tanta retorica intorno all’innovazione. Qual è l’innovazione che conta davvero?
C’è un’innovazione che sta alla base della creazione di nuovi prodotti e servizi. L’innovazione permette di usare i dati a nostro vantaggio. L’innovazione ci rende più ricchi, più informati, più efficienti. La tecnologia di per sé è neutra e non è molto eccitante, ma è l’applicazione della tecnologia che porta un valore aggiunto. Si possono innovare processi e prodotti, utilizzando tecnologie che non sono all’avanguardia, ma con idee completamente nuove e un modo diverso di fare le cose. Da questo incontro o scontro nasce l’innovazione che serve alle persone e al business delle aziende.
Nuove idee e nuove pratiche. Abbiamo imparato la lezione della crisi?
A volte tornare agli aspetti fondamentali della propria attività permette di ripristinare fiducia e coraggio nei momenti difficili. Quando si tratta di prendere decisioni che avranno delle conseguenze sul futuro dell’azienda, i manager non sono più soltanto tecnici o specialisti, diventano anche politici. La conoscenza è la condizione di base del cambiamento, altrimenti si finisce per seguire le idee altrui.
Sono più ottimista, perché abbiamo gli strumenti per capire meglio la realtà senza lasciarci prendere dall’emotività. Le persone hanno imparato ad avere una visione della realtà più realistica, più data driven, e questo ha l’effetto di riportarci ai fondamentali e di assumerci il rischio in modo più responsabile.
La lezione più importante che ha imparato?
Come matematico conosco l’importanza delle formule, ma nel mondo reale, non ci sono formule per mettere in pratica una strategia senza fare errori. Credo veramente nei dati e nella forza delle teorie che si fondano sui dati. Nella mia reale esperienza di business ho scoperto che nel mezzo di ogni strategia ci sono le persone. Si tratta di dare risposte, di fare proiezioni, di studiare i dati. E tutto ciò si traduce in azioni, consigli, cambiamenti, comportamenti. E ciò che si dice deve essere coerente con ciò che si fa. E ciò che si fa quasi sempre non è il risultato di una formula imparata a scuola, ma è il risultato di una pratica continua sul campo.
Quanto sono veramente social le imprese?
Tutte le imprese hanno una responsabilità sociale. Non tutte hanno una cultura veramente social. Nella migliore delle ipotesi, la ignorano. Nella peggiore, fingono di averla. Le imprese che hanno veramente una cultura social si distinguono per avere un tipo diverso di organizzazione, più collaborativo, più aperto, più orizzontale. Non sono ossessionate dal controllo e applicano il principio della delega per obiettivi.
Le donne negli affari hanno sfondato il soffitto di cristallo o il soffitto gli sta crollando sulla testa?
In alcune realtà e in alcuni settori, le donne sono riuscite a rompere il soffitto di cristallo grazie alle loro capacità e al loro talento. In altri casi, ci sono ancora molte resistenze. Se faccio un confronto, a Chicago ho incontrato molte più donne in posti di comando rispetto a Milano. Si tratta di una questione culturale e anche politica. Le donne per sentirsi libere, senza essere costrette a scegliere tra lavoro e famiglia, devono avere più potere nelle imprese, nella società, nella politica, nella famiglia.
Quali sono le scelte giuste da fare in tempi difficili?
La prima cosa è smettere di guardare al presente o al massimo al giorno dopo. Se ci sono scelte dolorose da fare, vanno fatte subito, senza rimpianti. Le imprese devono tornare ad avere una visione del futuro se ci tengono ad avere un futuro. Al tempo stesso, non devono rimanere ancorate al passato.
Che cosa fanno i leader di successo?
Mettono da parte il loro ego. L’ascolto è la cosa più importante. Ascoltare migliora la qualità delle scelte e delle azioni. L’errore fatale è credere di avere tutte le risposte. Imparare la lezione richiede fatica. Insegnare è più facile.
Trish Gorman Clifford: E tu che tipo di capitano sei? Rivoluzionario o capace di ispirare il cambiamento?