The Avener, il produttore-fenomeno della hit “Fade out lines”

The Avener

«La democratizzazione della musica è un segno del nostro tempo»

Si chiama Tristan, ha 27 anni ed è di Nizza. Per tutti è The Avener, il produttore della hit “Fade out lines”, canzone di Phoebe Killdeer che lui ha rifatto con il suo stile, combinando deep house, electro, soul e rythm&blues. Con oltre 7 milioni di stream e 4 milioni di visualizzazioni su Youtube, è la canzone-sorpresa del momento, che ha raggiunto la prima posizione su iTunes in Italia e in diversi altri paesi, ed è anche la colonna sono dello spot della Christmas collection del marchio Yamamay. Non è che l’anticipazione dell’album del produttore francese, “The wanderings of The Avener”, la cui uscita è prevista tra gennaio e febbraio prossimi.

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Data Manager: Che cos’è e chi è The Avener?

The Avener: È un progetto musicale nato nel corso dell’ultimo anno. È il frutto di un percorso iniziato quando avevo circa sei anni e ho cominciato a studiare musica. Andavo a lezione di pianoforte e mi cimentavo con i grandi compositori. La musica classica come si sa è molto accademica, io però volevo suonare la mia musica. Arrivato verso i 15, 16 anni mi sarebbe piaciuto proporre qualcosa di elettronico. Devo ringraziare una Vespa, per questo.

In che senso?

Avevo chiesto a mia madre di regalarmi una Vespa per andare a scuola. Lei si è opposta, allora le ho chiesto di regalarmi dei piatti per divertirmi a mettere dischi. Ho iniziato così a fare il dj nella mia camera e per i compleanni degli amici, portandomi dietro i miei piatti. A 16 anni sono entrato in un club, per la prima volta. Indovinate un po’? Guardavo solo il dj. Da lì in poi ho cominciato a fare il dj resident in questo club di Nizza nei weekend, mentre andavo a scuola in settimana. Di notte lavoravo al pc sulle mie produzioni. Nello stesso anno ho realizzato il mio primo ep, per me un passo importantissimo. Da lì sono andato avanti, diventando resident dj in un club di Monaco. Sapevo però che a Parigi c’erano più occasioni per realizzare il mio sogno, così mi ci sono trasferito. Nel 2012 ho visto la musica elettronica cambiare, e mi sono fermato a riflettere. O meglio, sono tornato a Nizza e poi ho viaggiato per sei mesi in Asia. Ho cercato di rifocalizzarmi sulla mia passione e trovare una diversa visione. Ho cambiato prospettive sulla musica: sono tornato in studio e così è nata “Fade out lines”.

Cosa pensi della democratizzazione della musica?

È un fenomeno che sta venendo fuori adesso con tutta la sua forza, anche se è iniziato da tempo. Abbiamo abbondanza di tools su internet, disponibili per tutti. Ascoltiamo e condividiamo musica, abbiamo Deezer, Spotify e altre piattaforme di questo tipo. Qualche anno fa tutto questo non c’era; se c’era, moltissimi non lo sapevano usare, o c’erano sistemi illegali per scaricare musica. Quello della democratizzazione è un fenomeno che fa parte della realtà della musica, e sta crescendo ogni giorno di più: tutti possono ascoltare le proprie canzoni preferite e farlo sapere in tempo reale ai loro amici.

Ti piace questa realtà?

Io vivo nel mio tempo, ne sono immerso: le cose vanno così. Sono nato in un contesto che non può prescindere dal web, ho conosciuto internet a10 anni. È bello e importante entrare in un negozio e comprare cd, ma le nuove generazioni non hanno la percezione dell’oggetto compact disc come c’era un tempo.

Suoni ancora il piano?

Sì, mi metto lì e faccio correre le mani sulla tastiera.

Hai mai pensato che “Fade out lines” potrebbe essere la colonna sonora adatta per un film western di Quentin Tarantino?

Meraviglioso! Certamente mi piacerebbe produrre musica per il cinema, chissà. Comunque “Fade out lines” farà parte della colonna sonora di un film in uscita nel 2015, di cui non posso dire di più.

Il tuo album sarà pubblicato all’inizio del prossimo anno. Suonerai in Italia?

Sì, per ora so per certo che suonerò il 16 gennaio a Milano e poi anche a Roma.

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