Ebola e Big Data

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Eventi correnti e difficoltà estrema di fare previsioni. I numeri che vengono diffusi appaiono molto incerti e non permettono di avanzare proiezioni quantitative credibili

È ragionevole temere il virus Ebola. È infettivo, non si cura e uccide più della metà dei pazienti. La più grave epidemia (per fortuna ancora circoscritta e limitata nei numeri) è cominciata nel dicembre 2013 in Guinea. Si è estesa a Liberia, Sierra Leone, Congo e a pochi casi isolati in Nigeria, Senegal, Mali, USA, Spagna. Sono accorsi sul posto medici, paramedici e militari da vari paesi. Gli Stati Uniti stanno mandando nella zona tremila soldati. Il Pentagono sta realizzando unità di isolamento per far eventualmente rientrare in patria personale che abbia contratto il virus durante la missione. Le unità potranno trasportare fino a 12 pazienti su aerei da trasporto C-130.

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Controllo del fenomeno

Le cure alleviano i sintomi e riducono la mortalità. I controlli dei viaggiatori provenienti dai paesi colpiti, isolamenti, chiusura di frontiere e quarantene hanno successo per ora. I malati erano 3.071 il 25 agosto, 5.762 il 17 settembre e 10.141 il 25 ottobre. Però il Center of Disease Control (Atlanta, in Georgia), dice che quei numeri non sono affidabili: potrebbero essere anche tre volte maggiori. In conseguenza, fare previsioni è arduo. Il CDC sta mappando la diffusione dell’epidemia collegando i dati della rete di telefonia mobile. I big data analytics possono essere impiegati nel monitoraggio del fenomeno.

Io ho elaborato formule matematiche e software che permettono spesso di prevedere con anticipo e precisione il decorso di malattie infettive – se si hanno dati sicuri sul decorso iniziale. Queste procedure non sono utilizzabili per questo insorgere di Ebola, date le incertezze citate. Alcuni epidemiologi hanno azzardato previsioni di 20mila malati entro novembre e 277mila entro dicembre. Non sono credibili. Attendiamo dati sicuri – sperando che rispecchino un declino del morbo – e confidiamo nelle misure citate. La diffusione dell’epidemia desta preoccupazione nelle autorità sanitarie mondiali, che ancora oggi non riescono a capire se e quando si fermerà l’epidemia.

Peste del millennio?

Parlavo di Ebola nel libro “La pillola del giorno prima” che scrissi con Marco Malvaldi (Transeuropa Edizioni, 2012). Scrivevo: Nel 1976, fu individuato in Congo il virus Ebola (appartenente alla famiglia delle Filoviridae) che produce una febbre emorragica. Causa dolori, mal di gola, vomito, diarrea ed eruzioni petecchiali. Se ne curano poco efficacemente soltanto i sintomi e non sono stati trovati vaccini, né altre misure preventive. Muore dal 60% al 90% degli uomini e dei primati che lo contraggono per contatto col sangue o con le secrezioni di malati. Data l’estrema virulenza, questo virus è stato considerato estremamente temibile: un’altra “peste del millennio”. In realtà, si è presentato sporadicamente solo in decine o poche centinaia di casi – in Congo, Gabon e Uganda.

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Finzione e realtà

Nel suo romanzo di fantapolitica “Executive Orders” del 1996, Tom Clancy fa diventare Presidente degli USA il suo personaggio Jack Ryan. Prima vicepresidente, succede al Presidente che muore con quasi tutti i Segretari di Stato e i membri del Congresso, quando un pilota kamikaze della Japan Air Lines si schianta con il suo 747 sul Campidoglio di Washington. Si tendono i rapporti fra USA e Repubblica Islamica Iraniana. Il perfido Ayatollah Mahmoud Haji Daryaei fa preparare ai suoi biologi grosse culture di virus Ebola e manda agenti con bombole spray a disseminarlo in congressi e teatri negli Stati Uniti. Il virus – però – ha una brevissima persistenza nell’ambiente esterno (vero) e, quindi, muoiono solo poche migliaia di cittadini americani – un numero vicino a quello delle vittime dei due attacchi suicidi del 1991 alle Torri Gemelle dell’International Trade Center a Manhattan. È curioso, ma sembra non preoccupante che geni di Ebola e di altri retrovirus siano presenti anche nel genoma umano. Nel film “Virus letale”, il virus protagonista, il fittizio “Motaba” descritto dalla pellicola, è strettamente ispirato ai virus africani, tanto più che il Motaba è il nome del tratto che alimenta il fiume Ebola, che scorre proprio nella parte settentrionale della Repubblica Democratica del Congo.