Il tempo delle scelte. Banda larga e net neutrality

Dopo il messaggio di Obama a favore della net neutrality, i grandi player rimettono in discussione lo sviluppo di Internet ultra-veloce. E anche in Europa e Italia si accende il dibattito

Siamo stati facili profeti. Nel numero di settembre avevamo evidenziato, tra gli altri, il tema della neutralità della rete (net neutrality) quale una delle tematiche in grado di scaldare il dibattito politico-economico in relazione ai temi della regolamentazione della rete e agli investimenti nella banda larga. Ricordiamo che per net neutrality si intende una rete priva di restrizioni arbitrarie sui dispositivi connessi e sul modo in cui essi operano, e quindi non discriminante dal punto di vista della fruizione dei vari servizi e contenuti di rete da parte dell’utente finale. Distorsioni rispetto a questo principio potrebbero andare a vantaggio esclusivo dei grandi operatori in grado di veicolare contenuti differenziati in base alla capacità degli utenti di sostenere i costi di occupazione della banda e quindi a detrimento dei piccoli operatori e degli utenti di fascia bassa, incidendo quindi negativamente sul digital divide.

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All’inizio del mese di novembre, il Presidente degli Stati Uniti si è schierato a favore della riclassificazione della banda larga come servizio pubblico, proponendo quattro punti che aprirebbero la porta a un intervento regolatorio più pesante da parte della Federal Communications Commission (FCC). I punti di Obama sono:

  1. No blocking – Se l’utente chiede accesso a un sito, e questo sito è legale, l’Internet Service Provider (ISP) non può bloccarlo.
  2. No throttling – L’ISP non può nemmeno rallentare l’accesso a un sito, favorendone altri che fa connettere più velocemente al consumatore finale.
  3. Trasparenza – La connessione tra consumatori e ISP, il cosidetto ultimo miglio, non è l’unico punto su cui alcuni siti potrebbero ricevere un trattamento preferenziale per cui si potrebbe rendere necessario applicare le norme sulla net neutrality su tutti i punti di interconnessione tra ISP e il resto di Internet.
  4. No paid prioritization – Nessun servizio dovrebbe rimanere nella “corsia lenta” perché non paga la quota necessaria. Questo tipo di controllo su accessi e traffico (gatekeeping) sarebbe una minaccia per il level playing field che è essenziale alla crescita di Internet.

Fronti opposti

Il dibattito sulla net neutrality ha visto così schierarsi su fronti opposti, da un lato, gli Internet service provider e telco e, dall’altro, i paladini del web “aperto” e associazioni dei consumatori. Obama non ha dubbi: «La neutralità della Rete va protetta. Internet aperto è essenziale per l’economia americana e il nostro modo di vivere e ha rappresentato la maggiore influenza democratica che il mondo abbia mai sperimentato». In attesa della decisione della FCC, AT&T ha però deciso di mettere in pausa il suo piano di investimenti per portare la fibra ottica in 100 città americane. Il dibattito USA si è riverberato sia in Europa sia in Italia, dove il tema è più che mai connesso alle scelte degli investimenti destinati a fungere da volano per il rilancio della crescita. Semplificando, la posizione dei grandi operatori di telecomunicazione è quella di poter differenziare la priorità di accesso alla rete in base al prezzo che utenti e fornitori di contenuto sono disposti a pagare, garantendo un’adeguata remunerazione degli investimenti in banda larga. Al contempo, le posizioni più liberiste ritengono che ciò possa essere giustificato sia dall’effettiva differenziazione delle esigenze degli utenti sia dal fatto che non debba essere la mano pubblica a effettuare gli investimenti infrastrutturali. Di contro, i fautori dell’Open Internet – e tra questi molti operatori di piccole e medie dimensioni – ritengono che considerare la Rete come un bene pubblico sia un’opportunità per favorire lo sviluppo dell’innovazione e dei nuovi business, giustificando così anche l’intervento dei governi.

Approccio condiviso

Trovare una sintesi delle posizioni è quanto mai indispensabile e deve essere fatto in tempi rapidi, ricordando che le caratteristiche di questo settore impongono anche la condivisione di un medesimo approccio quantomeno a livello di USA e UE. Probabilmente, l’attuale scenario economico giustificherebbe, almeno in Europa, la destinazione di una quota dell’investimento pubblico alla creazione dell’infrastruttura e alla salvaguardia della neutralità in un contesto, comunque, di regolamentazione snella che faciliti, in una seconda fase, lo spostamento verso un assetto più market-driven.

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Francesco Bellini presidente del Comitato Tecnico ICT di ANDAF e senior partner Eurokleis

 

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