Il boomerang e il caffè. Due metafore per il (ri)lancio

Nicola Palmarini è esperto di marketing e comunicazione, e manager IBM di lungo corso. Paolo Iacci insegna all’Università LIUC di Castellanza e ha una lunga esperienza nella direzione HR. Ciascuno per proprio conto si interrogano sui paradossi che regolano imprese e organizzazioni.

Due le domande che si incrociano a cominciare dai titoli dei rispettivi libri: Se cent’anni di tecnologia non hanno (ancora) migliorato il mondo è realistico pensare di fare di più con meno risorse? Due riflessioni diverse, per stile e contenuti, ma che hanno in comune la capacità di usare l’arma dell’ironia e della metafora per scompaginare le certezze di manager granitici nelle loro comode posizioni. Le persone sono la risorsa più critica che le imprese si trovano a gestire in questo momento di crisi, ma senza le teste giuste, anche la tecnologia può essere un «boomerang».

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Paolo Iacci parte dal «caffè» che alle otto del mattino viene servito in almeno un centinaio di varianti con denominazioni diverse. Normale, nero, macchiato freddo o caldo, in tazza grande o piccola. Il rito del caffè è l’immagine simbolica dell’individualismo del popolo italico con tutto il suo campionario umano di contraddizioni. Nicola Palmarini ricorre alla metafora del boomerang per rimettere insieme i pezzi di un Paese alla ricerca di una formula nuova per lo sviluppo. Il boomerang è uno «strumento infido» e per questo rappresenta «maledettamente bene il modo con cui abbiamo lanciato negli ultimi cent’anni i nostri stream di ricerca, di aspirazione, desiderio, sogno, ambizione attraverso la tecnologia».

Dallo scoppio della prima guerra mondiale alla missione Futura, sono passati cent’anni. Un tempo in cui abbiamo confuso lo strumento con il fine, le invenzioni con i bisogni. «Non sono mai riuscito a lanciare un boomerang in vita mia e a riprenderlo» – racconta Palmarini, che non fa sconti alla retorica positivista delle «magnifiche sorti e progressive» dell’umanità. Molti di quei lanci stanno presentando il conto inatteso di conseguenze e imprevisti. E quei boomerang portano incisa nel legno «la fine di un’utopia». Più che di evoluzione si tratta di involuzione. Bisognerebbe imparare dagli errori invece di «insistere sugli stessi sbagli». Ma niente consigli per il futuro. Forse, solo un “piano B” da tenere sempre a portata di mano. Nella più classica delle tradizioni di Big Blue. Fine del mondo compresa, s’intende.

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(Paolo Iacci, Il teorema del caffè pp. 115, Guerini Next. Nicola Palmarini, Boomerang, pp. 184, Egea)